Quel mio nipotino, il secondo, non aveva ancora due anni. Aveva già da tempo dimostrato di avere un carattere particolarmente forte e, in un certo senso, poco malleabile. Testardo, sapeva quello che voleva per cui era sempre molto difficile ottenere da lui diversamente da quanto lui aveva deciso. Questi apprezzamenti sono nei suoi riguardi decisamente positivi. Spero che non lo “disturbino” troppo col crescere.
Quel giorno era in macchina. Con lui era la nonna, la mamma, il fratellino e il sottoscritto. Ci fermiamo per far scendere mia figlia e i due bambini; mia moglie ed io dovevamo proseguire. Scende mia figlia, scende il nipotino numero uno, non vuole scendere il nipotino numero due. Testardamente si rifiuta di scendere. Sta bene in macchina coi nonni.
A questo punto ci sono due soluzioni: o tirarlo giù dalla macchina rischiando pianti infiniti o crisi isterosimili o trovare il modo di convincerlo.
La seconda soluzione ha il sopravvento.
Dice la Mamma:”Va bene, stai pure. Noi andiamo al parco giochi”. Mia figlia non aveva ancora terminato l’ultima sillaba che il bimbetto stava già scendendo dalla macchina. Naturalmente andarono al “parco giochi” e così via. Guai se l’avessero imbrogliato andando altrove. Sarebbe stato sufficente per perdere la fiducia nei genitori.
Ancora una volta un “piccolo avvenimento” attuale mette in moto i miei circuiti cerebrali e mi trovo obbligato a ripensare alla scuola dei miei tempi (che non credo molto diversi dagli attuali).
Se io devo andare a scuola pende sul mio carattere un obbligo categorico e indelebile. Questo obbligo rimarrà impresso come un marchio a fuoco nel mio inconscio e condizionerà il resto della mia esistenza.
Infatti, come suonano male queste due asserzioni:
PRIMA IL DOVERE POI IL PIACERE.
SCUOLA DELL’OBBLIGO.
Le dicevano anche a voi?
Dovere e obbligo sono due parole opprimenti che non ti lasciano alcuno spazio di manovra autonoma.
Quel mio bellissimo e affettuosissimo nipotino stava meravigliosamente bene coi Nonni. Stava vivendo un momento piacevole e positivo. Se l’avessero “strappato” da quel sedile sul quale si sentiva sovrano, nel suo inconscio sarebbe rimasta l’offesa del suo affetto verso i nonni e l’obbligo di doverli lasciare (abbandono).
Così non è stato. Lo stratagemma materno fece sì che fu lui a decidere e nulla turbò la sua personalità.
Dicono che sono le piccole cose quelle che fanno la bontà di un matrimonio.
Analogamente sono sovente piccoli avvenimenti dell’infanzia quelli che condizionano una vita.
Anni in un campo di concentramento lasciano un ricordo brutto e indelebile che rimane circoscritto a quel periodo.
L’”abbandono” di un bimbo da parte della madre il primo giorno di scuola può risultare in futuro altamente positivo per le case farmaceutiche produttrici di psicofarmaci.
Certamente non è sempre così altrimenti sarebbe la fine del mondo. Sarei però convinto che, se si cercasse di essere un po’ più psicologi le cose andrebbero meglio; tanto da parte delle autorità quanto da parte dei Genitori.
Oggi, quasi quasi, bisogna rivolgersi allo psicologo prima di tagliarsi le unghie.
Di fronte a qualunque piccolo o grande dramma c’è sempre pronta un’imponente squadra di psicologi.
Oltre al medico condotto ci sarà lo psicologo comunale?
Ma allora, se ci sono così tanti psi, perchè non aiutiamo un po’ i docenti a rendere la scuola un piacere anzichè un terribile dovere?
Ringraziandovi per avermi letto, posso comunque dirvi che il mio adorabile nipotino cresce meravigliosamente e non vede l’ora di poter andare di nuovo all’asilo.
