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PER FAVORE NON SCRIVERE “MI PIACE” SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

 

Sono tranquillo in casa… in casa mia… in quella casa che è semplicemente un appartamento riattato in una costruzione degli anni ’20. Ora sono in ferie, anche se, per essere sinceri, io sono sempre in ferie dato che non lavoro; non lavoro più perché ho avuto la fortuna di diventare vecchio.

Ora sono in ferie perché non abito più qui… in Riviera… nella Riviera dei Fiori dove il clima è meraviglioso e quelli che ci abitano da sempre non l’hanno ancora capito. Io ci sono arrivato per caso un po’ di anni fa, e, in un certo senso, l’essere arrivato qui ha cambiato la mia vita… in meglio naturalmente.

Ora, come dicevo, sono in casa e sento una sirena… la sirena di un’ambulanza che passa proprio sotto casa; non è bello quel suono, anche se a me è piuttosto familiare. Quando sono per la strada e mi passa vicino un’ambulanza con la sirena a tutto volume, mi tappo le orecchie. È forte quel rumore, e, anche se, come dicevo mi è familiare, mi dà fastidio e, fra l’altro, mi obbliga a ricordare.

Sì, è proprio così, mi obbliga a ricordare… non posso farne a meno.

Ma è sempre necessario ricordare?” mi si potrebbe chiedere.

Io sono convinto che sia giusto lasciare spazio ai ricordi; quando uno dei nostri sensi, di solito 5, ci stimola al ricordo, è terribilmente sbagliato ostacolarne l’effetto. Ricordare è umano… disumano pretendere di dimenticare… anche perché non tutti i ricordi sono negativi.

La vita è fatta di bicchieri mezzi pieni e di bicchieri mezzi vuoti.

Certi ricordi possono essere altamente positivi… anche perché collegati al lavoro che s’è cercato di portare avanti con coscienza… oltre che con quella “scienza” che dovrebbe essere semprepresente.

Prima di arrivare in questa ridente cittadina della Riviera dei Fiori facevo l’anestesista all’Università… in quella Facoltà di Medicina e Chirurgia che si pensa sia sempre al top… l’importante crederlo.

Qui in Riviera trovai un ospedale desideroso di lavorare con coscienza per il bene della popolazione… almeno questa sembrava l’intenzione del corpo medico. Purtroppo, a far funzionare un ospedale, non c’è solo la Manovalanza fatta da medici, corpo infermieristico e tecnici; ci sono anche i “tecnici amministrativi” fiancheggiati dai politici che capiscono tutto se si parla di corpo elettorale, ma capiscono ben poco se si parla di medicina; per loro la medicina non è importante, nello stesso modo come non è importante il termine “sofferenza”… finché non la subiscono.

 

Non è qui il caso di polemizzare… anche se, stando alla mia decennale esperienza, non sarebbe sbagliato parlar male di chi amministra la Sanità.

 

Si parlava della sirena dell’ambulanza. Ora è quasi sempre bitonale, non so se l’hanno imparata dai tedeschi o dai francesi; un tempo era un sibilo quasi continuo… a me piaceva di più.

Quando si sente una sirena, si pensa a qualcuno che sta male. Un tempo, quando la sirena si faceva sentire e la gente doveva correre nei rifugi per non farsi colpire da qualche bomba, preannunciava la possibilità quasi garantita che qualcuno avrebbe potuto arrivare a star male o addirittura cessare di vivere.

Bisogna parlare dei bombardamenti… quei bombardamenti che sembrano oggi, qui da noi in disuso, ma che, mica poi tanti anni fa, hanno fatto piangere molto… anzi moltissimo.

L’ultima guerra mondiale… la Seconda Guerra Mondiale ha prodotto danni ingentissimi… e tanti morti. Sono morti in tanti, ma non per colpa proprio delle battaglie che ci sono in guerra, cioè non solo sul fronte dove gli opposti eserciti cercavano di superarsi, ma anche e soprattutto nelle città. È nelle città che risuonavano le sirene quando arrivavano gli aerei carichi di esplosivo… arrivavano di giorno e di notte. Oggi si possono sentire in qualche film, ma io le ho sentite davvero, e, se era di notte bisognava saltar fuori dal letto e precipitarsi nei rifugi. Per noi bimbi era normale, non conoscevamo altro; sapevamo che la guerra avrebbe fatto grande la nostra Patria. Lo sapevamo perché ce l’avevano detto… perché in Italia c’erano tanti Balilla e tanti Figli della Lupa, e anch’io avevo la mia bella divisa di Figlio della lupa con nel mezzo una bella M di Mussolini.

Per aiutare la Patria, mio Nonno donò il suo anello d’oro, quello del matrimonio… gli diedero un anello di vile metallo… sembrava latta. Non saprò mai se lo fece perché ci credeva o perché fu obbligato a farlo; so solo che aveva un anello che faceva ridere. Comunque sia, noi bimbi eravamo abituati alle sirene, ai bombardamenti e allo straziante rumore di tanti aerei che insieme trasportavano le bombe.

Che ne sapevamo noi della pace e della possibilità di arrivare a muoversi tranquillamente e liberamente e andare un po’ dappertutto a visitare Paesi nuovi? La nostra libertà era quella di imitare le sirene… le sirene degli allarmi… quelle che facevano mettere tutti in movimento.

Proprio così, assieme ai miei fratelli, eravamo in tre, prima di dormire, quando eravamo già a letto, imitammo le sirene dell’allarme, e le imitammo così bene che si mise in movimento tutto il condominio e tutti si misero a scendere le scale per raggiungere il rifugio della casa.

Per fortuna furono fermati dai nostri genitori, e la paura generale finì in risate per loro, ma non per noi che fummo sonoramente sgridati.

Che poi, le sirene dell’allarme bombardamento, avvertivano solo… non salvavano la vita.

Come dicevo, ai tempi era per noi normale, e sembrava pure che la guerra fosse qualcosa di normale; ma è e sarà sempre normale? Come si può infatti pensare che non si “picchino” fra Nazioni quando in una normale riunione condominiale s’azzuffano… magari solo a parole?

Quando ero bimbo, e pensavo, ovvero mi avevano abituato a pensare che Mussolini ci avrebbe dato la gloria, gli aerei, ma anche le navi, bombardavano le città… e morivano i civili.

La propaganda era importante. VINCEREMO era scritto dappertutto sui muri… e molti italiani, forse troppi, erano convinti che sarebbe accaduto.

Pure i francobolli che cominciavo ad apprezzare la raccontavano in quel modo… e parlavano di morte… perché per vincere bisogna ammazzare.

I FRANCOBOLLI CHE INNEGGIANO ALL’AMMAZZARE… per la gloria.

“Ma perché, malgrado le sirene, morivano i civili?” potrebbe chiedersi un cittadino qualunque.

Semplicissimamente perché il Genere cosiddetto Umano non ha alcun rispetto per la vita… degli altri.

Non posso prendere in considerazione tutti i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale. Sembrava un bel gioco o una lotteria prendere un po’ di aerei, caricarli di tritolo e spedirli tutti insieme su una qualche città ad alleggerirsi della morte che trasportavano. I bombardamenti che mi hanno particolarmente colpito sono quelli di Lubecca e di Dresda in Germania, quelli di Zara in Dalmazia e, naturalmente quelli di Voltri alla periferia di Genova.

UN PANORAMA DI LUBECCA

Lubecca fu bombardata nel 1942, esattamente il 28 marzo. Fu un “bel bombardamento” perché riuscì a distruggere quanto architettonicamente oggi ricostruito è “Patrimonio dell’Umanità”. Secondo i britannici, che programmarono ed eseguirono il bombardamento, anche con molte bombe incendiarie, era necessario agire contro il morale dei tedeschi… e quindi bisognava distruggere ed ammazzare. Sì perché Hitler aveva detto loro che sarebbero diventati i padroni del mondo… o magari solo dell’Europa.

L’Europa lo lasciò fare quando si prese quel pezzetto di Cecoslovacchia abitato per buona parte da umani di etnia tedesca… intendo il territorio dei Sudeti.

Detto per inciso mi sovviene il fatto che qualche anno fa, la Russia di Putin si prese la Crimea che faceva parte dell’Ucraina… e lo lasciarono fare.

E lui, Hitler, andò avanti, e i suoi sudditi, almeno una gran parte l’osannò. Sì, perché cominciarono a credere che la loro Nazione stava di nuovo diventando una Grande Nazione: avevano un capo prestigioso che ci sapeva fare. E allora, per cercare di abbassare il morale di una certa popolazione che ci credeva, fu necessario ammazzarne un po’… con un po’ di bombe?

