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Archive for Maggio 2010

Sto ascoltando una musica meravigliosa di Saint-Saëns…

Mentre la musica fluisce in me mi sovviene quanto avevo purtroppo dimenticato; e come quasi sempre è il mio fantastico nipotino a ricordarmelo.

Camille Saint-Saëns

Non aveva ancora compiuto l’anno. Era in casa nostra ed ebbi l’idea di mettere un disco di musica classica. Quella musica che i “normali” giovani d’oggi non apprezzano e considerano noiosa. Solo noi “matusa” possiamo ascoltarla e capirla.

Fu un momento fantastico. Questo bimbo, seduto per terra, stette fermissimo ad ascoltare per molto tempo.

Lo vidi rapito da quelle note… quasi le avesse già sentite e apprezzate.

Questo nipotino ascoltava la musica, non solo come se la avesse già sentita, ma, potremmo dire, da intenditore.
Credo fosse una sinfonia di Beethoven!

Cos’è la musica se non un potentissimo veicolo di serenità?.. anche se legata a sofferenza?
Mi spiego meglio.

Qualche anno fa, dopo una recidiva del mio cancretto mi trovai, mio malgrado, con un ago nella vena a dover accettare l’invasione di un liquido apparentemente benefico, in realtà distruttore di cellule cattive e cellule buone. Per alleviare quelle ore durante le quali quel “liquido” aggrediva il mio organismo e produceva dolore al braccio, ascoltavo, con un Ipod che mi aveva regalato mio figlio, musica classica. Ricordo perfettamente, in particolare “MOLDAVA” di Smetana. Musica stupenda che fluiva delicatamente e magicamente in me come un fiume.

MOLDAVA - IL FIUME DI PRAGA

FIUME MOLDAVA

Esiste molta musica classica decisamente entusiasmante. Quella di Smetana mi aveva rapito e continuai ad ascoltarla durante quei momenti particolari.
Non si deve dimenticare che “quei momenti particolari” sono collegati a una malattia piuttosto subdola. Non sai mai se sei guarito.

Inoltre gli oncologi cercano con tutte le loro forze di prolungarti la vita, non il vivere.

Torniamo alla musica.
Abbiamo visto e letto che in Venezuela la musica è straordinariamente importante.

IL MAESTRO CLAUDIO ABBADO

Ecco cosa ci dice il grande Direttore d’orchestra Claudio ABBADO:
Il mio soggiorno in Venezuela, dove la musica ha una valenza sociale enorme, e dove sono nate centinaia di orchestre giovanili, mi ha riconfermato che la musica salva davvero i ragazzi dalla criminalità, dalla prostituzione e dalla droga. Li ho visti, facendo musica insieme trovano se stessi.

Come eravamo contenti quando, ancora adolescenti, potevamo andare, alla domenica pomeriggio, all’Opera, al Teatro Carlo Felice raffazzonato dopo la distruzione totale dell’ultima guerra!

Ricordo perfettamente i posti. Era poco più di una panca su cui era messo un cuscino piuttosto piatto. Era la musica ciò che interessava gli ascoltatori. Non c’era il “mondo in” che andava per farsi vedere ma difficilmente capiva la bellezza di un’opera. C’era il popolo, quello vero, quello amante della musica, quello che ascolta la musica col cuore e, di fronte a determinate note, sente un “brivido” indefinibile inebriare ogni cellula dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi.
Non è un inebriarsi come dopo una “canna” o una dose di una qualsivoglia droga; è un inebriarsi che stimola dal profondo sentimenti forse sopiti dalla cosiddetta civilizzazione.

IL TEATRO CARLO FELICE DISTRUTTO DALLA GUERRA

Tutto ciò che arriva dall’esterno (fumato, inalato o iniettato) “mette a tacere” una parte dei nostri sentimenti e ci costringe a quel che non siamo.

IL TEATRO CARLO FELICE RICOSTRUITO

La musica arriva in noi dall’esterno e risveglia la musica che è in noi nonché la spiritualità soffocata.
Rileggere le parole del Maestro Abbado ci obbliga a pensare.

CHE BELLO ASCOLTARE MUSICA!

SE POI CON UNA GRANDE ORCHESTRA… NON CI SONO PAROLE!

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Dieci è un gran bel numero.
Potrebbe essere un bel numero quello del mio prossimo compleanno; in realtà molto vicino (non il numero ma il compleanno). Dimostra un’età già avanzata: uno non è ancora vecchio ma potrebbe esserlo.
La vecchiaia dipende da una quantità infinita di fattori.
Fattori soggettivi; fattori oggettivi e fattori legati a tutto quello che non si può più fare. E questi sono i fattori soggettivi, quelli che ti fanno sentire giovane, anziano, vecchio o decrepito.

