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Archive for luglio 2011

ALTRUISMO?

Questo ho trovato… apparentemente per caso e ve lo passo pari pari:

Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno.

Dio condusse il sant’uomo verso due porte. Ne aprì una e gli permise di guardare all’interno. C’era una grandissima tavola rotonda.

GANDHI GIOVANE AVVOCATO

Al centro della tavola si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato.

Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio non potevano accostare il cibo alla bocca.

Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: “Hai appena visto l’Inferno”.

Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l’acquolina.

Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro sorridendo.

Il sant’uomo disse a Dio: Non capisco! E’ semplice, – rispose Dio -, essi hanno imparato che il manico del cucchiaio troppo lungo, non consente di nutrire se stessi, ma permette di nutrire il proprio vicino. Perciò hanno imparato a nutrirsi gli uni con gli altri!

Quelli dell’altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi.

LA STATUA DI GANDHI A S. FRANCISCO

Inferno e Paradiso sono uguali nella struttura. La differenza la portiamo dentro di noi!

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.

Mahatma Gandhi

Mi permetto di commentare a modo mio quanto avete potuto leggere. A parte il fatto che ho trovato questo scritto di una bellezza particolare, si deve dire che, leggendolo, sembra di ricalcare il comportamento egoistico dell’umanità di tutti i tempi.

Oggi, più che mai, pensiamo al nostro “portafoglio”, cerchiamo di avere “la pancia piena”, permettiamo ogni genere di sopruso nel riguardo degli altri e brontoliamo subito se il nostro tornaconto non viene soddisfatto.

Se non sapessimo che viene da Gandhi, ci accorgeremmo subitissimo che la “differenza” è l’uso quotidiano dell’Amore. Senza diventare filantropi o aspiranti al premio Nobel per la pace, ogni livello della nostra vita potrebbe cambiare radicalmente se regolarmente pensassimo “in modo concreto” a chi ci circonda.

Basterebbero pochi “pensieri” concreti al giorno per arrivare a vedere la differenza… e questo anche nei riguardi del pianeta che ci ospita.

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NON SI VOLA!

PER PROBLEMI TECNICI ARRIVO A VOI SOLO ORA.

E NON SO SE POTRO’ CONTINUARE. MI SCUSO PER NON AVER POTUTO RISPONDERE AI VOSTRI GRADITISSIMI COMMENTI.

Causa maltempo il volo sullo Zeppelin è stato annullato. È andata male.

Ero già in zona dal giorno prima e ho potuto vedere bene e con piacere la città di Lindau. Per arrivarci sono passato dal “famigerato” (si fa per dire) Principato del Liechtenstein e Bregenz in Austria. Ho potuto constatare quanto siano organizzati, puliti e puntuali i mezzi pubblici di Austria e Germania, e mi sono chiesto:”Perché da noi in Italia non deve essere possibile viaggiare decentemente sui mezzi pubblici?”

Volevo rendervi partecipi con alcune fotografie dal dirigibile. Non è, per ora, possibile. Vi offro un paio di foto altrimenti scattate.

IL FARO A LINDAU

Questo di Lindau è l’unico “sbocco” su una specie di mare (Il Lago di Costanza detto anche Lago Bodanico – tedesco Bodensee) della Baviera.

La città sorge su una piccola isola collegata alla terraferma dalla ferrovia e da una strada. È caratteristica con bellissime costruzioni medievali. È tutto visibile con molte fotografie su internet.

Naturalmente, in pieno luglio, tutta la zona è meta di turisti da tutta Europa, ma maggiormente dal nord della Germania.

Su internet, non potrete però trovare questa bella famigliola, che andava a spasso nel porto della cittadina.

UNA BELLA FAMIGLIOLA

Feci queste foto il giorno prima dell’atteso volo. Come si può constatare la giornata era meravigliosa; non una nuvola, niente vento e temperatura piacevolmente calda.

Nulla poteva far presagire che, da lì a qualche ora, mi potessi trovare a questa descrizione.

Ancora non sono passati due mesi dal giorno del mio compleanno.