A me sembra strano, però lo fecero… e sicuramente con soddisfazione.

UNA STRADA DI LUBECCA

Ci fu poi un altro bombardamento… che passò veramente alla storia: quello di Dresda. Assieme ai britannici ci pensarono anche gli americani degli Stati Uniti… tutti insieme a scaricar bombe tra il 13 e il 15 febbraio del 1945… quando la guerra era ormai agli sgoccioli. Non so se era proprio necessario dimostrare di essere forti o se c’era nei magazzini un surplus di tritolo da consumare.

2001 – Dresda Italienisches Dörfchen

È un fatto che quel bombardamento fu micidiale e, per giunta su una città che non aveva nulla di strategico al punto che proprio in quella bella città c’erano molti sfollati di altre zone della Germania a rischio bombardamenti.

2001 – Dresda Semperoper (Teatro dell’Opera di Sassonia)

Non si saprà mai quanti furono i morti di quei bombardamenti; si sa che le bombe che furono sganciate furono migliaia di tonnellate, che la città fu rasa al suolo e che il fenomeno terribile denominato “tempesta di fuoco” trascinò, a causa del forte vento conseguenza del caldo delle esplosioni, gli esseri umani dentro le fiamme. Fu una tragedia, malgrado la guerra, considerata criminale… proprio come un crimine di guerra… ma ai vincitori non lo si doveva e non lo si poteva dire.

Si parlò molto di questo bombardamento. Ora Dresda fu in parte ricostruita com’era prima… ma non abbastanza… e non sarà mai come prima.

S’è parlato, almeno secondo me, troppo poco dei bombardamenti di Zara… oggi Zadar (Croazia).

Dal 2 novembre 1943 fino alla fine di ottobre del 1944, la città di Zara subì da parte delle forze angloamericane ben 54 incursioni aeree con relativi bombardamenti.

Zara fu per moltissimi anni una delle città più importanti della Repubblica di Venezia. Dopo la Prima Guerra Mondiale, esattamente dopo il Trattato di Rapallo, divenne ufficialmente territorio del Regno d’Italia… era anche capoluogo di provincia e contava circa 25.000 abitanti.

Dopo l’armistizio del famoso o famigerato 8 settembre del 1943, la città fu occupata dalle truppe naziste. La città rimase però sotto la giurisdizione della Repubblica Sociale Italiana. Può essere interessante notare che i francobolli usati in quel periodo erano italiani soprastampati DEUTSCHE BESETZUNG ZARA.

Perché 54 bombardamenti e tanti morti fra i civili per una città strategicamente non importante? Pare che questo micidiale e, secondo me, criminale accanimento, fosse dettato, o richiesto, da TITO, futuro dittatore della Jugoslavia. Pare che fosse necessario uccidere la maggior quantità possibile di italiani, distruggere il più possibile della città per far fuggire gli italiani “non ancora ammazzati”. Solo in questo modo le slave truppe partigiane poterono entrare nella città e renderla parte integrante della futura Federazione Jugoslava.

Non riesco a comprendere questo accanimento degli Anglo Americani.

Neppure riesco a comprendere l’odio che sprigiona il poeta Vladimir Nazor:

Spazzeremo dal nostro territorio le pietre della torre nemica distrutta e le getteremo nel mare profondo dell’oblio. Al posto di Zara distrutta sorgerà una nuova Zara, che sarà la nostra vedetta sull’Adriatico.

Comprendo invece Enzo Bettiza, noto giornalista italiano, studente a Zara, che vide nell’accanimento che distrusse Zara, la stessa ferocia che portò la distruzione di Dresda.

 

Si parlò ancora meno dei bombardamenti di Voltri, alla periferia di Genova.

Perché scrivo dei bombardamenti di Voltri quando la città di Genova ne subì per così di incursioni aeree? Semplicemente perché le bombe caddero molto vicino a dove eravamo noi (io bimbo coi miei fratelli e coi miei genitori) e mio papà, malgrado tutto, ne uscì vivo.

Ne ho parlato in un capitolo del mio libro TUTTO VERO Istantanee di vita. In poche parole, fu un bombardamento che fece solo dei morti fra i civili ma non distrusse neppure un ponte… quando le incursioni erano per distruggere i ponti.

Non avevo ancora 10 anni, ma ricordo benissimo l’ansia di mia mamma che non sapeva se il suo uomo, il padre dei suoi tre bimbi era ancora vivo o se giaceva sotto delle macerie provocate da quelle inutili distruzioni. Non eravamo per niente lontani; avevamo visto gli aerei, li avevamo sentiti in picchiata, avevamo sentito le mitragliatrici e sapevamo che  quell’uomo era là… proprio là dove le bombe seminavano morte.

Mio papà ne uscì vivo… ma se fosse morto sarebbe stato solo un morto in più… nel numero dei resoconti di guerra. Un numero… ma quale dramma per chi rimaneva? Anche questa è guerra… quella che i Grandi si divertono a “giocare”. Noi lo facevamo coi “soldatini”, loro, dato che sono GRANDI lo fanno coi “soldati veri”.

Sarebbe utile parlare anche dei bombardamenti “moderni” con bombe intelligenti… alla ricerca di armi di distruzione di massa. Potrebbe anche essere utile, di fronte a certi crimini, non dimenticare che esiste il Tribunale dell’Aja contro i crimini di guerra.

 

Dobbiamo parlare di sirene. Non ci sono solo le sirene delle auto che passano davanti a tutti, ci sono anche quelle belle… con la coda di pesce… che non dovrebbero far male a nessuno… anzi è bello considerare la loro leggiadria.

Il personaggio che più avrebbe potuto essere danneggiato dal melodioso canto delle sirene fu Ulisse… che però fu previdente, si fece legare all’albero maestro della nave e fece tappare le orecchie dei suoi marinai.

Bella l’illustrazione di Herbert James Draper.

Noi abbiamo le sirene delle fontane. È famosa quella di Napoli, bella quella di Cattolica, spettacolare quella di Mondello e simpatica quella di Bordighera.

Non a tutti è accaduto di poter vedere La Fontana delle Sirene di Bordighera, ma tutti hanno avuto l’occasione di sentire la sirena di un’ambulanza.

La Fontana delle Sirene a Bordighera.

Mi soffermo un momento con piacere sulla Fontana di Bordighera, anche se non tutti sanno dov’è quella cittadina; non importa, dato che tutti sanno dov’è Sanremo e dato che tutti hanno, più o meno, subìto il tormentone del Festival, possono sapere che la Francia è vicina. Ebbene Bordighera è dopo Sanremo, se da quella città si vuole andare in Francia. La fontana che vi presento, anni fa fu restaurata e recentemente munita di una sovrastruttura di dubbio gusto. Ve la presento:

Fontana delle Sirene… oggi.

Fontana delle Sirene… oggi… particolare.

Tornando alle sirene delle auto che viaggiano sulle nostre strade con targa di Croce Rossa Italiana, Pubblica Assistenza con croci di vario colore, Polizia, Vigili del Fuoco e auto di personaggi importanti…che magari hanno fretta di andare a comprare il prosciutto per un buon panino imbottito, posso dire che a me personalmente accadde più volte di dovermi fare un viaggio in ambulanza targata CRI per accompagnare malati gravi, per lo più traumatizzati cranici, in un ospedale maggiormente attrezzato. Furono viaggi lunghi, il più delle volte notturni e spesso con autisti cosiddetti “volontari”… che certamente guidavano molto bene, ma che… quello non era il loro lavoro; erano “volontari”…

Nei viaggi di andata, quando col mio infermiere o infermiera dovevamo occuparci del paziente… sempre gravissimo, potevamo al massimo sentire l’apprensione quasi insopportabile; infatti con un occhio e mezzo ci occupavamo di quel povero disgraziato, più di là che di qua, che “sopportava” i nostri sforzi terapeutici, col mezzo occhio ancora libero osservavamo la strada e la tecnica di guida del “volontario”.

Se non ricordo male, era la prassi di quei tempi, affidare a “volontari” la guida notturna di ambulanze.

Fu appunto in una di quelle occasioni, attorno alle 3 di notte, che, per evitare il “nostro panico (mio e dell’infermiera che mi accompagnava)”, guidai l’ambulanza durante il viaggio di ritorno… dopo aver consegnato il paziente a chi di dovere.

