L’anno scorso avevo letto TEMPESTA di Lilli Gruber… e mi era piaciuto.
Mi ripromisi di leggere EREDITÀ, sempre della stessa autrice.

L’ho finalmente letto e l’ho trovato meraviglioso, non foss’altro che per il fatto che è riuscito a farci capire molte cose… spesso sconosciute.
In ogni caso non ho potuto fare a meno di ricordare il mio articolo:
https://quarchedundepegi.wordpress.com/2012/07/30/litalia-che-non-parla-italiano/
e il seguente:
https://quarchedundepegi.wordpress.com/2012/08/21/appendice-n-1-a-litalia-che-non-parla-italiano/
Leggendo il libro, e ricordando quanto scrissi, non avrei assolutamente potuto immaginare quanto fu terribile, per i sudtirolesi, perdere la cittadinanza dell’Impero Austro-ungarico, e quanto fu crudele il comportamento del Regno d’Italia (leggi fascismo) che tentò con tutti i mezzi di “estirpare” a quella popolazione le antiche radici.
Mussolini non ci riuscì, ma ancora oggi, dopo aver superato la crisi del dopoguerra, molti italiani… o quasi tutti… o molti… o troppi…, sono incapaci di un pizzico di empatia e pretendono che il “cittadino italiano” parli la lingua italiana… anche se è nato “in tedesco”.
Non bisogna dimenticare che 100 anni non sono ancora passati da quando il popolo sudtirolese ha dovuto lasciare l’Impero; e molto meno anni da quando il fascismo autoritario disprezzava chi non si comportava da italiano. Alcuni anziani, più o meno come me, ricordano sicuramente bene le sevizie subite.
Oggi il sudtirolese, poi altoatesino e di nuovo tutt’e due è forse contento di essere entro i confini dell’Italia, almeno in buona parte. Perché non permettergli tranquillamente la sua lingua e considerarlo qualcosa di speciale a vantaggio della Repubblica?

Certo che, negli anni 30, nessuno avrebbe mai immaginato che le auto italiane della polizia potessero aver scritto POLIZEI assieme a POLIZIA, per cui credo che non ci sarebbe niente di male ad essere ancor più “carini” verso i nostri connazionali descritti da Mussolini come “allogeni”.
Consiglio a “QUEGLI” italiani di leggere il libro della LILLI GRUBER; ne vale la pena… anche perché certe sofferenze “gratuite” sono presenti tutti i giorni.
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