Tornerò senz’altro a leggere tutti suoi articoli poichè trovo che le sue analisi siano un buon punto di partenza per serene e costruttive discussioni. Intanto mi sono presa l’onore di inserire il suo blog tra i miei AMICI affinchè anche i miei lettori abbiano l’opportunità di leggerla. In merito al post devo dire che l’immagine dei suoi nipotini ha una fragranza simile ai cornetti caldi del mattino e… mi piace! In quanto invece alla figura dello psicologo scolastico devo dirle che per diretta esperienza, dove se ne è inserita la figura ho visto un fallimento ed un pressapochismo deprimente. Mi sono resa conto che nella scuola le persone che vi lavorano spesso sono “scontente” (poi adesso con l’avvento Gelmini apriti cielo) e che non riescono a lasciare fuori dalla scuola i propri problemi personali. Quando ho provato ad aprire questa argomentazione però ho trovato un muro di gomma e tutto si è girato nel trovare responsabilità altrove: , , . Insomma uno scarica barile dove non si vuol trovare quella bellissima “via di mezzo” che mette tutti d’accordo e fà crescere i piccoli serenamente. Le case farmaceutiche con i loro “antidepressivi” stanno facendo molti più soldi di quanto si immagini…
A presto e complimenti per il suo blog
Nell’occasione è certamente stata una buona mamma e, probabilmente, non solo in quella, visto che che dici che il bimbo sta crescendo meravigliosamente bene.
Tuttavia sono dell’opinione che non bisogna darle propio tutte vinte ai bambini.
“Devi e basta” non va mai detto, lo condivido. Sa di campo di concentramento.
Ma “Devi perchè….” Deve essere detto e fatto capire.
Quanto ai problemi della scuola è vero quel che dice ‘mammadolce’; spesso capitano in mano a qualche ‘scontento’ ma il problema più grande è che talvolta gli ‘scontenti’ sono proprio i genitori.
Auguri al tuo nipotino
Le teorie sono sempre perfette…poi chi le mette in pratica sono gli esseri umani…gli psicologi, i genitori e gli insegnanti hanno in mano il materiale umano ma quanti di loro sono uomini/donne? – A quanti di loro si dovrebbe impedire di svolgere il ruolo scelto?
@Mammadolce
Grazie per il piacevole e interessante intervento. Sono perfettamente d’accordo su quanto scritto. C’è un punto che mi suona strano. Io che sono abbastanza vecchio ho sempre dato del lei a tutti. In questa “famiglia” di blogeur mi sono accorto che si usa il tu e mi son di buon grado adeguato; quindi spero che anche Mammadolce mi dia del tu.
@Frz
Guai darle tutte vinte. Possibilmente spiegare.
Qualche volta può anche essere necessario uno schiaffo.
L’educazione cosiddetta “permissiva” ha fatto troppi danni!
@Loretta
Lo stesso ragionamento si potrebbe fare per molti medici e molti governanti.
L’importante, quando si può, è difendersi.
Per il bimbo la difesa è difficilissima.
Per il paziente, anche se lucido, quasi impossibile.
Per il popolo? La difesa non è un’utopia… l’importante non passare alla violenza.
Tornando al paziente oserei dire che, quando un paziente trova un medico che gli dà fiducia, farà bene ad affidarsi vuotando il sacco. Molti medici non sanno o non vogliono ascoltare; in altri casi l’ascolto è terapeutico.