Fui aspramente redarguito dai dirigenti locali della Croce Rossa… dato che non avevo il patentino che mi avrebbe autorizzato a guidare certi mezzi. Quel ricordo mi spinge però a fare una considerazione… amara.

“Perché, anche se corredati dei necessari burocratici papiri, si permette a “volontari”, non pagati o sottopagati, di mettere a repentaglio la vita di chi, e qui siamo nell’assurdo, lavora con professionalità per salvare la vita di qualcuno un po’ sfortunato o incosciente nel proprio comportamento?

Le sirene di queste ambulanze mi obbligano ad “uscire un poco dal seminato” e ricordare ancora una volta una frase scritta sul mio libro, secondo me, importantissima:

Una Nazione che non paga, o permette che non venga pagato chi lavora, non dovrebbe essere degna di rimanere al cospetto della civiltà.

 

Questa frase che suona anche come una denuncia di furto (sì perché chi non paga ruba) verso certi datori di lavoro, era scaturita in me dalla necessità di espatriare appena laureato. Infatti non è che cercai in Svizzera la scienza e la precisione di alto livello, ma qualcuno disposto a corrispondere la “giusta mercede” ai miei sforzi lavorativi.

 

Questa digressione vuol dire chiaramente anche che ogni autista di ogni mezzo pubblico deve essere “di qualità” e deve essere pagato nel modo giusto… e, a maggior ragione, se il datore di lavoro è un Ente come la Croce Rossa Italiana che, se può avere dei mezzi con una targa così particolare, dovrebbe poter avere anche i mezzi per remunerare chi lavora per lei.

 

C’è un’altra sirena molto importante… almeno per i danesi, ed è “La Sirenetta”, simbolo di Copenhagen. Quando la vidi per la prima volta, devo dire la verità, rimasi un po’ deluso. Credevo fosse più grande.

È bella però, e anche un po’ sfortunata. Fu decapitata due volte, fu maldestramente verniciata e le fu pure amputato un braccio… ma esiste ancora e, ha addirittura compiuto cento anni, ed è stata festeggiata con un francobollo.

IL FRANCOBOLLO DANESE

 

Qui in Svizzera, ogni tanto, con preavviso, si possono sentire delle prove di sirene che eccheggiano di casa in casa. Sono potenti e noiose, ma, potrebbero essere utili in caso d’emergenza… anche se una diga di un qualche lago artificiale dovesse ritrovarsi danneggiata.

 

Dopo tutte queste sirene, c’è qualcosa che potremmo augurarci?

 

La risposta è: “Sì, che il Genere Umano si renda conto che potremmo vivere tutti bene senza la necessità di prevaricazioni e di ammazzamenti in modo più o meno dichiarato… Potremmo anche augurarci di dover sentire sempre meno le sirene delle ambulanze… segno che chi guida lo fa in modo sempre più responsabile.

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PER FAVORE NON SCRIVERE MI PIACE SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

 

I MONFALCONESI

 Registrazione del 2 marzo 2018

 

Personaggi:
Albero Tasso, Alessandro, I Fratelli di Tasso, Panchina Rotonda e Alberone.

 

Albero Tasso: “Buon Giorno Alessandro… come stai?”

ALBERO TASSO SPRUZZATO DI NEVE

Alessandro: “Ho un po’ freddo… sai io preferisco il caldo. Ho voluto salutarti e poterti vedere in abito invernale tutto spruzzato ni neve.”

Tasso: “Ti piaccio? A me piace un po’ di vero fresco che mi lascia quell’umidità a noi vegetali piuttosto importante. Cosa racconti d’interessante?”

IL LIBRO DI STEFANO ZECCHI

 Alessandro: “Nulla di particolare. Ti ricordi che, quando parlammo della città di Fiume, che accennammo al dramma dei Monfalconesi? Avevo letto qualcosa a riguardo. La prima volta che lessi dei Monfalconesi, fu nel libro di STEFANO ZECCHI Rose Bianche a Fiume. Certo che quello è un romanzo, ma, quando ho continuato a documentarmi mi sono reso conto che quello, per molte persone fu un vero dramma e, per il partito di Togliatti una grande sconfitta, nonché un comportamento similcriminale.”

Tasso: “Chissà perché, da quello che so, penso che potresti anche aver ragione. Il comportamento del PCI fu veramente criminale perché abbandonò molte persone, con mogli e figli, alle malvagità del regime di Tito.”

I Fratelli di Tasso: “Prima di tutto… Buon Giorno Alessandro; in secondo luogo, non potreste fare un po’ di ordine? Raccontate le cose come se leggeste un libro giallo cominciando dall’ultima pagina. Avete parlato di questi Monfalconesi senza spiegare se si tratta di Umani o di cioccolatini… potrebbero anche essere dei biscotti provenienti da Monfalcone. Noi sappiamo che a Monfalcone ci sono dei Cantieri Navali molto importanti da dove sono state varate delle navi che hanno lasciato un’impronta nella marineria mondiale, ma non abbiamo capito, se la dizione “Monfalconesi” riguarda Umani di Monfalcone o cioccolatini.”

Alessandro: “Avete ragione… anche voi spruzzati di neve. I Monfalconesi non sono né biscotti e neppure cioccolatini. Ai tempi, 1947, furono menzionati come tali, e piuttosto genericamente, i tecnici e le maestranze italiane che con le loro famiglie e in gran segreto, emigrarono nella novella Jugoslavia di Tito per rimpiazzare chi era stato ammazzato o era fuggito in Italia. Non venivano tutti da Monfalcone, ma credevano tutti nel socialismo dettato dall’Unione Sovietica e nella fratellanza italo-slava. Fu un’emigrazione contro corrente stimolata dalla consapevolezza che il loro contributo avrebbe potuto aiutare la nascita di un socialismo puro a tutto vantaggio non tanto del popolo jugoslavo che consideravano come un loro fratello, quanto di tutta la collettività socialista.”

I FRATELLI DI TASSO SPRUZZATI DI NEVE.

I Fratelli di Tasso: “Ora cominciamo a comprendere. Ma, sono partiti dall’Italia spontaneamente, o c’è stata un’organizzazione particolare?”

Tasso: “Naturalmente ci fu una “Mente” che organizzò tutto. Sì, perché nella Jugoslavia di Tito, dopo lo stallo della guerra, non solo bisognava ricostruire, ma, anche dopo aver eventualmente ricostruito, le industrie senza mano d’opera specializzata rimanevano paralizzate. Questo accadeva non solo per le Industrie di Fiume e i Cantieri Navali di Pola, ma anche per altre industrie in altre zone del Paese.”

I Fratelli di Tasso: “Chi era la Mente a cui alludi? Un Umano d’Italia o un Umano di Jugoslavia?”

Tasso: “In Italia, a tessere le fila con le autorità Jugoslave pare fosse il Partito Comunista Italiano nella persona dell’Umano Pietro Secchia, vice nel partito. Il trasferimento dei Monfalconesi avvenne nel massimo segreto; quelli trasferiti in Jugoslavia furono circa 2000, e tutti volontari, tutti iscritti al PCI e buona parte ex combattenti partigiani nelle file italo-slovene. La loro fede incrollabile vedeva nell’URSS un faro per il futuro del proletariato. E poi, non dimentichiamolo, non si trasferirono solo gli Umani uomini, ma anche molte famiglie.”

Panchina Rotonda: “Vi ho ascoltato e mi sono chiesta dov’è il dramma di cui parla Alessandro; e poi, Alessandro, potresti anche venire a sederti su di me invece di stare lì in piedi. Ti faccio schifo?”

Alessandro: “Hai ragione. Mi siedo, mi siedo e ti ringrazio… sto bene qui.”

Da Wikipedia. PIETRO SECCHIA

 Rotonda: “Come dicevo, non ho capito qual’è il dramma. Loro, quelli che chiamate i Monfalconesi sono andati là e sicuramente, se gli slavi avevano bisogno di loro avranno sicuramente ricevuto anche vitto e alloggio. Dov’è il problema?“

Tasso: Il problema viene dopo, non molto tempo dopo. Cercherò, anche coll’aiuto di Alessandro di fare un po’ di chiarezza. La mano d’opera specializzata di cui il regime comunista di Tito aveva urgente bisogno sarebbe stata “spedita” clandestinamente da accordi fra il PCI e i dirigenti Jugoslavi. Circa 2000 Monfalconesi emigrarono oltre confine, anche con famiglia, e, sempre fedelissimi del PCI, furono alloggiati in confortevoli alloggi e iniziarono di buona lena a lavorare anche per la costruzione di un buon socialismo.”