Quel giorno ho compiuto i miei primi settantacinque anni. Da quel momento ebbi il diritto di essere anziano. Non so, comunque, se arriverò ai secondi settantacinque. Penso sarà piuttosto difficile!  Sono ora soddisfatto a Lindau in una stanza di albergo piuttosto modesta. Sono “felice” di constatare che il mio intestino “sollecitato” si è messo in moto. Domani potrò mettere in pratica l’atteso giorno: andare a Friedrichshafen e salire sullo Zeppelin NT per un bellissimo e silenzioso volo fin sopra Costanza.

Mi avevano raccomandato di tenere il telefonino acceso. In caso di “inclemenza meteorologica” il volo sarebbe stato annullato. 

Questa mattina sono andato a spasso per Lindau. Tempo stupendo, una minima brezza e temperatura decisamente estiva.

Sono, appunto tranquillo e sereno nella mia stanza d’albergo quando all’improvviso squilla il telefono:”Pronto!”. Non è mia abitudine guardare, prima di rispondere, il numero di telefono sul display. “Sarà mia moglie” penso. E’ una delle pochissime persone che conosce il numero del mio cellulare. Io non lo so, e non voglio saperlo; così non posso darlo a nessuno.

Una voce maschile in tedesco:”Lei ha prenotato per domani un volo sullo Zeppelin?” 

“Sì” rispondo col mio tedesco “Ci sono dei problemi?”

“Mi spiace comunicarle”continua il mio interlocutore “che il volo è stato annullato”.

“A causa del tempo?” chiedo io.

“Sì; le previsioni sono pessime. Se desidera, dovrebbe, secondo le previsioni, essere possibile rimandare il volo a dopodomani. Altrimenti le verrà restituito quello che ha pagato”.

“Mi dispiace veramente molto. Vi comunicherò a riguardo” rispondo io.

Non avevo scelta di nessun tipo. Comunico a mia moglie lo spiacevolissimo inconveniente; la prego di telefonare ai responsabili dello Zeppelin la mia rinuncia al volo e le modalità del rimborso.

Da parte mia decido di fare il turista sotto la pioggia. Approfitto di un biglietto multiuso e internazionale che permette di spostarsi liberamente in zona (Germania, Austria e Svizzera); parto col vaporetto alla volta di Rorchach (Svizzera), vado col treno fino a Romanshorn e da lì, sempre col treno fino a S. Gallo dove mi gusto una Bratwurst in un locale piuttosto tipico. Dopo un giro in città torno a Romanshorn da dove un traghetto mi porterà a Friedrichshafen. Da qui, sempre in treno torno tranquillamente a Lindau.

Questa foto dall’interno del vaporetto, all’uscita di Lindau, dimostra la pioggia. Mi è piaciuta e la pubblico.

L'USCITA DAL PORTO DI LINDAU

Speravo in qualche “occhiata” di solo; ho dovuto accontentarmi del fatto che, in rari momenti, l’ombrello è rimasto chiuso. In ogni caso la temperatura, piuttosto freddina, mi ha fatto pensare più all’autunno che all’estate.

Da buon italiano, in questo momento in Liguria, devo fare alcune considerazioni.

I tedeschi  e gli austriaci, senza essere dei “lecchini” sono molto gentili e aiutano il turista anche col sorriso.

I nostri connazionali, in particolare i liguri, non sanno sorridere e, fanno di tutto per non aiutare.

I “Servizi pubblici” di Germania e Austria (Treni e Bus) sono puntuali, puliti e frequenti. Stimolano il turista.

I nostri Servizi pubblici sono sempre più cari, non sanno cosa sia la puntualità e, quando ci sono, non sono frequenti. Quando possono, con scioperi e disservizi, stimolano il turista a scappare. Dopo aver “costruito” l’UE, l’Italia e la Francia non sono state capaci a instaurare dei collegamenti “come si deve” nella zona di frontiera (Fra Imperia e Nizza). Eppure questa è una zona turistica per eccellenza.

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PARTO

Parto per la mia Liguria.
Non so quando potrò collegarmi.
Spero… a presto!