@quarchedundepegi
Penso avrai capito che anche io non sono una “giovanotta” e che quindi il retaggio della mia educazione fa si che nel primissimo approccio io dia del “Lei”. Ma ecco qua, che dietro tuo gentile invito, passo a darti del tu con molto piacere. Però, vedi, lo stesso tipo di approccio lo ho insegnato a mio figlio e ne sono contenta. A parte questa piacevole disquisizione, per non andare “off-topic” (come si dice in gergo blogger), posso rispondere che ho parlato per diretta esperienza e faccio a tutti anche un esempio di tale vissuto. Quando mio figlio frequentava l’asilo, che ha iniziato solo nel secondo anno, la maestra di ruolo non c’era poichè aveva problemi in famiglia a seguito di gravi malattie! Per carità, tutta la comprensione possibile ma, al rientro salvatevi bambini… Non sopportava minimamente il chiacchiericcio dei piccoli e, per farli tacere, aveva in classe una campana di bronzo! la suonava con rabbia direttamente nelle orecchie del bambino/a che la disturbava di più e li costringeva come “soldatini” a stare seduti, composti ed in silenzio. Mio figlio non sopportava tutto questo e spesso non voleva andare. Ancora oggi non sopporta il suono delle campane! Ho provato a parlare “dolcemente” con la maestra consigliandole ancora un pò di riposo! ho provato a parlarne con le colleghe! ho provato a parlarne con le psicologhe della scuola! Muro di gomma! Alè! Beh, alla fine mio figlio ha frequentato poco l’asilo e lo ho portato spesso con me al lavoro dove gli ho creato degli spazi a sua misura lasciandolo divertire. Alle elementari ho incontrato anche altri problemi e ve ne potrei raccontare di storie, sia mie che di altri, ma la conclusione è che, seppur giuste certe battaglie, ci si ritrova spesso soli a combatterle poichè i genitori (quelli sani ovviamente) si sentono comunque ricattati dal potere che gli insegnanti (ed i dirigenti) hanno di poter punire il bambino. Io la apro qui questa discussione ed accetto scommesse su quante oneste risposte verranno date!
Grazie a te per lo spazio. MD
Quello che scrivi è decisamente interessante e dimostra ancora una volta che, anche a questo livello, gli “addetti ai lavori” producono sofferenze “gratuite” che si potrebbero evitare se si arrivasse ad avere il coraggio di essere almeno onesti. Chiedere amore (anche con la a minuscola è troppo).
Dagli “addetti ai lavori”, specialmente in ambiente ospedaliero ho sentito più volte:”Per quello che mi danno ho fatto fin troppo”. Si può pretendere onestà anche da parte del “Datore di lavoro”?
Grazie per il tuo bellissimo intervento.
@ quarchedundepegi
Innanzitutto mi devo complimentare con te per l’ottimo post in cui hai saputo riflettere a 360 gradi su un problema, riferendoti sia all’episodio in cui è stato protagonista il nipotino sia alla tua esperienza personale di studente.
Gli obblighi, a tutte le età, non sono mai ben digeriti. L’importante, però, è che si spieghi, soprattutto ai più giovani, perché certe cose si “devono” fare. Questo è un compito che dovrebbe essere condiviso da genitori e insegnanti, ma succede spesso che tra le due “categorie” ci siano delle divergenze. Questo è ciò di cui si lamenta “mammadolce”, anche se attribuisce, erroneamente, la colpa dell’incomunicabilità tra le parti alla “scontentezza” degli insegnanti. Vorrei rassicurarla che, Gelmini o no, sono pochi i docenti che scaricano le proprie tensioni sugli allievi. Quello che manca, nella maggior parte degli insegnanti, è la capacità di comunicare con gli allievi, di individuare un disagio e di porvi rimedio. In altre parole, paradossalmente, rispetto a ciò dite tu e “mammadolce”, la presenza di uno psicologo, anche nella veste di formatore, è più che mai auspicabile in ogni scuola.
Da anni mi occupo dello sportello d’ascolto del mio liceo. Non sono una psicologa ma un’insegnante con qualche competenza in più nell’ambito dell’”ascolto attivo”. Le cose che ho studiato sono utili sia ai genitori sia agli insegnanti e seguono il cosiddetto “metodo Gordon”. Posso assicurare che non sono argomenti difficili da imparare e non si tratta di tecniche astruse impossibili da mettere in pratica.