I Fratelli di Tasso: “Quindi va tutto bene… e sono tutti contenti.”

Tasso: “Sono tutti contenti fino al 1948 quando Tito, il Capo della Federazione Jugoslava decide di non più obbedire ai dettami comunisti di Stalin… dettami ai quali sempre obbedì Togliatti. Fu significativa la Riunione di Bucarest, dal 20 al 22 giugno 1948 dei massimi partiti comunisti europei; c’erano anche Togliatti e Secchia. Cosa accadde in quella riunione? Semplicemente fu decretata l’espulsione di Tito e della Federazione Jugoslava dal Cominform. La notizia diventò di dominio pubblico tramite Radio Praga il 28 giugno dello stesso anno. Pare che Togliatti ebbe una posizione di primo piano… e con lui quel Pietro Secchia che aveva ottenuto la clandestina fuoruscita dall’Italia dei Monfalconesi.”

I Fratelli di Tasso: “Cos’è il Cominform?”

Alessandro: “Il Cominform, fondato nel 1947 era un’organizzazione internazionale che riuniva i partiti comunisti dei vari paesi europei… fra cui l’Italia.”

I Fratelli di Tasso: “Ora cominciamo a capire cosa potrebbe essere accaduto ai Monfalconesi. Essendo loro fedeli al PCI di Togliatti e all’Unione Sovietica, potrebbero essere stati cacciati… mandati via dalla Jugoslavia?”

IL DITTATORE DELLA FEDERAZIONE JUGOSLAVA (da Wikipedia)

Tasso: “No, le cose andarono diversamente, ed è per quello che si può parlare proprio di tragedia. I Monfalconesi erano in tanti e credevano ciecamente nella politica di Stalin. Di fronte al voltafaccia di Tito che rinnegò i dettami dell’Unione Sovietica, i Monfalconesi si sentirono offesi e reagirono con determinazione. In varie riunioni di partito si misero contro Tito inneggiando a Stalin e al PCI… che pensavano li proteggesse e li aiutasse.”

Rotonda: “ Cosa fece il PCI? Li aiutò?”

I Fratelli di Tasso: “Secondo noi, dopo quello che ci hai raccontato, non avrebbe potuto aiutarli, dato che fra Tito e Togliatti venne a crearsi una frattura. Crediamo di aver capito bene, e cioè che Togliatti faceva tutto quello che gli ordinava Stalin.”

Rotonda: “Neanche quell’Umano Secchia fece qualcosa per aiutarli?”

Tasso: “Immaginiamoci se un Umano come Secchia sarebbe stato capace di dare una mano a chi aveva mandato oltre confine! Pensate un po’ che, proprio lui, qualche anno dopo, nel 1956, quando i carri armati sovietici repressero nel sangue il desiderio di libertà degli ungheresi, si trovò ad esultare… quando seppe dell’intervento sovietico.”

I Fratelli di Tasso: “Allora, volete dirci come andò a finire?”

Alessandro: “Andò a finire molto male perché molti di quei personaggi che credevano nel comunismo di Stalin furono prelevati e una buona parte portati in un “Centro di rieducazione”. È raccontato molto bene, in modo romanzato, sul libro di Stefano Zecchi.”

Rotonda: “Cosa intendi per “Centri di Rieducazione?”

L’ISOLA CALVA (GOLI OTOK)

Alessandro: “È un modo di dire “generoso” per menzionare i Gulag jugoslavi dell’interno o di certe isole. A tener d’occhio gli italiani che non avevano voluto accettare il “socialismo di Tito”, c’era l’OZNA, la famigerata polizia politica del regime… che per un po’ lasciò correre, ma che, a un certo punto reagì violentemente. Dopo averli sequestrati, portò una parte dei dissidenti su un’isola, di nome ISOLA CALVA (Goli Otok), nella quale il soggetto da rieducare, dal momento in cui metteva piede sull’isola veniva preso generosamente a bastonate, aveva ben poco da mangiare, e, l’occupazione maggiore che aveva era quella di spaccare pietre usando altre pietre.”

Rotonda: “Come sarebbe a dire? Quei poveretti avevano lasciato le loro terre per andare ad aiutare la crescita del socialismo puro in nome della fratellanza fra i popoli e, a causa di divergenze fra l’Umano Stalin e l’Umano Tito furono massacrati di botte perché fedeli all’ideologia del dittatore dell’URSS?”

Tasso: “Proprio così. Non tutti finirono sull’Isola Calva, ma anche, con famiglia, in Campi di concentramento in regioni più lontane; e non tutti ebbero la fortuna di poterlo raccontare… perché alcuni non riuscirono a sopravvivere.”

Alessandro: “Caro Tasso devo correggerti, perché la fortuna di poterlo raccontare, che significa che non morirono, è giusto, ma quello che è sbagliato riguarda il particolare che “non poterono raccontarlo”.”

I Fratelli di Tasso: “Come sarebbe a dire? Non comprendiamo.”

Alessandro: “Sarebbe a dire che, chi è riuscito a ritornare e l’avrebbe voluto raccontare non l’ha potuto fare perché il PCI non gliel’ha permesso… per non rovinare il “buon nome” del Comunismo.”

I Fratelli di Tasso: “Ma se il PCI li ha abbandonati… non è così?

Tasso: “Ma sì cari fratelli, avete capito benissimo. Non bisogna dimenticare che molti Umani, oltre ad essere malvagi possono avere un Quoziente Intellettivo molto basso, e, oltre a questo particolare piuttosto importante, non sono capaci di cambiare le proprie idee neppure di fronte all’evidenza… diciamo più evidente. Io non riesco a capacitarmi, forse perché sono un albero che ha vissuto molto, ma com’è possibile ch’io dica bravo a chi mi ha dato delle botte?”

I Fratelli di Tasso: “Forse per paura di ritorsioni.”

Tasso: “Non ci avevo pensato. Avete ragione, può darsi che così fosse. D’altra parte, chi tirava le fila del Comunismo Italiano era l’Umano Togliatti; lui aveva ben conosciuto uno degli Umani più malvagi di quei tempi, l’Umano Stalin, e da lui prendeva ordini… e sicuramente non gli mancava la malvagità… sicuramente aveva imparato bene la lezione.”

Rotonda: “I miei legni rabbrividiscono al pensiero che gli Umani possano e soprattutto riescano ad essere così malvagi. Penso però che dopo la morte di Stalin e la normalizzazione dei rapporti fra Jugoslavia e URSS, abbiano lasciato liberi quei Monfalconesi che erano ancora vivi… o no?”

Tasso: “Pensi in modo sbagliato. Pare che gli ultimi Monfalconesi ancora detenuti abbiano riacquistato la libertà solo nel 1956.”

Rotonda: “Allora chissà cosa avranno raccontato.”

Tasso: “No, no… non bisognava, pare, danneggiare il partito. ”

Rotonda: “Che rabbia mi fai caro Tasso. Se potessi farlo, d’ora in avanti, bucherei le chiappe degli Umani che vengono a sedersi su di me. Ma ce ne sono ancora Umani così malvagi?… ma anche cretini.”

Alessandro: “Non devi accanirti contro noi Umani. Ce ne sono tanti bravissimi… anche se, ho sentito recentemente l’Umano Orlando dire: “Io sono uno degli ultimi togliattiani”, che visto così sembra pure un bravo ragazzo.

Rotonda: “Vuol dire che o è ignorante perché non ha studiato la storia, o è cattivo e non si vergogna di dirlo.”

I Fratelli di Tasso: “Che paura! Un Umano così fa il Ministro della Giustizia? Poveretti voi Umani d’Italia… le nostre cortecce vibrano di inquietudine al pensiero che la stupenda Italia abbia certi ministri.”

Alessandro: “Avete ragione. Sapete cosa vi dico? M’è venuto tardi e… vi saluto, tanto più che, prima di andare a casa mi ero ripromesso di andare a salutare, qui vicino, il vostro collega ALBERONE.”

Tasso: “Anche noi ti salutiamo e lo salutiamo… a presto… Ricordati Alessandro che dovremo parlare di Trieste e dell’Istria.”

I Fratelli di Tasso e Rotonda: “A presto Alessandro.”

 

100 metri più in là.

 

Alessandro: “Ciao Alberone. È tanto che non vengo a trovarti… volevo farti un salutino.”

L’ALBERONE innevato.

