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Archive for agosto 2011

Dedico questo articolo al mio nipotino n° 1 che proprio oggi inizia il proprio iter scolastico.

La stesura di questo mio lavoretto da bloggeur è iniziata qualche mese fa.

Abbiamo portato a casa i nipotini.
È l’ultimo giorno di asilo. Il grande andrà presto a scuola.
Per la prima volta mi ha chiesto della mia vita nell’arte sanitaria; ha voluto sapere cosa facevo come dottore e dove lavoravo. Combinazione si stava passando proprio vicino all’ospedale dove lavorai e dove mi operarono la prima e la seconda volta.

Quell’Ospedale era nuovo di zecca e in quell’Ospedale mi trovai, nel marzo del 1980, a inaugurare, come anestesista, le nuovissime sale operatorie.

L'OSPEDALE DI LUGANO

Il mio lavoro era quello dell’anestesista.

Ricordo che mi sentii lusingato a dover prestare la mia opera in quell’occasione. L’interesse era tutto professionale. In quell’occasione, che ben ricordo, ero molto più interessato alla buona riuscita tecnica di quanto stavo per fare, piuttosto che alla necessità di lenire la sofferenza del paziente. Anestetizzare qualcuno in un complesso nuovissimo di sale operatorie era come tagliare un nastro che introduce a una mostra o a una fabbrica… e l’ospedale è un po’ come una fabbrica!

Quando il nipotino mi chiese della mia vita professionale, pensai, purtroppo molto di più al mio ricovero. 

Ho dovuto pensare a quel passato piuttosto “frastornante”; al momento in cui ebbi la conferma del cancro.

Nella vita esiste indubbiamente la fortuna e la sfortuna; esiste anche la capacità di rendersi conto che non sempre la sfortuna è tale. Molte persone decisamente fortunate imprecano a più non posso quando la fase fortunata rallenta andando verso la normalità facendo loro credere di essere “sfigati”.

Già l’avevo immaginato; il giorno però in cui mi sentenziarono la vera necessità di affidarmi al chirurgo a causa di un semplicissimo cancro, pensai proprio alla sfortuna.

LA SFORTUNA!

Dopo aver fatto tutto il necessario burocratico, venne quel giorno per me “terribile” nel quale, per la prima volta nella mia vita di medico, e per giunta di anestesista, sarei passato dalla parte dei “pigiamati” obbligato a lasciar fare ai “camici bianchi”.

Il mio bellissimo e affettuosissimo nipotino mi fa ricordare, suo malgrado, quel momento tutto mio psicologicamente drammatico.

Quel momento in cui entrai in ospedale e incontrai l’infermiera che mi indicò in quale camera avrei dovuto andare, è profondamente impresso nella mia mente. In quel momento avrei voluto scappare. Fu uno di quei momenti che non dovrebbero mai verificarsi perché accadono solo agli altri.

Avevo visto frequentemente il volto smarrito di chi arrivava in ospedale sofferente e doveva ricevere le cure dalle persone della mia categoria.

FONENDOSCOPIO

Anni prima avevo percorso più e più volte quei corridoi col mio camice bianco e il mio fonendoscopio che mi permetteva di far parte della categoria degli ufficiali; ero salito e sceso innumerevoli volte su quegli ascensori alla ricerca del paziente al quale il giorno seguente avrei iniettato la pozione “magica” che l’avrebbe mandato nel mondo chimico dell’incubo; avevo utilizzato più volte quegli ascensori con la chiave che dava priorità assoluta chiamato a tentare di mantenere vitale un organismo (o un corpo) che era ormai arrivato alla fine dei suoi giorni terreni.

Mentre entravo in quella stanza con un solo letto, il mio, che odorava di pulito e che mi era stato gentilmente riservato, ricordavo anche come innumerevoli volte, alla fine di un’interminabile mattinata, immerso nella deleteria aria condizionata delle sale operatorie,  potevo crearmi un velocissimo intermezzo per rifocillarmi e riscaldarmi le ossa. Sarei ritornato poco dopo a propinare altre droghe micidiali per la soddisfazione del chirurgo e il probabile benessere del mio prossimo.

Da "OSPEDALE S. MARTINO DI GENOVA - In sala operatoria non è "sempre" così!

