Oggi tutta l’Italia, forse tutta l’Europa, sa che a Genova c’è una strada che si chiama Via Fereggiano.
Gli italiani conoscevano poco di Genova. I Governanti hanno messo Genova alla “periferia” dell’Italia.
Si sa che è in Liguria e che, un po’ più in là, c’è una cittadina di nome Sanremo (o San Remo). A Sanremo si canta una o due volte all’anno.
In Italia conta l’asse Torino – Napoli e un pochino Milano – Venezia.
Oggi tutti sanno che Genova esiste veramente, che ci sono due Riviere e che, continuando verso ovest si arriva in Francia.
A Genova sono nato. A Genova ho sentito le bombe degli “Alleati” e ho visto le colonne dei Tedeschi che si ritiravano “silenziosamente” nell’aprile del 1945.
A Genova ho studiato il modo di “far star bene” il mio prossimo; in poche parole ho studiato Medicina.
Da Genova me ne sono andato alla ricerca di scienza fresca e positiva.
A Genova sono tornato molto speranzoso e con una famiglia da mantenere.

da "E' cominciato tutto un mercoledì sera... - 1970 - IL MERCATO DEI FIORI E LA STAZIONE BRIGNOLE
Nel 1970 ero a Genova quando il torrente (non è un fiume) Bisagno portò via tutto. Non ricordo bene i particolari, ma so per certo che, proprio quel giorno, a quelle ore avrei dovuto, per lavoro, passare nella zona della Stazione Brignole.
Ebbene, quando in questi terribili giorni guardo la televisione e vedo quelle scene di distruzione mi sovviene che proprio in quegli anni bazzicavo frequentemente quelle zone a monte e a valle di Marassi (dove ci sono lo Stadio e le Carceri). Ci andavo con dei foglietti nella borsa.

da "E' cominciato tutto un mercoledì sera... - 1970 - L'AMMUCCHIATA!.. dopo la piena.
Erano una lista di nominativi che, come “medico di controllo” dovevo andare a trovare ed eventualmente visitare per constatare l’esistenza o meno di una malattia. Dovevo visitare quella categoria di “lavoratori” che per necessità più o meno oneste non andavano a lavorare e venivano “sovvenzionate” dall’INAM per malattia.
Ero un “medico a 4 ore” dipendente di questo Istituto che ora, come tale, non esiste più.
Ero ritornato nella “mia” bella Italia per esercitare l’”arte” dell’anestesia nell’Ospedale (sede di Università) più grande e più importante della Liguria. E infatti stavo regolarmente in Sala Operatoria con le mie “droghe” micidiali; esercitavo con orari dettati dai Baroni miei superiori e, di ritorno a casa mi accorgevo che il salario, elargito dallo Stato, del medico impegnato nella struttura altisonante, non era sufficiente per il mantenimento di una famiglia.
Per questa ragione ero diventato un “medico a 4 ore”. L’INAM (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie) mi permise di arrotondare lo stipendio, ma anche di fare un lavoro stupido e piuttosto inutile.
Era una medicina che non conoscevo basata sulla reciproca disonestà. Il lavoratore malato ha tutti i diritti di essere malato e di farsi curare nel migliore dei modi. Una percentuale piuttosto alta di “assenti dal lavoro” che ero costretto a vedere considerava il lavoro un’evenienza da possibilmente scartare; o la “malattia” diventava la possibilità di lavorare “in nero”. Esisteva poi un’altra categoria di “non” lavoratori. Una parte di quelli del porto. Se c’era in porto la nave da scaricare, la salute era perfetta; se la nave partiva, nell’attesa della prossima nave da scaricare (o caricare) s’instaurava un atroce mal di schiena che rendeva addirittura difficile la deambulazione. Questi signori venivano pagati, e anche bene, solo quando lavoravano. In “malattia”, rispetto alle altre categorie di lavoratori, avevano un ottimo indennizzo “giustamente” da sfruttare. Imparai, fra l’altro, che, a dimostrare il mal di schiena fasullo avrebbe dovuto essere lo specialista ortopedico. L’ortopedico aveva però assoluto bisogno di lastre radiografiche. Per arrivare alle lastre e alla visita specialistica i tempi erano tali per cui nel frattempo arrivava la nave e… il mal di schiena passava.
Ho detto “reciproca disonestà” perché il medico, anche se sapeva di avere un interlocutore “sano come un pesce” sapeva di non poter fare nulla senza le lungaggini degli specialistici che avrebbero dovuto illuminare la situazione. Il mio frustrante lavoro era qualche giorno in ambulatorio e altri giorni a domicilio.
In ambulatorio era tutto organizzato da superiori burocrati all’”italiana”. A domicilio era tutt’altra musica.
Su ogni foglietto che ricevevo, oltre al nominativo del “malato” era l’orario nel quale quella persona era visitabile; l’orario nel quale avrebbe dovuto essere obbligatoriamente in casa. La zona dove dovevo recarmi era abbastanza distante da dove abitavo ed era proprio in parte quella che tutta l’Italia ha visto allagata e disastrata alla Televisione.
Su ogni foglietto era anche l’indirizzo del “cliente”.
L’inizio fu abbastanza difficile. Ogni visita significava un quarto d’ora di lavoro. Ma io non conoscevo la zona; non esistevano i telefonini e neppure i navigatori. Armato di mappa, buona volontà e tanta fretta andai a imparare le vie e i numeri civici; mi arrampicai nei piani alti delle case senza ascensore e sperai sempre di non dover pagare multe per divieto di sosta.
L’accoglienza fu quasi sempre gentile. Mi resi conto che esistevano molte persone veramente malate e desiderose di lavorare.
Col tempo imparai le strade, i numeri civici e i trucchi per posteggiare la macchina. Avevo una Fiat 500 e nel mio girovagare, qualche volta, ero assistito da mia moglie col figlioletto di quasi tre anni.