Alberone: “Vi ho sentito mentre parlavi con Tasso e i suoi fratelli. È molto interessante quello che vi dicevate. Scusa se parlo lentamente, sono mezzo addormentato. Mi piace tanto questa fresca neve, però, se devo proprio dirti la verità, sto aspettando la Primavera. Circa quello che vi stavate dicendo, non so se il problema possa interessare molto gli Umani. A loro non interessa quello che è successo… non interessa la storia, quella vera, quella importante… quella che, in un certo senso, accade tutt’ora, perché gli Umani malvagi passano sovente anche qui vicino a me e vicino all’”Esercito del Lungolago” dei miei colleghi. Oggi interessano i soldi, che ce n’è sempre meno, e il calcio… ah quello sì che interessa. È un’industria che appassiona! E poi, avere possibilmente una bella macchina… ma grossa… di quelle grosse.”

Alessandro: “Che delusione! Però, penso che non ci sarebbe niente di male nel sapere che certi “cattivi” potrebbero di nuovo arrivare.”

 

“L’ESERCITO DEL LUNGOLAGO DI LUGANO”

 Alberone: “Hai ragione caro Alessandro. Ci sono quelli che ti mettono in guardia e ti dicono che i cattivi possono di nuovo ritornare… basta prendere in considerazione la propaganda elettorale degli Umani italiani che vogliono avvertire gli elettori che potrebbero venire di nuovo i Fascisti… ma loro potrebbero essere peggio… o ignoranti… sì, quelli che ci credono. Io li sento qualche volta quando se ne stanno seduti su queste panchine… Sai, io non sono cattivo, ma, mi piacerebbe far cadere loro sulla testa un mio bel ramo… bello pesante.”

Alessandro: “Lasciamo perdere. Più in là verrò a trovarvi. Continua a dormire. Ti abbraccio.”

Alberone: “Stammi bene.”

 

 

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Registrazione del 5 gennaio 2018

Personaggi:
Albero Tasso, Panchina Rotonda, Alessandro, e I Fratelli di Tasso.

 

Tasso: “Ciao Rotonda, mi sembra di aver visto passare Alessandro, chissà se si fermerà.”

Albero Tasso

Rotonda: “Sì, l’ho visto anch’io… sul bus; andava in città. Magari al ritorno si ferma un po’ qui da noi.”

Tasso: “Mi piacerebbe continuare il discorso del mese scorso. L’altra volta abbiamo parlato di Zara… in modo non del tutto esauriente. Ci sarebbe ancora molto da dire circa la malvagità degli slavi che si sono impossessati di quella bellissima cittadina. Forse Alessandro non sa che il letterato Vladimir Nazor, ottimo comunista e primo Presidente della Repubblica Socialista di Croazia, aveva preconizzato la disfatta di Zara. Nelle sue parole, anche se larvatamente, c’era lo stesso odio che spinse i comunisti titini a distruggere tutto quanto avevano risparmiato le bombe degli Alleati (dopo 54 incursioni aeree) e trucidare nella città ogni minimo esemplare umano dell’italianità che fu sovrana da molte centinaia di anni. Riuscirono ad uccidere almeno 2000 Umani e a distruggere, fra l’altro, anche tutti gli schedari dell’Anagrafe.”

Rotonda: “Come si fa a conoscere certi particolari?”

Tasso: “Pare che un Umano, un certo tenente dei Carabinieri Antonio Calderoni, riuscì a scampare al massacro, e fu una importante testimonianza.”

Rotonda: “Quindi, dopo l’irruzione a Zara delle “truppe” di Tito, di italiani vivi ne rimasero ben pochi.”

Panchina ROTONDA

Tasso: “Non credo ne siano rimasti molti. Su 22.000 abitanti, molti sono morti sotto quei bombardamenti, altri sono fuggiti in Italia, e i restanti trucidati. Hai messo giustamente truppe fra virgolette… perché quelle erano truppe per modo di dire, altrimenti, se fossero state parte di un vero esercito avrebbero dovuto far prigioniere le forze dell’ordine, come i carabinieri, anziché massacrarle.”

Rotonda: “Ma non è terribile dover considerare a quale livello riesce ad arrivare l’odio degli Umani? Che poi, a questo Vladimir Nazor hanno addirittura intestato un Parco a Zara… se non sbaglio… da quello che è arrivato ai miei legni.”

Tasso: “E non ci sarebbe da meravigliarsi se gli avessero pure fatto un francobollo. Se si semina amore si rimane dimenticati, ma se si semina odio, è più facile essere ricordati. Chiederemo ad Alessandro se esistono francobolli che lo commemorano.”

Rotonda: “Lo vedo, sta arrivando, chissà se avrà cominciato bene l’anno? Eccolo. Ciao Alessandro, ti stavamo aspettando, nel senso che speravamo venissi a trovarci.”

Alessandro: “Ciao a tutti, come state?”

I Fratelli di Tasso: “Rotonda e nostro fratello stavano parlando di Zara e delle vigliaccate fatte dai titini. Hanno anche menzionato un certo Vladimir Nazor… tu sai se l’hanno commemorato con un francobollo?”

FRANCOBOLLO DI JUGOSLAVIA.

Alessandro: “Dev’essere stato per i croati proprio un grand’uomo. Sì, ho fatto delle ricerche e la Federazione Jugoslava lo commemorò con un francobollo.

Mi fermo un pochino sui legni di Rotonda. Mi piacerebbe se ci parlassi un po’ di Fiume… conoscere un po’ quanto è arrivato a te… e voi Fratelli di Tasso.”

Tasso: “Fiume ha una storia un po’ particolare perché, se Zara diventò parte del Regno d’Italia nel 1920 grazie al Trattato di Rapallo, Fiume, sempre come conseguenza dello stesso Trattato diventò “Stato libero di Fiume” e, parte del Regno d’Italia solo nel 1924. Quella storia di Fiume è particolarmente legata a Gabriele d’Annunzio che la voleva fortemente parte integrante del Regno d’Italia. È vero Alessandro che in quel periodo la storia postale di FIUME fu particolarmente interessante?”

Alessandro: “Non mi sono mai specificamente interessato ai francobolli di quei tempi. È interessante però conoscere almeno il francobollo che porta l’effigie di Gabriele D’Annunzio… che fu anche in parte Governatore della Reggenza del CarnaroBisogna dire che, anche se lo STATO LIBERO DI FIUME durò solo 4 anni, sfornò molti francobolli e molti soprastampati… anche molto per succhiare soldi ai collezionisti.”

BOLLO DI FIUME

Tasso: “La città, dopo l’annessione all’Italia, ebbe qualche industria, i cantieri navali e un porto importante. E poi, durante la guerra ci fu a Fiume un prestigioso silurificio, molto importante per l’equipaggiamento dei sottomarini e per la famosa X MAS di Junio Valerio Borghese.

Rotonda: “Quando cominciò la vera decadenza di Fiume italiana?”

Tasso: “Io credo dopo il famoso e famigerato 8 settembre del 1943.”

Rotonda: “Perché famigerato? L’Italia firmò l’armistizio e la guerra, per almeno una parte degli italiani, finì.”

Tasso: “Giusto per l’Italia del sud, ma, per l’Italia del nord e del centro cominciò un terribile calvario. Ho detto famigerato, particolarmente per il fatto che lo seppero prima i tedeschi degli italiani. La componente più deprimente fu che l’Esercito Italiano non fu informato per tempo e, tanto gli Ufficiali, quanto la truppa si ritrovarono disorientati e, tutt’a un tratto si trovarono ad essere “braccati” dai tedeschi che fino al giorno prima erano alleati.”

Rotonda: “Fu per superficialità o incompetenza?”

Tasso: “Tutt’e due.”

I Fratelli di Tasso: “Noi crediamo che sia più superficialità che incompetenza. Noi pensiamo che, prima di fare un passo così importante nel quale ci potrà essere un coinvolgimento di un intero esercito e di milioni di cittadini, sarebbe stato meglio ponderare un pochino.

UNO DE “I FRATELLI DI TASSO”

 Rotonda: “Dite che il Maresciallo Badoglio non avrebbe dovuto firmare, o meglio fatto firmare l’armistizio?”

I Fratelli di Tasso: “Diciamo semplicemente che il Maresciallo Badoglio, prima di lasciarlo raccontare a tutti dal Generale Dwight Eisenhower attraverso Radio Algeri e “raccontarlo” lui stesso attraverso la EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche), avrebbe dovuto ben avvertire i Comandi del Regio Esercito ed avere conferma che anche le truppe lontane dall’Italia ne fossero informate.”

