SCRITTO IN TEMPO REALE. PUBBLICATO DOPO.
Da qualche ora sono nuovamente a casa. Ne ero uscito avant’ieri notte (in piena notte) per andare sofferentissimo in ospedale.

L'OSPEDALE
Ero in una di quelle situazioni che si annunciano subdolamente e che mandano a quel paese il benessere. e l’ottimismo.
I “residui” di due interventi chirurgici, con cause scatenanti ingannevoli e sconosciute ti producono dolori addominali lancinanti e spastici in crescendo, con la “garanzia” che non cesseranno se non verrà garantito il transito intestinale, almeno, ai gas.
La diagnosi è chiara, la terapia è del “chissà?” e dello “speriamo”, altrimenti? Altrimenti entra in azione “la legge del taglio”, in questo caso “taglione come grosso taglio”.
Il ritorno a casa dopo due giorni di digiuno assoluto senza aver dovuto assaggiare il “coltellaccio”(1) del chirurgo, ti fa sentire colmo di gioia.
Prima del ritorno puoi rimetterti quei vestiti “normali” che avevano lasciato il posto a una oscena (2)camiciola.
È la legge dell’ospedale nel quale alla divisa candida degli addetti ai lavori si contrappone la camiciola, forse con fiorellini, del sofferente (soprannominato paziente) subordinato.
Mentre indossi con lentezza da spogliarellista i tuoi vestiti normali guardi con tristezza empatica chi rimane sofferente nel letto accanto. In quel momento ti senti un privilegiato e, al tempo stesso, con un piccolo appena appena accennato senso di colpa. “Tu purtroppo devi rimanere qui; io me ne vado; vorrei mi dispiacesse lasciarti; sono felice di potermene andare”. Lui rimane lì. Saluta mesto nella sua camiciola senza protezione.
Mentre lo saluto e gli auguro con vera partecipazione salute e benessere, dentro di me la gioia non ha limiti.

SALTO DI GIOIA
Avrei voglia di urlare la mia gioia traboccante. Appena superata la porta della stanza del “subordinato”, nell’affrontare il corridoio che porta agli ascensori, avrei una desiderio sfrenato di correre a più non posso. Non lo faccio anche perchè le mie gambe, dopo due giorni di digiuno, sono ancora malferme.
Nel pigiare il pulsante dell’ascensore, saluto con un sorriso “infinito” l’infermiera un po’ stupita nel vedermi coi miei vestiti normali. Ora potrei essere un visitatore; uno di quelli che deve sottostare solo a determinati orari.
Mentre l’ascensore scende, un piano dopo l’altro la gioia cresce ulteriormente per cui ti senti così leggero che hai paura di picchiare la testa contro il soffitto.
Che bello! Fra poco sono di nuovo libero!
Sì perchè mentre sei in quella camiciola che ti lascia libera la schiena… e il fondoschiena, ti senti terribilmente alla mercè di volontà “superiori”(3). Riesci ancora un poco a difenderti; ma poco… in certi momenti pochissimo o niente.
Se si avvicina a te un’infermiera con una siringa in mano, molto difficilmente riesci a sindacare la qualità e la quantità di veleno che ti vuole inoculare.
Appena mi trovo all’aria aperta nell’attesa che arrivi la macchina guidata affettuosamente da mia moglie, anche se non splendesse il sole, il tempo sarebbe splendido.
E pensare che oggi splende il sole, ma la temperatura è freddina. La mia felicità è tale per cui non sento il freddo.
Sono passati meno di due giorni e mi sembra tutto più bello. Anche se mi sento ancora dolorante, ogni mia cellula ride e vorrebbe che tutti ridessero con me. Non è così. Tutti in macchina impettiti, seri, serissimi, cogli occhi fissi in avanti solo preoccupati di fare o…rimanere attaccati al telefonino.
Non bisogna perdere un attimo. Avanti, avanti. Avanti senza tregua… per il PIL?
E pensare che, in un attimo, quando meno ve l’aspettate, potreste trovarvi con quella camiciola standard senza difesa con davanti a voi una siringa minacciosa in mano a una fanciulla sorridente vestita di bianco.
Quanto ho scritto è uscito dal mio cuore felice, già sofferente. Ha una morale. Cercatela… la troverete. Dovete però fermarvi un attimo ed evitare di essere furbi o “dritti”; in poche parole è necessario che siate onesti.
E se arrivereta a trovare una risposta che potrà stimolarvi, potrà essere positivo per il vostro futuro.
1 – Coltellaccio è sinonimo di bisturi e onomatopeico nel riprodurre la goduria similorgasmica dell’operatore ardentemente teso verso la conoscenza dell’ignoto.

Bisturi - Sinonimo di coltellaccio del chirurgo
2 – Oscena perchè lascia libero accesso a tutto ciò che sta dietro… e dietro c’è quel “sedere” che dovremmo proteggere a tutti i costi.
3 – Le volontà superiori vengono dagli “Addetti ai lavori” e sono praticamente insindacabili.
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