da "Circospetto" - IL BISCIONE
I miei orari erano piuttosto “brutti” per cui vedevo raramente moglie e figlioletto. Fu quindi molto piacevole muoversi in compagnia. Il lavoro frustrante e decisamente stupido veniva allietato, ad ogni sosta, dal sorriso di moglie e figlio.
Ero quasi di casa in questo lunghissimo complesso edilizio. Bisognava solo ricordare, o imparare i numeri civici.
Credevo che il mio lavoro fosse inutile o stupido finché, per esigenze logistiche, mi mandarono in un’altra zona di Genova, ancora più distante da casa e dall’Ospedale. I miei nuovi dirigenti mi mandarono ancora più lontano, ma, per fare un lavoro ancora più interessante e gratificante!.

MEDICINE
Dovevo andare a domicilio, ma non per “visitare” una persona assente dal lavoro, nossignori; dovevo controllare il numero di pastiglie o pillole esistenti in quella economia domestica dopo l’acquisto in Farmacia.
Mi spiego meglio. A quei tempi, con una semplice ricetta del medico, si poteva ottenere gratuitamente, ogni medicina. Anche la Vitamina C… e non c’era il ticket. Era quindi necessario sapere se le medicine venivano consumate o semplicemente, in grandi quantità, parcheggiate negli armadi di casa.
Ricordo che riuscii a resistere non più di un mese.
Abbandonai per sempre l’INAM. Tornai nelle corsie dell’Ospedale sperando tempi migliori.
La mia resistenza all’INAM durò un anno. Questa terribile alluvione che è riuscita a mettere freneticamente in moto i Media, mi ha fatto ricordare quell’anno in cui mi arrampicavo sulle alture di Genova facendo finta di fare il medico. Mi ha fatto anche pensare, come sia oggi non lo so, che già a quei tempi gli sprechi fossero all’ordine del giorno assieme alla mancanza di onestà. C’erano i Medici Funzionari che si giravano le dita molte ore al giorno con svariate mensilità e premi e i Medici Ospedalieri o Assistenti universitari che lavoravano per quattro soldi ma, nella speranza della carriera, avevano la lingua allenatissima.
Ripeto come sia oggi non lo so. Può darsi che sia peggio… e quindi maggiori le sofferenze gratuite.
Avrei voluto scrivere qualcosa ai liguri (e ai genovesi) per stimolarli a uscire dal limbo. Genova e la Liguria sono due perle meravigliose uniche e da valorizzare. Dovrò farlo.
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