Tasso: “Giusto fratelli miei. Avrebbe anche dovuto impartire ordini precisi onde evitare all’Italia il caos che ne derivò.”

Rotonda: “Da dove parlò alla radio il Maresciallo Badoglio?”

Tasso: “Da Roma.”

Rotonda: “Però a Roma c’erano ancora i tedeschi.”

Tasso: “Le truppe tedesche erano nell’Italia settentrionale e centrale. Scattò da quel momento l’”occupazione” dell’Italia non ancora raggiunta dalle Forze Alleate.”

Rotonda: “E Badoglio?”

Tasso: “Badoglio letteralmente scappò da Roma assieme al Re, alla sua famiglia e a molti Ufficiali delle Forze Armate italiane.”

Rotonda: “Ma se uno scappa vuol dire che è in pericolo; non poteva andare via prima del proclama ed evitare di fare la figura del fuggitivo?… per non farsi prendere dai tedeschi?”

Tasso: “Ma certo che avrebbe potuto. Questo dimostra la superficialità con cui si arrivò a quell’Armistizio… che, in fondo in fondo, non per parlar male dell’amata Italia, è la stessa superficialità con cui si muovono i Governanti italiani degli ultimi decenni. Per farla breve, il Badoglio s’imbarcò sul BAIONETTA a Pescara, il Re Vittorio Emanuele III, la sua Famiglia, il seguito e qualche generale a Ortona. Andarono a Brindisi e cercarono di far muovere i primi passi al Governo del Sud.”

Rotonda: “Cos’è questa digressione? Parlavamo di Fiume che, dopo l’8 settembre 1943, se non vado errando, fu “occupata” dalle truppe di Hitler.”

In verde i due Land tedeschi sottratti alla Repubblica Sociale Italiana.

Tasso: “Da quel momento, a comandare la città furono i tedeschi, anche perché Fiume fu inclusa nel Land tedesco ADRIATISCHE KÜSTENLAND.”

Alessandro: “È proprio così. La Repubblica di Salò non aveva molto da dire. Bisogna però menzionare che nel periodo in cui comandavano i tedeschi, la cittadinanza era, in un certo senso, protetta dalle angherie dei partigiani di Tito. La tragedia dei fiumani, o quarnerini, cominciò quando la Wehrmacht si ritirò lasciando spazio all’irragionevolezza dell’”esercito di Tito”.

Tasso: “Non era un vero esercito. Enrico Burich l’allora Preside del Liceo ginnasio di Fiume scrisse che i titini arrivarono “alla spicciolata”, quindi non come ci si aspetta da un esercito. È ancora più crudo, parlando di chi sta invadendo la città (Gianni Oliva – PROFUGHI – Oscar Storia – Mondadori): “Sono di tutte le età, vecchi barbuti, con grandi baffoni, ragazzi biondi in divise di varie origini, sporchi, trasandati, scalzi o colle scarpe rotte, come se non avessero mai avuto istruzione militare, senza nessun contegno, con un berretto unto, o con un fazzoletto addirittura, macilenti. Non si è mai visto dei conquistatori di questo genere. Che cosa si può aspettare?

Qui a Fiume non è come a Zara da dove, buona parte della cittadinanza aveva già abbandonato la città a causa dei bombardamenti. Qui c’erano ancora circa 45.000 italiani che, sgomenti e intimoriti, vedono arrivare questo “esercito” di persone che sembra non abbia mai visto una città.

La guerra è veramente finita, il mondo ricomincia a respirare, gli italiani si stanno leccando le ferite e pensano con fiducia al futuro… ma non è così per i fiumani che si considerano italiani a tutti gli effetti. Fiume è capoluogo di provincia con le sue industrie, i cantieri navali, il silurificio, le Officine Meccaniche, una Raffineria e un porto efficiente che ha collegamenti con tutti i continenti. Anche se l’esercito tedesco, prima di ritirarsi, ha distrutto tutto quello che era possibile distruggere, una popolazione come quella di Fiume avrebbe potuto sentire la possibilità di guardare con fiducia nel futuro. Invece no, perché, proprio dal primo giorno in cui i croati dimostrarono, o vollero dimostrare di essere arrivati come padroni, eliminarono, processarono, uccisero e fecero scomparire non solo chi era stato un buon fascista, ma anche antifascisti non comunisti e autonomisti memori del passato della città. Non solo i vari dirigenti venivano soppressi o licenziati, ma, semplici cittadini, seguendo il copione di quanto stava accadendo a Trieste, venivano prelevati nottetempo… e da quel momento nessuno ne avrebbe saputo più nulla.”

Rotonda: “Ma caro Tasso, ho l’impressione di non aver capito bene. Tu dici che gli slavi che sono entrati nella città di Fiume come liberatori delle forze naziste, appena arrivati… e per un po’ di tempo hanno cominciato ad uccidere ed eliminare senza criterio? Ma, se un esercito vittorioso occupa una città può permettersi di uccidere senza criterio?”

LA TARGA DI FIUME.

 

Tasso: “Il criterio c’era… era quello di distruggere la maggior parte di quegli italiani influenti che avrebbero potuto aver voce in capitolo nel momento in cui gli Alleati assieme ai Sovietici avrebbero decretato il futuro della città. Fu tragico e allucinante il modo con cui l’OZNA (Dipartimento per la protezione del popolo) riuscì a “scompensare la popolazione italiana di Fiume. Neppure gli italiani appartenenti alla fede comunista avevano qualcosa da dire; furono emarginati. Superata la prima fase, nessuno si sentiva più sicuro in casa propria. A chiunque poteva succedere, in piena notte, di sentir bussare violentemente alla porta ed essere letteralmente prelevato e trascinato via con la scusa della necessità di accertamenti… e poi più nulla.”

I Fratelli di Tasso: “Ma insomma caro fratello, non ti sembra di esagerare un po’?. Questi slavi non erano mica così incivili!”

Tasso: “No, non esagero. Anche gli italiani, che in periodo fascista pretesero l’italianizzazione di tutto, si dimostrarono incivili. Infatti è veramente mancanza di civiltà privare qualcuno della propria identità e costringerlo con un cognome più vicino all’italica parlata, però uccidere per il puro gusto di uccidere solo perché l’italiano ti è “antipatico”, mi sembra veramente da criminali. Questa non è più guerra, anche se ci sarebbe chi dice che in guerra tutto è permesso.”

Rotonda: “A me suonerebbe di più come un tentativo di “pulizia etnica”.

Tasso: “Anche se non fu proprio così, riuscirono ad ottenere quello che volevano.”

I Fratelli di Tasso: “Che sarebbe?”

Tasso: “Di far partire gli italiani?”

I Fratelli di Tasso: “Vorresti dire che i 45.000 italiani che abitavano a Fiume andarono via o fuggirono in Italia?”

Tasso: “Esattamente. Non proprio tutti, ma il 90%. La città si vuotò quasi completamente. Chi lasciò la città si ritrovò confiscata ogni cosa, non solo, ma non poté portare con sé più di quel tanto… o quasi niente. Mentre l’italiano andava via, il regime fece affluire croati, serbi, sloveni e bosniaci che presero possesso delle abitazioni lasciate libere.”

Alessandro: “A questo punto, la componente più “interessante” che è utile sottolineare consiste nel fatto che Fiume “conquistata” si trovò di colpo con abitanti che non erano mai stati in una città e senza quei dirigenti che avrebbero potuto far funzionare le sue industrie, il porto e le infrastrutture cittadine. Fiume aveva dei Cantieri Navali che nessuno era capace di rimettere in funzione; aveva anche un porto importante.”

Tasso: “Quindi gli slavi avevano conquistato una specie di bella e funzionante città, e l’avevano resa una specie di fantasma.”

Alessandro: “La strategia di Tito e, credo ancora di più di un certo Kardelj, fu quella di conquistare e conservare con l’odio… l’odio verso l’Italia e tutto quello che era italiano. Sloveno di nascita fu uno dei più importanti collaboratori di Tito, particolarmente quando Tito ruppe con Stalin.”

Rotonda: “Desidererei capire come fece la città, ormai slavizzata, a sopravvivere, se non aveva più le leve di comando che potessero portare avanti il funzionamento economico della componente industriale.”

Tasso: “Brava amica. La tua domanda è molto bella. Sì, perché, proprio per supplire alla terribile mancanza di mano d’opera specializzata, si aprì un capitolo, per certi versi terribile, ma anche molto triste; il capitolo che va sotto il nome de “I Monfalconesi”.