Negli ultimi mesi, ho letto un certo numero di Blog. Alcuni addirittura insulsi che servono solo a riempire tutto ciò che si può riempire.

Altri forbiti, intelligenti ma, oserei dire intellettuali, quasi troppo.

Poi ci sono i Blog di chi è costantemente arrabbiato; di quelle persone che, sicuramente quando piove dicono:”Governo ladro”, ma non sanno che abbiamo bisogno di acqua.
E poi ci sono i Blog di chi protesta nel tentativo di costruire. In parte ci sono cascato anch’io.
Non si dimentichi l’esistenza dei Blog “innamorati” e di innumerevoli situazioni che fanno piangere o per lo meno inducono tristezza.

Avrei deciso che, d’ora in avanti, cercherò quelle “componenti” allegre o spassose che migliorano la salute. Cercherò, nel limite del possibile e dell’ispirazione, argomenti allegri o che fanno sorridere.

gatto che ride?

Basta rabbia o tristezza.

Non serve a nulla!

I Blog arrabbiati inducono all’odio e alla violenza ma dimostrano anche l’incapacità di vivere con un po’ di obbiettività.

E i più arrabbiati sono i blog politici antigovernativi.

E i Blog tristi con poesie “strappalacrime” non sempre collegati a divergenze affettive?

Se vogliamo il nostro “Star bene” dobbiamo ridere e minimizzare.

E non bisogna dimenticare i proverbi:

NON TUTTO IL MALE VIENE PER NUOCERE.

Sovente ce ne accorgiamo dopo. Quindi, sempre nel limite del possibile, usate un modo di dire che ho letto su un libro ottimista francese:

NON È GRAVE.

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STAR BENE

Cosa vuol dire star bene ?
Dovrebbe essere l’equivalente del benessere e l’opposto dello star male ovvero della sofferenza.

Quando c’è il benessere non ci preoccupiamo.

SENZA PAROLE

È giusto. Perchè fasciarsi la testa prima del tempo ?

Da diverse ore ho perso la possibilità di dire che sto bene. Da diverse ore (sette ore circa) il mio intestino ha cominciato a fare i capricci.

Se fosse la prima volta non lo scriverei assolutamente. Voglio cercare di fissare questo momento perchè è un momento quasi terribile.

Negli ultimi anni ho potuto, più volte, dopo gli interventi per cancro, trovarmi a lottare per problemi intestinali. Problemi semplicemente meccanici ma sufficienti per ridurti a dover chiedere aiuto.
Senza alcun preavviso cominci a sentire un dolorino che, in fondo in fondo è solo un dolorino.
Se capisci che è « quel » dolorino, cerchi di correre ai ripari con medicamenti di vario tipo e, se il dolorino diventa sempre di più per cui diventa insopportabile, speri di trovare qualcuno che ti metta un ago in vena attraverso il quale poter « assimilare » medicamenti e far « sparire » i dolori. L’intestino potrà riprendere le sue funzioni e tutto riprenderà come prima.
Se le cose non vanno come previsto rimane il ricovero d’urgenza in ospedale.
Misi già « nero su bianco » lo stato d’animo di chi spera sofferente di essere ricoverato e aiutato.

Oggi mi trovo in quella situazione. Forse le medicine, la speranza e il digiuno stanno riuscendo a risolvere la situazione.
La mia giornata odierna mi ha tenuto « col fiato sospeso » incapace di conoscere il futuro. Qualcuno potrebbe chiedersi : »In fondo non è la fine del mondo ». Qualche giorno in ospedale, ecc. ecc.
Il problema è un altro. Arrivare a essere ricoverati dopo ore di anticamera a tenersi la pancia che lancia crampi di sofferenza ad intervalli più o meno regolari.
Soffrire silenziosamente (perchè fa parte dell’educazione), aspettare di poter raggiungere la agognata barella dove, con monotonia esasperante verrà chiesto : »Quant’è il dolore da 1 a 10 ? ».
Dover raccontare sempre la stessa solfa a quei medici (colleghi) che già mi conoscono attraverso tante cartelle cliniche computerizzate.
Farsi toccare la pancia e tutto il resto da qualche eventuale apprendista (tutti devono imparare !).
E poi finalmente ricevere quegli agognati medicamenti che porteranno (forse) al miglioramento.
Non basta.
L’atmosfera del Pronto Soccorso è modernissima e molto condizionata. Non è per chi sta male (e normalmente ha freddo) ma per gli addetti ai lavori.
Se si ha freddo ci si ritrova sotto un pesante lenzuolo molto molto caldo che, per qualche tempo, lenisce i brividi di freddo.
Dopo i primi accertamenti si potrebbe essere « spediti in reparto » in un normale letto con una normale coperta. Nossignori. Gli Addetti ai Lavori devono prima scrivere TUTTO ; lo fanno con calma esasperante e può succedere di ritrovarsi su un normale letto dopo 3 o 4 ore.
Su una barella si guarisce meno bene.