SPERIAMO NON SIA COSÌ

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VADO A VOLARE

Ricordate?
https://quarchedundepegi.wordpress.com/2011/05/18/appunti-di-viaggio-18/

Penso di sì.

Domani vi lascio. Andrò su questa “aeronave” così simpatica.

ZEPPELIN NT

Tornerò, spero, fra qualche giorno con tante fotografie!

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ASCOLTA LA VITA

Questa l’ho ricevuta oggi; e ve la passo subito. Cliccando sull’immagine si può leggere bene.

È TROPPO BELLA. DA MEDITARE OGNI GIORNO.

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DALAI LAMA

IL DALAI LAMA

Oggi è il compleanno del Dalai Lama. Non ho mai approfondito la personalità di quest’uomo. L’ho presente come un personaggio che può dare solo fiducia.

Ho letto alcuni aforismi; tutti significativi.

Ho scelto questo:

Nella cornice della pratica buddista, riflettere sulla sofferenza ha un’enorme importanza, perché è comprendendo la natura della sofferenza che si matura una più ferma risoluzione a por termine a tutte le cause di sofferenza, e ai comportamenti come alle azioni insalutari che la incrementano, e ad aumentare l’entusiasmo necessario per intraprendere quelle azioni e comportamenti salutari che arrecano felicità e gioia.

e questo:

 Il vero amore non si basa sull’attaccamento, ma sull’altruismo. E la compassione sarà la vostra risposta umana alla sofferenza, finché vi saranno esseri che continuano a soffrire.      

Nel secondo, forse per effetto della traduzione c’è la parola compassione. Credo che la parola giusta sia “empatia”.

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I MEDICI METTONO DELLE DROGHE CHE NON CONOSCONO IN UN CORPO CHE CONOSCONO ANCOR MENO.

Chi scrisse questa frase proprio non sapeva quanti passi da “gigante” ha fatto la scienza. Penso però avesse perfettamente ragione. Si tratta di François-Marie Arouet VOLTAIRE morto nel 1778. È interessante notare che Voltaire è lo pseudonimo del Signor Arouet.

VOLTAIRE

Questo grande personaggio che lasciò un’impronta non indifferente e che dei medici, più di duecento anni fa, non disse troppo bene, potrebbe essere considerato, ancor oggi perfettamente attuale.

I MEDICI NON CONOSCONO LE DROGHE

Ma come si fa a dire questo. Oggi nel 2011 i chimici e i Grandi delle Case Farmaceutiche sanno tutto di quello che producono e che vendono. Ma questo non solo ora, ma anche già cinquanta anni fa. I progressi della chimica e della biochimica sono semplicemente favolosi. Ogni medicamento viene “meticolosamente”  sperimentato, controllato, analizzato, ecc. ecc. Accadde anche per il Talidomide che sarebbe stato distribuito, con nomi diversi, in 50 Paesi.

GLI EFFETTI DEL TALIDOMIDE

Perbacco! Non è sempre così. Basti pensare a quanto seppe fare la Penicillina e il Vaccino antipoliomielitico.

Il Talidomide fu un medicamento veramente drammatico.

In questo momento ricordo di un sulfamidico che andava “a fiumi” e che veniva propagandato come assolutamente innocuo. Dopo anni ci si accorse che poteva dare disturbi fino al blocco renale.

Voltaire fu un grande in Francia al punto che su una banconota da 10 franchi c’era la sua effige.

Banconota francese da 10 franchi

Ho trovato un altro detto del sommo Voltaire. L’ho trovato talmente importante per cui sento quasi il dovere di trascriverlo subito:

I piaceri sensuali passano e svaniscono in un batter d’occhio, ma l’amicizia tra noi, la reciproca confidenza, le delizie del cuore, l’incantesimo dell’anima, queste cose non periscono, non possono essere distrutte.

Lo si potrebbe definire l’inno all’amore.

Riprendiamo il nostro argomento. Esiste una quantità enorme di medicamenti. Pensate che il dottor  Walter Modell, definito dal “Time” “uno dei maggiori esperti di farmacologia” il 26 maggio 1961 scrisse: “Quando si capirà che esistono già troppi farmaci? I preparati attualmente in uso sono più di 150mila. Non esistono abbastanza malattie per un così elevato numero di farmaci. L’interessante è che molti dei nuovi farmaci servono a combattere gli effetti dannosi di altri farmaci.”