Rotonda: “Sarebbero quelli di Monfalcone?”

Tasso: “S`, proprio così. Quelli di Monfalcone… e non solo quelli, andarono a Fiume e dove fu necessario per aiutare il regime comunista. In poche parole, la “fratellanza italo-slava fece sì che molti italiani che credevano nell’ideologia comunista dettata dall’Unione Sovietica, si trasferissero con la famiglia tutta nella nascente Jugoslavia.”

I Fratelli di Tasso: “Vorresti dire che quasi tutti i fiumani scapparono dalla città e altri italiani andarono a lavorare a Fiume accolti a braccia aperte dagli invasori? Ma come fu possibile una tale assurdità?”

Tasso: “Fece parte della componente “indefinibile” gestita dal trio degli Umani “Togliatti, Tito e Stalin”. Togliatti, che aveva soggiornato a lungo in Unione Sovietica e conosceva bene Stalin, riuscì a convincere i buoni comunisti d’Italia ad andare assieme a tutta la famiglia a dare una mano al “fratello di sconcezze” Tito che si trovava a mal partito dopo aver trucidato e scacciato quegli italiani che avevano capito quanto fosse ipocrita la “fratellanza italo-slava”. Quello che accadde dopo fu semplicemente di grande tragicità; ve lo racconterò un’altra volta… perché ne vale veramente la pena.”

Alessandro: “È vero, la pagina dei “Monfalconesi” è una pagina veramente grottesca. Di Fiume ci sarebbe sicuramente ancora molto da dire. Due particolari possono essere interessanti. Uno veramente grottesco riguarda un certo Angelo Adam che era stato internato nel campo di concentramento di Dachau. Alla fine delle vere ostilità, dopo la capitolazione della Germania, lui ritorna a casa, sicuramente felice di essere di nuovo libero e sicuramente con positivi progetti per il futuro. Il ritorno a casa è piuttosto amaro, perché trova l’esercito di Tito e viene fatto scomparire insieme alla moglie e alla figlia… anche lui era un “nemico del popolo”. Ogni assassinio rattrista, ma questo in modo particolare… anche perché non esiste alcun rispetto nei riguardi di nessuno.

Ci sono poi le Poste Italiane che, sinceramente non capisco, spinte da quale politico o desiderio di giustizia, emettono nel 2007, un francobollo che ricorda agli italiani che FIUME faceva parte dell’Italia.

 

FIUME – Palazzo del Governatore

Interessante il fatto che l’emissione di questo francobollo fece irritare il Governo croato, per cui, sicuramente non conosceremo mai la verità, l’emissione fu rimandata dal 30 ottobre al 10 dicembre.

Tasso: “Mi fa accapponare la corteccia quello che hai raccontato dell’Umano Adam. È ugualmente surreale la storia dei Monfalconesi. Ce la racconteremo un’altra volta. Vedo che ti stai alzando; penso tu debba andare.”

Alessandro: “Esattamente. Vedo che sta arrivando il Bus che mi porterà a casa. Verrò presto a trovarvi.”

IL BUS DI ALESSANDRO

Tasso, Rotonda e I fratelli di Tasso: “Ciao Alessandro, ti aspettiamo.”

 

 

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Registrazione del 15 dicembre 2017

Personaggi:
Alessandro, Panchina Rotonda, Albero Tasso e I Fratelli di Tasso.

 

Alessandro: “Ciao Rotonda, posso sedermi?”

Panchina Rotonda: “Ma che domanda… sono qui apposta perché le chiappe degli Umani possano sedersi, ma, se devo dire proprio la verità… tu sei il preferito. Non sopporto gli Umani che fanno salire i cani. Noi siamo qui per le chiappe umane. Dimmi piuttosto, come stai e, come mai sei qui?”

Alessandro: “Volevo chiacchierare un po’ con te, con Tasso e coi suoi fratelli. M’interessava conoscere un po’ di più di quanto accadde in Istria e in Dalmazia dopo il 1943.

Rotonda: “Penso che siano tutti disponibili. Sai, qualche volta si assopiscono… li chiamo e non rispondono; forse è l’effetto dell’età. Ho l’impressione che ti abbiano captato.”

Albero Tasso: “Ciao Alessandro, come stai? Ti ho sentito, ma ero, come si dice, sovrappensiero. Qual buon vento…?”

Alessandro: “Ti ricordi che un po’ di tempo fa avevamo parla della provincia di Lubiana e delle “malvagità” perpetrate dagli italiani? Ecco che oggi m’interesserebbe approfondire le spietatezze messe in atto contro l’italica gente dell’Istria e della Dalmazia.”

Tasso: “Il capitolo è quasi infinito. A quei tempi, anni ’40, arrivarono a me notizie terribili… anche da Fiume. Credo che, potrebbe già essere smisurato prendere in considerazione ciò che accadde a Zara… quella gran bella città, quasi una piccola copia della Serenissima, che ne subì, di scelleratezze, a non finire.”

Alessandro: “Mi ricordo che da bambino si parlava di Zara. Quando si mangiava la “macedonia di frutta” ci si metteva un pizzico di Maraschino… che lo facevano a Zara. E poi sentivo dire che era una piccola provincia al di là nell’Adriatico.”

Una bottiglia del mitico Maraschino

Tasso: “È vero. Il Maraschino era molto famoso… e veniva esportato in tutto il mondo. Le bottiglie erano tipiche con tutt’attorno la paglia… quasi come i fiaschi di Toscana… senza pancia però. Tu ricordi il liquido che veniva aggiunto alla Macedonia. Pensa che i produttori e proprietari della distilleria fecero una brutta fine… Nicolò Luxardo e la moglie Bianca furono buttati in mare, non si sa bene se furono uccisi a colpi di remo o se annegarono perché fu loro attaccata al collo una pietra. Anche l’Umano Pietro Luxardo scomparirà e di lui non si saprà più nulla.”

Alessandro: “Chi li ammazzò, se furono ammazzati?”

Tasso: “Quasi sicuramente furono i “titini”, i partigiani di Tito che irruppero ufficialmente in città il 1° novembre 1944 e diventarono padroni della città. Questo però è da considerare il gran finale della città. Il dramma cominciò molto prima, quando la popolazione italiana c’era ancora tutta.”

Rotonda: “Cosa vuol dire che c’era ancora tutta.”

Tasso: “Vuol dire che non era ancora accaduto nulla di terribile a turbare la vita degli zaratini. Tutto cominciò quel famigerato 8 settembre del 1943 quando il capo del Governo italiano Maresciallo Pietro Badoglio annunciò via radio la resa dell’Italia. Da quel momento l’Italia non era più l’alleato dei nazisti ma, almeno nel nord e nel Centro Italia, aveva un esercito allo sbando… sbando nel vero senso della parola. Ne approfittò l’esercito del Terzo Reich che diventò nemico dell’Italia e s’apprestò a invadere tutto quello che poteva… invase anche Zara.

UN TIPO DI SOPRASTAMPA SU UN FRANCOBOLLO DEL REGNO D’ITALIA CHE RECA L’EFFIGE DEL RE VITTORIO EMANUELE III

Alessandro: “Fu in quell’occasione che soprastamparono in tedesco i francobolli italiani.

 

Tasso: “Tu che ti diletti di francobolli!”

 

Alessandro: “Ricordo che da bambino vidi per la prima volta quei francobolli perché il papà di un mio amico li aveva comperati per sé… e sembrava fossero una rarità. Io non ne ho mai posseduto.

 

ALTRO TIPO DI SOPRASTAMPA

 

Ora però, a parte la passione filatelica, penso che dovrebbe essere importante sapere che, a quei tempi accaddero, proprio a Zara delle scelleratezze terribili… particolarmente per i civili.”

Tasso: “Prima che Tito s’impossessasse definitivamente di Zara, non è ancora perfettamente chiara la ragione per cui la città dovette subire dei folli bombardamenti.”

Rotonda: “Chi bombardò la città?”

Tasso: “Gli Anglo-americani.”

Rotonda: “Vuol dire che era strategicamente importante.”

Tasso: “Non particolarmente. Faceva gola a Tito.