Potevo anche ricordare gli anni passati in sale operatorie di altri ospedali dove dovevo saper fare tutto perché ero solo e non avevo diritto di aver paura.

Anche in questo momento sono solo. L’infermiera gentilissima che non conosco, ma che imparerò a conoscere, mi accompagna in camera. C’è anche mia moglie che soffre insieme a me. Ma io sono solo. Se potessi mi bloccherei tutto e mi metterei a fare la statua… così il male non potrebbe progredire e non dovrei utilizzare quel famigerato letto. Sono solo… ma non lo dico a nessuno.

Leggo su un sito dell’Ospedale S. Martino di Genova:”   In Italia giornalmente circa 10.000 Anestesisti Rianimatori svolgono la loro opera in diversi settori, che vanno dall’assistenza anestesiologica in Sala Operatoria alle attività in Terapia Intensiva; dall’ambito della Terapia del Dolore al campo della Ossigenoterapia Iperbarica, all’assistenza domiciliare a Pazienti affetti da particolari patologie “critiche”…

Che esercito! Oggi sicuramente più numeroso che allora. Me ne capitò uno buono!

Nella mia situazione particolare non posso dire di aver avuto paura di morire; probabilmente ero terrorizzato al pensiero del dopo… anche considerando la diagnosi di partenza!

Svariate sono le ragioni per cui reputo interessante il ricordo di quei momenti; due in particolare:

La prima ragione, importantissima, è che ho imparato a conoscere i miei colleghi… specialmente per quel dopo a volte veramente difficilissimo.

La seconda ragione è che ho imparato qualcosa di unico e cioè che se si vuol fare il medico o anche lavorare a livello infermieristico bisogna usare l’amore.

È per questa ragione che posso considerarmi fortunato.

DOSSO DOSSI - Il Caso e la Fortuna

Perché fortunato? Perché malgrado svariate vicissitudini non sempre belle, al limite della potabilità, riesco a vivere in modo quasi normale ma con un bagaglio di esperienze veramente tale per cui potrei quasi soffrire di “Complesso di superiorità”.

Da quando ho cominciato a scrivere a tutt’oggi, è passato un po’ di tempo; oggi però, proprio oggi il mio nipotino va a a scuola. Oggi è il suo primo giorno di scuola. Sono sicuro che riuscirà bene… il che basta!

Un bellissimo momento di un mio ricovero, me lo diede proprio lui; e, ancora oggi quando lo racconto, mi commuovo:

Ero nel mio letto e lui mi venne a trovare con la mamma. Ero dolorante e ancora nell’impossibilità di alzarmi. Ma lui non lo sapeva, avrebbe voluto vedermi in piedi. Vide le mie pantofole, le prese e le mise silenziosamente sul mio letto; voleva che mi alzassi.

In quell’occasione aveva poco più di un anno.

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Questa volta a stimolare questo articolo non è una massima o aforisma di qualche personaggio del passato; no; proprio no. Questa volta, mi ha attirato questa vignetta altamente significativa.

Da LA SETTIMANA ENIGMISTICA

Il medico della vignetta dice “non sono uno psicanalista”. Forse col linguaggio del barzellettiere avrebbe potuto dire “strizzacervelli”. Non conosco l’autore della vignetta e neppure so se il vignettista ha voluto essere così profondo. Indubbiamente ha ricalcato uno dei moltissimi momenti che accadono giornalmente: un individuo ha delle sofferenze fisiche e si reca dal medico. Che il medico lo visiti o meno, non trovando una “vera” malattia fisica, invia il proprio cliente a fare indagini di laboratorio in un primo tempo, indagini ospedaliere con macchinari sofististicati in un secondo tempo. È a questo punto che, non riuscendo la medicina a etichettare il paziente (ora lo chiamo così dato che nel frattempo lo è diventato), non rimane altro che etichettarlo come “matto o psicolabile” e inviarlo dallo psicologo o dallo psichiatra.

PSICOLABILE?

Esiste frequentemente anche un’altra realtà. Consideriamo l’esistenza di un disturbo che potrebbe sparire con quattro (o anche otto) chiacchere ben fatte dove il medico lascia parlare senza dimostrare fretta e irrequietezza. Consideriamo, diversamente, come normalmente accade. Se dopo la prima visita e i primi medicamenti sintomatici il “paziente” non guarisce, il laboratorio e le indagini ospedaliere frustranti, non sempre innocue ma frequentemente con tempi d’attesa “eterni”, permettono al disturbo di diventare una vera e propria malattia.