Accadde anche a me qualcosa di simile. Dovendo fare un esame cardiologico, un’infermiera, dopo avermi messo un ago in vena, mi disse:”Adesso le inietto qualcosa per stressare il cuore”. La fermai immediatamente e le dissi che non ero assolutamente d’accordo. “Ma l’ha detto il medico”. Risposi:”Non mi interessa se l’ha detto il medico o qualcun altro.” Rifiutai categoricamente; venne una dottoressa a cercare di convincermi spiegandomi che, se fosse accaduto qualcosa di spiacevole, ci sarebbe stato il medicamento che avrebbe raddrizzato la situazione. Di fronte al mio categorico NO, l’esame fu fatto ugualmente senza problemi.

Quello sarebbe stato un farmaco per combattere eventuali danni di altri farmaci. In ogni caso ambedue “farmaci” sarebbero stati un poco dannosi all’organismo!

Nell’Appunti di viaggio 17

https://quarchedundepegi.wordpress.com/2011/04/22/appunti-di-viaggio-17/

scrissi di aver visto la mostra dell’ARCIMBOLDO. Faceva magistralmente quadri come questo

ARCIMBOLDO

È bellissimo come usa frutta e verdura per fare anche dei ritratti.

Analizzando il problema medicamenti ho trovato un “ritratto” veramente molto significativo sicuramente ispirato all’Arcimboldo. Questo ritratto, anzichè formulato con mele, pere, zucchine e melanzane, è tutto un insieme di preparati farmaceutici.

Non vuole sembrare un’opera d’arte, vuole semplicemente dirci che abbiamo perso la nostra personalità e che siamo diventati un’accozzaglia di pillole, capsule, pastiglie e tutto quello che riesce a preparare l’industria farmaceutica.

Ci sono delle persone che scandiscono le ore della giornata con i colori delle pillole che devono ingurgitare.

È fantastico considerare che esistono delle persone dotate di determinazione, magari a scoppio ritardato, ma sempre determinazione. Dopo settimane o mesi di pillole decidono che non è quella la strada del benessere; da un giorno all’altro gettano ogni medicamento.

Come medico ho il dovere di aggiungere che certe decisioni possono essere anche molto pericolose.

da Big Pharma, la mafia legalizzata

Certamente un quadro dell’Arcimboldo è molto più appetitoso!

Sicuramente già Voltaire voleva metterci sull’attenti. Voleva sicuramente farci capire che certi argomenti vanno trattati con la giusta cautela. Non è che oggi, più di 200 anni dopo ci sia molta chiarezza in più.

Infatti oggi non conosciamo ancora bene il corpo. Pensiamo di conoscerlo bene, ma anche se analizziamo “i neuroni” attraverso i quali passa il pensiero (si fa per dire!), ci accorgiamo di essere ancora ignoranti. E speriamo non si riesca mai a far luce sulla genuinità e sulla singolarità del pensiero!

I metodi di indagine sono riusciti ad andare molto in profondità, rimangono però ancora inspiegabili tante reazioni dell’organismo umano.

La Francia dedicò a Voltaire un francobollo nel 1949.

Francobollo francese del 1949

Molto più interessante il francobollo che gli dedicò il Principato di Monaco.

Pare infatti che Voltaire fosse iscritto alla Massoneria.

Francobollo del Principato di Monaco - Nel trecentesimo della nascita.

Voltaire entrò nel Tempio massonico guidato da Beniamino Franklin, allora ambasciatore a Parigi, e dal Conte de Gobelin. Morendo, pronunciò la frase: “Muoio adorando Dio, amando i miei fratelli, non odiando i miei nemici e detestando la superstizione”.

Tornando alla citazione di Voltaire, per conoscere il corpo al quale propiniamo un medicamento, dovremmo conoscere anche lo spirito (o l’anima) del proprietario. Per arrivarci parzialmente sarebbe necessario un lungo colloquio. Ma se oggi i medici ascoltano con difficoltà!… e non hanno mai tempo… e sono spesso frettolosi!