Detto questo, da anni propongo un corso per tutti gli insegnanti ma vengo ostacolata con la scusa che “non si può mica obbligare la gente se non ha voglia di perdere ore nell’aggiornamento” o, cosa ben peggiore, “la scuola non ha soldi per pagare il corso”. Grazie ai finanziamenti regionali è stato, però, possibile organizzare, attraverso una rete di scuole (anche per motivi di spesa) un corso per genitori: dopo le prima tre lezioni, l’aula è rimasta semideserta. Morale: sospensione del corso per genitori e soldi regionali buttati via o utilizzati per altre attività.
A questo punto si capirà quanto sia difficile aiutare gli allievi in difficoltà e le loro famiglie e quanto sia impossibile convincere alcuni insegnanti che non sanno fare il proprio mestiere poiché, pur avendo delle ottime conoscenze nelle proprie discipline, non sanno essere efficaci nella comunicazione interpersonale.
Tua figlia, quarchedundepegi, ha invece dato prova di essere una brava madre perché, nella comunicazione con il tuo nipotino, ha utilizzato il messaggio in I persona. Poteva dire “Finiscila di fare storie ed esci immediatamente dalla macchina ché non possiamo perdere tempo”, ma in questo modo avrebbe “scaricato” sul figlio la responsabilità del suo disagio, suo perché il bambino se ne sarebbe rimasto tranquillo nella macchina dei nonni e avrebbe continuato il viaggio con loro. Spostando, quindi, l’attenzione sul vero “soggetto con problema”, cioè se stessa e includendo anche l’altro figlio nel “noi andiamo al parco”, ha ottenuto lo scopo. Non so se avesse o meno l’intenzione di andare al parco, ma non è stata la proposta in sé a convincere il piccolo quanto il fatto che, rifiutandosi di andare insieme a loro, ha sentito lui il disagio, dimenticandosi della pur allettante alternativa di rimanere con i nonni.
Questa, almeno, è la mia analisi. In ogni caso tua figlia non avrebbe ottenuto credibilità se poi non fosse andata al parco. Ciò non significa, però, che il tuo nipotino sia un tiranno cui bisogna obbedire.
Mi ha quasi commosso la tua osservazione finale, degna di un nonno devoto: “posso comunque dirvi che il mio adorabile nipotino cresce meravigliosamente e non vede l’ora di poter andare di nuovo all’asilo.”
Buon rientro all’asilo anche da parte mia! 🙂
@marisamoles – Infatti io non nego che si ha bisogno della figura di uno psicologo all’interno della scuola per aiutare tutti (insegnanti, dirigenti, allievi e genitori) a trovare un canale di comunicazione che eviti certe incrinature sociali. Ma il grande problema è che ancora oggi si vede la figura dello psicologo come “quello che cura i matti” ed in tanti non sono disposti neanche a sentirlo nominare. Ho riscontrato che spesso gli adulti (e molti docenti di asili e scuole elementari e medie) fanno ricorso ad “ansiolitici” neanche passando per medico ma con il “passaparola”. A parte questo vi invito tutti a leggere quanto qui sotto riporto circa il “disagio mentale professionale”…e poi tornerò qui:
ItaliaOggi: Insegnare, il lavoro più usurante della p.a.
22-08-2006
di Giovanni Scancarello
A insegnare ci si può ammalare. Colpa del burn out, sindrome da disagio mentale professionale, a cui sembrano particolarmente esposti gli insegnanti. La categoria più a rischio di tutto il pubblico impiego.
Più studiato all’estero che in Italia, nel nostro paese non è però un fenomeno del tutto sconosciuto. Studi recenti restituiscono l’idea di un problema che, oltre a sembrare storicamente radicato nel profilo, mostra inquietanti indicatori di crescita. Il problema, infatti, era noto già dalla fine degli anni 70, quando ben un terzo della categoria sembrava affetta da disturbi che richiedevano l’intervento dello specialista.