A questo punto bisognerebbe tirare le somme. È molto semplice. Se in medicina ci fosse un po’ più di amore, ci sarebbe maggiore colloquio, si riuscirebbe meglio a comprendere la necessità o meno di milioni di esami inutili e si sprecherebbe meno tempo e… ci sarebbero meno sofferenze “gratuite”.

IL SOFFERENTE HA BISOGNO DI MENO ESAMI DI LABORATORIO E UN PO’ PIÙ DI AMORE.

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PICCOLA RIFLESSIONE 11

Di questi tempi molti, forse moltissimi, piccoli risparmiatori soffrono e vedono volatilizzarsi le fatiche di anni di onesto lavoro.

I GARANTI del risparmio dei cittadini (parlo dell’Italia) fino a circa un mese fa ci comunicavano che da noi andava tutto benissimo e che quindi era necessario stare tranquilli. Da qualche giorno dicono che la situazione sta precipitando e che bisogna correre ai ripari. Le borse impazzano

Addetti ai lavori in Borsa

e tutti “corrono” indaffarati nel tentativo di tappare buchi sempre più grossi.

Poco alla volta i buchi sono diventati voragini che inghiottono di tutto. Gli stessi GARANTI che avrebbero dovuto essere tali sentenziano coi loro paroloni e continuano a sentirsi importanti… e riescono a farci credere che fanno di tutto per salvare il Bel Paese.

Ma intanto i piccoli risparmiatori, quelli che guardando la televisione, hanno creduto ai Garanti. Soffrono e continuano a soffrire. E… possono solo mettersi le mani nei capelli.

BORSA ITALIANA?

Ma queste non sono sofferenze “gratuite”? Non sono sofferenze prevedibili se CHIDIDOVERE avesse gongolato un po’ meno e avesse lavorato di più. E ci avesse detto la verità.

Quel povero piccolo risparmiatore rimarrà col sedere per terra incapace di muoversi con davanti a sé un orizzonte indefinibile o addirittura nebbioso.

da "NO HIDDEN CATCH... NO STRINGS ATTACHED...

Intanto i fantastici exGaranti continuano la loro folle cavalcata su poltrone sempre più comode contornati da piacenti Odalische ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.

Quante sofferenze “gratuite” causate solo dall’ingordigia e dall’egoismo.

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IL PANINO IMBOTTITO

Ho mangiato molto frequentemente dei panini imbottiti.

Ultimamente ho visto questo articolo:

http://leamichedelsabato.wordpress.com/2011/07/27/panino-on-the-road/

e, ho dovuto ricordare un panino meraviglioso mangiato l’anno scorso.

Al ritorno da Capo Nord, dopo aver visto il sole di mezzanotte, la crociera fa tappa a Bergen, nel sud della Norvegia.

BERGEN

Anche se il tempo non è assolutamente bello e la temperatura freschina, scendiamo ugualmente a terra. Ci imbattiamo in una gran bella città.

Bergen è una città di 250.000 abitanti secondo centro più popoloso del paese dopo la capitale Oslo.

Ci viene incontro il monumento al musicista GRIEG che è considerato il più grande compositore norvegese. Mi sovviene la musica per PEER GYNT e scatto una foto.

MONUMENTO A GRIEG

Anche se eravamo costantemente minacciati dalla pioggia, era per noi piacevolissimo passeggiare e scoprire questa bellissima città.

Si avvicinava l’ora in cui lo stomaco cominciava a reclamare. Avremmo potuto andare alla ricerca di un ristorante o mangiare qualcosina per la strada. Fu stupendo vedere delle bancarelle che vendevano molti prodotti mangerecci a base di pesce. A pochi metri di distanza panche e tavoli con ombrelloni per ripararsi, non dal sole, ma dalla pioggia. Optammo per un buon panino imbottito con salmone fresco, non affumicato. Acquistammo una birra e ci accomodammo su una panca.

Non so se fu il panino più buono della mia vita; fu sicuramente il panino più interessante in una cornice stupenda e, per me, nuovissima nonché sperata o sospirata da anni.