MA COME FANNO A CONOSCERE IL CORPO DEI LORO PAZIENTI!

Certamente, se la medicina “consumasse” un po’ più di tempo per conoscere il malato che ha davanti, ci sarebbero meno sofferenze “gratuite”.

Di Voltaire ho detto pochissimo, quasi niente; è sufficiente quanto disse dell’arte medica. Voglio però terminare con quello che formulò riguardo all’amore.

Un vecchio amore è come un granello di sabbia, in un occhio, che ci tormenta sempre.

Quante sofferenze in meno se ci potessimo togliere quel granello di sabbia!

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IL NODO

Ieri, ovvero abbastanza giorni fa, i nipotini sono venuti a pranzo dai Nonni. Il grande sperava tanto nel polpettone. È stato esaudito; ne ha mangiato a sazietà e ha detto:”Tutto quello che fa la Nonna è buono“.
Immaginatevi la gioia della Nonna.

Dopo mangiato sono ripartiti, ma, prima di uscire si sono rimessi le scarpe. Il grande aveva delle scarpe con le stringhe e mi ha fatto vedere che ha imparato a fare il nodo. Sta proprio crescendo! E pensare che alla fine di quest’anno andrà a scuola.

Oggi ho ripensato a quello sforzo di imparare a fare il nodo alle scarpe. Si è fatto spazio nella mia mente un momento particolare e importantissimo della mia vita professionale. E cioè quando laureato da un paio d’anni, dopo un periodo nell’ambito dell’anestesia in una delle maggiori facoltà di medicina della Svizzera tedesca, iniziai l’attività chirurgica in un ospedale senza pretese di una bella cittadina sulla sponda di un piccolo lago.

Ridente cittadina della Svizzera tedesca

Come sicuramente i miei lettori sapranno, ad ogni attività chirurgica sono collegati i fili e la capacità di eseguire dei nodi.

Non è durante lo studio universitario che si impara a fare i nodi chirurgici. Nello studio universitario, almeno ai miei tempi, si apprendevano moltissime teorie, ma poche attività pratiche. Salvo rari casi, si esce dall’Università col dottorato in tasca, un’infinità di nozioni mediche, ma nessuna, o quasi nessuna nozione psicologica; qualche nozione psichiatrica ma nessuna capacità di fare nodi.

Sicuramente un qualsivoglia barcaiolo è molto, ma molto più bravo!

Come iniziai la mia attività in quel piccolo Ospedale (lo scrivo colla O maiuscola perchè ebbi la possibilità di imparare molto anche dal lato umano) mi trovai di fronte alla necessità di saper fare molto in quasi tutti i campi della medicina. Come dicevo l’ospedale era piccolo ma aveva degli ottimi Maestri e delle bravissime ostetriche nonché un personale infermieristico di primordine.

La mia vita, in quell’ospedale, scorreva relativamente tranquilla. Vivevo nell’ospedale, mi rifocillavo in una simpatica stanzetta che fungeva da “sala da pranzo per i medici” e non dovevo mai andare a casa dato che quella era la mia casa.  La mia stanza, quella dove conservavo ogni mio avere e ogni mio hobby, era proprio in un corridoio in faccia alla sala parto. Era “protetta” da una doppia porta per difendermi, specialmente di notte, da rumori “molesti” provenienti dalla sala parto. La chiave di “casa mia” era la chiave dell’ospedale. Infatti alla sera la porta veniva chiusa, e salvo urgenze, veniva riaperta la mattina seguente. Anche a causa delle urgenze la tranquillità era “relativa”. Se, nottetempo un cittadino sofferente andava al Pronto Soccorso, suonava il campanello e la Suora di turno accorreva ad aprirgli e a fornirgli tuti i “soccorsi” necessari. Allertava il Medico di Guardia e tutti quanti avrebbero potuto essere utili per assistere i problemi di quella persona.