Più recentemente, invece, è stato registrato un 10% in più in dieci anni di casi riferibili a burn out. La sindrome riguarda casi di disagio mentale, dovuta soprattutto a fattori stressogeni relativi all’ambito professionale che, nel caso degli insegnanti, sembra avere un peso decisivo nell’insorgenza di serie patologie, dalle neuropsicopatologie alle neoplasie. Il dato emerge dall’ultimo studio Golgota promosso dalla Fondazione Iard, su un campione di accertamenti sanitari per l’inabilità al lavoro, effettuati dal collegio medico della Asl città di Milano, che conferma quello scaturito da un precedente studio (studio Getsemani). Da questa ricerca, condotta da Vittorio Lodolo D’Oria, medico del lavoro di Milano, risulta che gli insegnanti sono più soggetti a psicopatologia psichiatrica, con una percentuale di rischio doppia rispetto a quella degli altri lavoratori della p.a.
Sul totale delle domande per inabilità per patologie psichiatriche presentate al collegio medico di Milano dal Ô92 al 2003, circa la metà (49,8%) appartiene a insegnanti. Questi sono risultati, tra l’altro, particolarmente esposti al rischio di contrarre patologie laringee, 20 volte di più degli altri lavoratori, mentre significativa è risultata la frequenza di neoplasie dei docenti (14,2%), rispetto agli impiegati (7,2%) e agli operai (19,2%), con un rischio di neoplasia di 1,7 volte superiore rispetto alle altre categorie professionali aggregate. Prima lo studio Getsemani e poi il Golgota mettono in luce un inedito fattore rischio connesso alla professione, tradizionalmente considerata una professione tranquilla. Lo stress del lavoro dell’insegnante, invece, è a tutti gli effetti una concausa, dicono i medici, dell’insorgere delle patologie. Del resto, che esistesse un problema burn out, in Italia, si sapeva già da qualche tempo. Nel 1979 uno studio dell’università di Pavia aveva scoperto che al 30% degli insegnanti venivano prescritti antidepressivi. Lavoratori storicamente depressi, dunque, tra gli insegnanti è in costante aumento la percentuale di accertamenti per idoneità al lavoro a causa di patologie psichiatriche: dal 44,5% del triennio 1992-1994 si passa al 56,9% del 2001-2003.
Concordo pure io che non si può darle tutte vinte ai bambini, che poi ti viene pure l’esaurimento nervoso, che le cose vanno spiegate e va raccontato il perchè di una negazione, ma è anche altrettanto vero che, a volte, il perchè non è spiegabile ed anche un atto d’imperio tanto male non può fare.
L’atteggiamento democratico potrà anche andare bene ma non sempre è la linea di condotta migliore per crescere un bambino, il loro potenziale di contrattazione deve essere limitato dall’autorità ed autorevolezza dei genitori.
Ciao
Silvana
@Marisamoles
Grazie di cuore per il tuo interessantissimo intervento.
Mia figlia aveva veramente intenzione di andare al parco giochi.
Devo dire che non vizia assolutamente i figli. Sono i nonni quelli che hanno la funzione di viziare.
@Mammadolce
Per prima cosa bisogna tener presente che a curare i matti ci pensano gli PSICHIATRI che sono medici specializzati. Esistono anche gli psichiatri infantili.
La notizia degli studi statistici a cui fai riferimento è veramente sconcertante.
Esiste un problema sicuramente alla fonte. L’insegnamento dovrebbe essere una gioia (oltre che una “enorme” responsabilità) e non una fonte di malattia.
E così gli psicofarmaci vanno a fiumi….
@Silvana
Sono d’accordo con quanto dici. L’autorità dei genitori non deve essere messa in discussione. Semmai a viziare i bimbi ci penseranno i Nonni!
Quello che ho raccontato è sicuramente un caso un po’ limite. Spiega però che, alle volte, va bene ottenere quello che si vuole “spostando” l’oggetto o l’argomento.
bellissimo articolo, complimenti!!!
però i nonni, quando diventano tali, dovrebbero viziare anche un po’ i figli e non darne l’esclusiva ai nipoti…
I figli hanno già ricevuto molti vizi… per diventare i “pilastri” della vecchiaia dei Genitori!
Grazie per il tuo intervento. Bello e interessante.