È nostra abitudine, quando andiamo turisticamente in una città nuova, cercare l’ufficio informazioni

INFORMAZIONI TURISTICHE

e “assorbire” qualche notizia in più. In ogni caso dopo quell’ottimo e unico panino, abbiamo potuto curiosare la famosissima e bellissima città vecchia.

Nel nostro bighellonare, come capita molto frequentemente nelle città, abbiamo “calpestato” numerosi tombini.

Non mi è mai, o raramente, capitato di guardare bene un tombino. Qui a Bergen però abbiamo trovato, fra gli altri, questo bellissimo tombino.

UN TOMBINO DI BERGEN

E appunto questo tombino ci preannuncia la parte vecchia della città che si affaccia sul porto; e cioè, in particolare il quartiere anseatico di Bryggen. Anseatico perché legato commercialmente alle città tedesche della Lega Anseatica.

Guardando attentamente il tombino, si può riuscire a intravvedere una funicolare.

Quella funicolare che ci portò nella parte alta della città. Peccato dover dire che quel giorno, ogni tanto, una fresca pioggerellina disturbava il nostro deambulare. Riuscimmo ugualmente a utilizzare questa funicolare.

LA FUNICOLARE DI BERGEN

Arrivati a destinazione ci fu permesso godere il panorama sulla città; in particolare sul porto.

BERGEN - PANORAMA E FIORDO

Purtroppo la giornata era uggiosa. Per noi era ugualmente bellissima… e chissà se ancora potrò godermi certi panini in un ambiente così, per me particolare.

L’interessante di questa foto è che si può vedere sulla sinistra, ormeggiata, la nostra nave… la nostra casa ancora per qualche giorno.

Dopo il panorama, si va a visitare le case antiche risalenti (sicuramente restaurate) all’inizio del millennio scorso quando Bergen era capitale della Norvegia.

IL QUARTIERE DI BRYGGEN A BERGEN

Ora cominciamo a essere veramente stanchi. La giornata sta per finire. Bisogna incamminarsi e tornare a… casa. Se si ritarda se ne va.

Torniamo sulla nave e… ricordando quel panino imbottito non dimenticheremo quella giornata.

Cosa può far ricordare un semplice panino imbottito!

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POTREBBE ESSERE UN SONDAGGIO

Cosa ne dite di questa vignetta? Vi fa pensare?

da "LA SETTIMANA ENIGMISTICA"

Il più delle volte si scherza su realtà più o meno amare.

In questo caso non credo si tratti di realtà amare; se qualcuno o qualcuna le vive può sorridere.

SORRIDIAMO INSIEME.

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Ieri era il primo giorno di agosto. La Svizzera ha festeggiato la propria democratica esistenza. Era, come ogni anno, la Festa Nazionale. La festa di un popolo che parla 4 lingue e professa, in linea di massima, due religioni, e va abbastanza d’accordo e riesce a prosperare.
Poco lontano, nel Mediterraneo, in una Nazione, fulcro di civiltà antichissime, un uomo (si fa per dire) spara sui propri simili e ammazza a più non posso… pur di rimanere al potere.

da "Diritto di Critica" - SI PARLA DI CARNEFICINA

Certo che dopo più di 100 morti in una giornata, gli Stati (quelli seri) cominciano a muoversi e fanno le interrogazioni alle Nazioni Unite!

Intanto si continua a sparare, e si continua ad ammazzare i “fratelli”. E pensare che per l’Islam, questo del Ramadan, dovrebbe essere un mese sacro.

Se guardiamo la carta della Siria, ci accorgiamo che ha uno sbocco sul Mediterraneo (MARE NOSTRUM) culla di Civiltà di fonte alle quali possiamo solo inchinarci.

CARTA DELLA SIRIA

Certamente non è necessario fare presto per sperare nella serenità di quelle popolazioni. Non credo che in Siria ci sia petrolio!

E, sempre considerando che il diavolo sembra proprio disoccupato, mi sovviene che nessuno parla più di cosa sta accadendo in Libia.

Forse non si sono ancora messi d’accordo circa la spartizione dell’oro nero.

Ci sarebbero ancora molte considerazioni da fare attorno a questa ennesima tragedia causata dall’egoismo umano che produce un’infinità di sofferenze veramente “gratuite”.

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