Nella giornata di oggi ho avuto momenti di panico. Ho dovuto ripensare alla trafila de cosiddetto Pronto Soccorso dell’Ospedale di Lugano. Ripeto panico. La sofferenza di chi spera di non soffrire più.

Se metterò « in onda » questo scritto sarà perchè, per il momento avrò potuto dire : »L’ho scampata bella ».

Servirà a qualcuno ? Forse no ! Per lo meno, mentre scrivevo sentivo meno il male.

QUANT’E’ BELLO IL BENESSERE

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ARTICOLETTO 8

Questa volta, a stimolarmi l’articoletto e’ un mio Zio. Un personaggio meraviglioso dal quale andavo, anche non più bambino o adolescente, con immenso piacere.

Abitava in una bella casetta in una ridente cittadina poco lontano da Berna. Era tutto svizzero ma era cresciuto in Italia. La sua “specialità” era quella di “lasciar vivere”. In questo suo direi altruismo c’era molto affetto.

LO ZIO ABITAVA IN QUESTA BELLISSIMA CITTADINA

Questo meraviglioso Zio ha raggiunto la mia memoria dopo che un mio familiare, per necessità non procrastinabile ha permesso al gas intestinale di fuoruscire rumorosamente all’esterno. Come “tutti” sanno non si deve rumoreggiare coll’ultima parte dell’intestino e, ancor peggio, è disdicevole farlo quando si è in compagnia. Se poi lascia delle conseguenze fatte di “profumi” particolari, un tale comportamento non dovrebbe neppure far parte dei nostri pensieri.

Perchè ho pensato a quel mio Zio? Perchè lui, ogni volta che aveva necessità impellenti di quel tipo, rumoreggiava tranquillamente con encomiabile disinvoltura. Aveva però una lodevole precauzione. Afferrava con velocità una bomboletta spray deodorante, spruzzava una nuvoletta di profumo naturalmente ben respirabile ed esclamava:

”Un franco rubato al medico”.

QUANTA SAGGEZZA!

Potete ridere. Ridete pure. Conobbi però una signora molto sofferente alla quale dissi quasi testualmente:

“Signora, impari, almeno in casa sua, a scoreggiare liberamente e vedrà che guarirà”.
Si dà il caso che questa signora aveva un marito che non le permetteva in nessun modo la possibilità di liberarsi dell’aria addominale superflua. Il marito, oltre ad essere un dittatore, era sicuramente un ignorante.

Il nostro intestino, dicono, è il nostro secondo cervello. Dovremmo quindi trattarlo bene. Il gas nell’intestino è tossico. Certamente bisognerà fare in modo che non si formi, ma quando c’è (a mali estremi estremi rimedi) bisogna lasciarlo uscire.

Questo mio Zio ha lasciato questa terra da un po’ di anni. L’ho sempre ricordato per l’affetto e la generosità d’animo con cui sapeva agire. Inoltre, proprio ora che, dopo gli interventi subiti, ho facilmente problemi addominali e impellente necessità di lasciar “andare” gas superflui, mi rendo conto che, per il benessere del “primo” cervello quel gas non può assolutamente rimanere. E ben faceva lo Zio!

Vorrei ora rivolgermi a tutte quelle persone che più volte nella loro vita hanno “costretto” il loro intestino a terribili sofferenze.
Ricordo quella volta all’Ostello della Gioventù…

Come tutti sanno l’Ostello della Gioventù offre ospitalità a giovani e a meno giovani in condizioni piuttosto spartane.
Quella sera, in piena estate l’affluenza fu piuttosto consistente per cui si ebbe da dormire su materassi buttati per terra a pochi centimetri uno dall’altro.

L’OSTELLO ERA IN QUESTO INCANTEVOLE PAESELLO

Cosa avessi mangiato quella sera non lo ricordo; non dimenticherò la notte “incubo” coll’aria che voleva fuoruscire dal mio intestino e gli sforzi di volontà per trattenerla fino alla mattina. Finalmente fu possible alzarsi e andare nell’unico gabinetto esistente a liberare come in un concerto polifonico quell’aria costretta a forza.
Quando feci per uscire, libero e sorridente, vidi che, davanti a quell’unica porta che permetteva “libere uscite”, si era formata una nutrita coda che, involontariamente, aveva potuto apprezzare la mia performance concertistica. Avrei voluto sprofondare, mentre quasi quasi avrei avuto diritto ad un applauso…

Suona un proverbio:
TROMBA DI CULO, SANITA’ DI CORPO.