Come dicevo l’Ospedale era piccolo e la vita poteva essere tranquilla. Questo ospedale era di una certa importanza con un Primario che, oltre ad essere un uomo di scienza, era anche molto “umano” . Le urgenze notturne non erano molto frequenti ma, se si considera che, non solo quello era l’Ospedale della zona dove maggiormente le donne venivano a partorire, ma che si trovava nell’asse Nord-Sud molto frequentato da uomini d’affari e vacanzieri, in certi periodi dell’anno, anche nottetempo l’Ospedale e il suo personale non dormivano sonni tranquilli. Per questa ragione, nelle serate di libertà, quando “tornavo a casa” in ore piccole, potevo trovarmi a incontrare vari colleghi di lavoro.

Torniamo all’argomento “nodi”. È impossibile un “decente” approccio chirurgico senza saper fare velocemente almeno un nodo. Ve lo presento in tutta la sua sequenza così come l’ho trovato su Wikipedia.

Ve lo presento soprattutto per il fatto che, dopo tanti anni, è stato bellissimo trovare queste illustrazioni:

Nodo chirurgico 1

dimostrano la prima posizione. Segue naturalmente la numero due,

Nodo chirurgico 2

alla quale seguirà  la 3.

In queste figure l’operatore ha fatto passare il filo da annodare sotto due fili. Quando dovevo allenarmi, usavo la maniglia della porta della mia camera.

Nodo chirurgico 3

Ora, prima di passare alla fase 4 si può constatare un coinvolgimento di quasi tutte le dita della mano destra.

Bisogna anche aggiungere un particolare di primaria importanza: Le mani della fotografia sono nude; nella realtà le mani hanno i guanti.

Nodo chirurgico 4

Come si può capire facilmente, fa tutto, o quasi tutto, la mano destra.

Era molto importante imparare a farlo velocemente. Infatti, quando si dovevano fare delle suture, non vado troppo nei particolari, si dovevano fare file di nodi e ogni nodo veniva ripetuto più volte.

Passiamo ora alla fase 5:

Nodo chirurgico 5

Il nodo è quasi pronto da tirare.

Non so se, dopo aver visto questa sequenza vi sarà venuta la voglia di prendere un piccolo spago, attaccarlo alla maniglia della porta e provare.

Non sarà necessario. In tutta sincerità, nel pubblicare questa sequenza, mi è sembrato proprio di ritornare a quei tempi.

Questa è la penultima fase:

Nodo chirurgico 6

Fra poco si potrà, finalmente fare il primo nodo chirurgico. Il primo di una lunghissima serie per chi dedicherà la propria vita al servizio della salute, vorrà fare il medico ed eviterà certe occasioni che potranno farlo diventare un commerciante.

Naturalmente, per fare il chirurgo bisogna avere moltissime altre nozioni. La manualità è però di primaria importanza.

Vediamo ora l’ultima fase:

Nodo chirurgico 7

Ora possiamo stringere… ma non troppo e neppure troppo poco. Sotto le nostre mani ci sono dei tessuti vivi.

Guai stringere troppo!

Se non vi è piaciuto seguire questa sequenza, spero tanto di avere il vostro perdono.

Se vi è piaciuta, sono molto contento. E chissà che, ancora una volta, non sia riuscito a farvi ricordare momenti della vostra gioventù in cui dovevate assolutamente imparare piccole importantissime manualità?

In quell’ospedale ho passato ben un anno e mezzo; due inverni durante i quali il cielo era quasi sempre grigio e l’atmosfera decisamente fredda. Ci sarebbero molte cose da raccontare sulla vita di un giovane medico che ha molto da imparare… e dare.

Termino  raccontandovi quanti erano i tempi di libertà settimanali e quanto poteva essere necessario lavorare.

Ero libero un sabato (dalle 14.00 circa) e una domenica ogni due settimane. Rispondevo della mia presenza (giorno e notte) uno o due giorni alla settimana e il week end in cui non ero libero.

Mi trovai, causa urgenze, a lavorare ininterrottamente per 72 ore. Oggi non accade più; a quei tempi era così.

Ho voluto spezzare una piccola lancia in favore di quei miei colleghi che hanno voluto con sacrificio imparare e lavorare onestamente. 

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