Un detto:
CACCA BENE
CACCA ASSAI
UNA LUNGA VITA AVRAI

Non voglio assolutamente, in questa sede, abbandonarmi al turpiloquio.
Desidero però ricordare ai benpensanti che non hanno mai avuto problemi intestinali:
NON PENSATE CHE SIA MALEDUCATO CHI LASCIA LIBERTÀ A CERTI GAS. TRATTENERLI È SOFFERENZA PURA.
NON CONDANNATELI.

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ARTICOLETTO 7

Per quel nipotino di cui vi ho parlato più volte, fu una gioia immensa andare “in treno” a vedere i trenini. Poco lontano da Chiasso in territorio svizzero si può ammirare una quantità infinita e meravigliosa di trenini. Ce n’è veramente per tutti i gusti.

È un museo: Museo Baumgartner,

http://www.galleriabaumgartner.ch

dove è possibile vedere vari trenini in movimento e una quantità, che definirei infinita di modellini di ogni scala. Per un bimbo, andare in treno a vedere tanti trenini è proprio il massimo.

Ho sempre avuto un debole per i treni, e ho quindi avuto una gioia non indifferente nel portarlo in quel museo. Lo porterò ancora dato che, non solo lo ricorda molto bene, ma, qualche volta mi chiede:”Quand’è che mi porti a vedere i trenini piccoli?” Credo sempre di più che ricordare non sia “senescenza pura” ma rendersi conto che questo ricordare, oltre a permetterci di studiare la nostra storia, ci permette di sorridere.

Purtroppo qualche volta ci fa produrre qualche lacrima assieme all’ “Andava meglio quando andava peggio!”. I miei nonni materni abitavano in Svizzera quasi al confine con la Germania.

Noi, il sottoscritto, i miei genitori e i miei due fratelli, appena “scattato” il 25 aprile 1945, appena fu possibile, ci trovammo in viaggio con destinazione Nonni svizzeri. Il viaggio cominciò a Genova con autobus direzione Milano. Come fosse l’autobus non lo ricordo. Probabilmente era una vecchia “corriera” non disastrata dalla guerra. Ciò che ricordo indelebilmente è il passaggio sul ponte provvisorio sul Po.

L'AUTOBUS NON ERA COSÌ........

Oggi lo si attraversa in treno o sul ponte autostradale ad alta velocità senza quasi rendersi conto di passare su un ponte. Non avevo più di dieci anni per cui lo ricordo perfettamente. Il ponte era di legno, almeno così era quello che si vedeva dalla “corriera”.

.....E NEPPURE COSÌ.

Il mezzo avanzava a passo d’uomo, cioè a velocità bassissima proprio perchè era piuttosto precario. Mia madre, mentre si avanzava sul ponte ad una velocità snervante, diceva a noi bambini:”Ragazzi pregate che il ponte resista”. Il ponte tenne e si arrivò a Milano.

Da Milano, non ricordo con quale mezzo, si andò alla ricerca della stazione ferroviaria delle FNM (Ferrovie Nord Milano). Da lì arrivammo a Como dove passammo la notte.

Non ricordo nulla di quella notte. Ricordo la colazione con un caffellatte imbevibile che sapeva di tutto eccetto che di caffè e di latte. Da Como c’era un filobus che portava fino a Ponte Chiasso e cioè fino alla frontiera svizzera.

L'ANTICO FILOBUS DI COMO

Come tutti sanno la Svizzera, durante l’ultimo conflitto mondiale faceva parte di quelle nazioni neutrali che riuscì a conservare il benessere e… le ferrovie. Ricordo infatti che, con le nostre valigie attraversammo a piedi la frontiera italo-svizzera e ci dirigemmo alla stazione ferroviaria dove fu “finalmente” possibile salire su un treno “vero” capace di trasportarci a destinazione con rispetto per l’orario. Credo fosse la prima volta che salivo su un Treno (colla t maiuscola).

INTERNO IN LEGNO DI UN VAGONE SVIZZERO DI TERZA CLASSE

I sedili erano di legno ma puliti e si respirava l’aria della tranquillità. Il viaggio era di almeno 4 ore. Infatti, una volta arrivati a Zurigo, per arrivare a destinazione, dai Nonni, bisognava cambiare treno. Andai altre volte, dopo quell’anno. Nel frattempo le ferrovie italiane si erano “adeguate alla pace” e si andava con vagone diretto da Genova a Zurigo.

È negli ultimi tempi che, l’ingordigia imperante o l’incapacità gestionale, hanno reso quasi difficile un viaggio semplicissimo come quello da Genova a Zurigo.

E pensare che per andare da MILANO a ROMA bastano poche ore!

CHISSA’!

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