Alessandro: “Ma com’era possibile? Zara era italianissima sotto tutti i punti di vista. Fece parte della Repubblica di Venezia dal 1409 al 1797 anno della caduta della Repubblica per mano di Napoleone; dopo varie traversie che vide Zara sotto la dominazione degli Asburgo, la città venne a far parte del Regno d’Italia dopo la Prima Guerra Mondiale. Secondo lo storico Arrigo Petacco (L’ESODO – Oscar Mondadori) Zara era: “Un fazzoletto di terra proteso sul mare, compatta nella sua architettura veneta divisa fra calli e campielli, non era né una base navale, né una fortezza militare…

Tasso: “Pensa che Tito, d’accordo con Stalin voleva prendersi anche Trieste… ma di Trieste parleremo in un’altra occasione. Tornando ai bombardamenti su Zara, la componente allucinante è che ci furono ben 54 bombardamenti che rasero al suolo la città e ci furono almeno 4000 morti fra i civili… di fronte a una popolazione di 22.000.”

Alessandro: “Fu quindi un’inutile carneficina…”

Tasso: “Si potrebbe dire che non fu inutile perché la maggior parte degli italiani sopravvissuti ai bombardamenti scappò e cercò di rifugiarsi in Italia, e ai titini fu possibile impadronirsi della città.”

Alessandro: “Ma non fu l’unica carneficina “gratuita” in Europa.”

Tasso: “Alludi al bombardamento su Dresda?”

Alessandro: “Non solo a quei terribili bombardamenti su quella bella città, ma anche ai bombardamenti su quella perla del nord di nome Lubecca.

Tasso: “Sì, l’ho sentito dire, Lubecca è una città stupenda… è una città della Lega Anseatica. Fu bombardata il 28 marzo 1942, ma non perché fosse strategicamente importante, ma, per deprimere psicologicamente la mentalità tedesca che, seguendo Hitler credeva proprio che la Germania fosse “über Alles”. Intanto morirono 312 persone”

Rotonda: “Bombardando una bella città hanno ucciso tanta gente per “disturbare” psicologicamente il popolo tedesco? Ma come si fa a ragionare così?”

Tasso: “Cara amica, la guerra è guerra e sembra che potrebbe essere tutto lecito… a me però sembra che non ci sarebbe niente di male se si riuscisse ad essere un pochino… anche se quasi niente… onesti. Distruggere e uccidere tanto per… mi sembra da scellerati o semplicemente demenziale. Ma tu Alessandro, sei già stato a Lubecca?”

Alessandro: “Sì, ben due volte; la prima volta nel 2007… era però dal 1965 che avrei voluto visitare quella città.”

Rotonda: “Come mai proprio dal 1965 e… a Lubecca?”

Alessandro: “Mi chiedi perché avevo deciso di andare a Lubecca? L’avevo pensato già molto tempo prima quando, in cerca di avventure e lavoro, poco più di 60 anni fa, mi ero avventurato nel sud della Svezia. Ero partito coll’intenzione di trovare un posto di assistente anestesista nell’ospedale di Lund. Non è che mi interessasse particolarmente la scienza svedese; sapevo sì che gli svedesi erano all’avanguardia, ma, trascinato da chissà quali energie, il nord significava per me qualcosa di particolare. Non è che amassi il freddo, anzi ho sempre amato particolarmente il caldo dell’estate. I paesi del nord avevano per me un lusinghiero richiamo. Certo una ragazza bionda poteva avere anche lei il suo fascino particolare, ma non era quella la ragione del mio viaggio. Partii con mio fratello maggiore e con la mia amata Alfa Romeo Giulietta ti.

Rotonda: “Il tuo viaggio iniziò qui da Lugano?”

Alessandro: “No no, a quei tempi abitavo e lavoravo in un ospedale vicino a Zurigo.”

Rotonda: “Quindi viaggio leggermente più corto.”

Tasso: “Cos’è questo divagare? Ci dici che volevi andare in Svezia, ma non perché ti era venuta voglia di andare a Lubecca.”

Alessandro: “Un po’ di pazienza; perché, proprio durante quel viaggio, sull’autostrada verso Puttgarden, mi trovai a leggere la “deviazione” per Lubecca. Di Lubecca non sapevo proprio nulla, sapevo solo che era una città della Lega Anseatica, ma non sapevo altro; eppure, proprio in occasione di quel viaggio, pochi chilometri prima di caricare la Giulietta sul traghetto che ci avrebbe portati in Danimarca, lessi l’indicazione Lübeck… che non dimenticai… fino al 2007.

Rotonda: “E allora, cosa ci dici di Lubecca?”

Alessandro: “Posso dirvi che, finalmente nel 2007, utilizzando le ferrovie tedesche, partii finalmente per Lubecca. Era estate; quando arrivai, la temperatura era buona e non pioveva. Benissimo e bellissimo fu il momento in cui vidi quella meravigliosa costruzione… l’Holstentor.

L’HOLSTENTOR

Rimasi un paio di giorni a Lubecca, mi accorsi che era una città a misura d’uomo dove non solo era possibile assaporare magnifiche opere architettoniche, ma anche prelibatezze per il palato e per chi ama il marzapane.

Durante il mio bighellonare per la città, mentre ammiravo con gioia quanto mi circondava, fui più volte un pericolo per i ciclisti che pedalavano giudiziosamente sulle piste ciclabili… che invadevo distrattamente.

UN VECCHIO FRANCOBOLLO DA 2 MARCHI DELLA GERMANIA OCCIDENTALE RAFFIGURANTE L’HOLSTENTOR.

Mi piacque vedere il canale che circonda la città e curiosare in cortili circondati di accoglienti casette e tanto verde… quasi come non si fosse nel centro di una città. Una gentile e anziana signora che aveva compreso il mio desiderio di intrufolarmi a guardare tanta bellezza degna di una favola, mi disse in ottimo tedesco di entrare pure e di rimanere quanto desideravo.

Il mio modo di fare il turista non era dei più intelligenti. Mi piace e mi piacque andare un po’ all’avventura, senza prepararmi prima più di quel tanto. Non sapevo neppure che quella città fu bombardata in un modo così ignominioso… anche se molti suoi cittadini amavano Hitler. Trovai una piccola guida nell’Ufficio Informazioni della città e questo mi fu più che sufficiente per godermi la città. Rimasi infatti piuttosto affascinato quando inaspettato mi si parò davanti agli occhi il RATHAUS… così… semplicemente bello.

RATHAUS DI LUBECCA.

Ma non è questa la componente più importante del nostro discorso cominciato con la barbarie distruttiva… tanto per distruggere e ammazzare Esseri Umani. Entrai nella MARIENKIRCHE e trovai… e fotografai lo scempio di quei bombardamenti.

I PANNELLI CHE RICORDANO LA DISTRUZIONE DELLA MARIENKIRCHE

Rotonda: “Da questa foto però non si vede molto.”

Alessandro: “Hai ragione. Nella foto in mezzo si vede però la chiesa che brucia. Ora l’hanno tutta ricostruita, forse più bella di prima.”

Tasso: “Hai detto che ci sono anche delle buone cose da mangiare? per voi Umani naturalmente… non credere però che le nostre radici non sappiano distinguere quello che per noi è buono o no.”

Alessandro: “Sì, c’è una rinomatissima pasticceria che fa delle torte veramente uniche… e a far da padrone è il marzapane. Là mangiai un boccone e, per finire mi fu possibile scegliere una fetta di torta. C’era proprio la difficoltà di scegliere. Che buone!”

Tasso: “Perché buone?”

Alessandro: “Perché dopo la prima fetta mi sentii obbligato a sceglierne una seconda di un tipo diverso… altrettanto ottima.”

I Fratelli di Tasso: “Ma guarda guarda; è un po’ che vi ascoltiamo. Avete cominciato a parlare di Umani morti ed ora parlate di torte col marzapane? Cercate di tornare ad essere seri. Dopo Zara avete accennato alla città di Dresda. Vorremmo saperne di più.”

Tasso: “Cari fratelli, avete ragione. Dresda è una gran bella città che, ha subìto una serie di terribili bombardamenti… e, potremmo dire inutili, perché verso la fine del conflitto mondiale… cioè nel febbraio del 1945.”

Rotonda: “Ma un bombardamento non è sempre terribile?”

Tasso: “Certamente, tanto più che è una di quelle manifestazioni in gli Umani, pur di riuscire a primeggiare, non guardano in faccia a nessuno e sopprimono ogni forma di vita esistente.”

Rotonda: “Anche nel bombardamento su Dresda si voleva primeggiare?”

Tasso: “In questo caso s’intendeva contrastare una Nazione che voleva, a tutti i costi, primeggiare… anche dal punto di vista razziale. Bisogna però dire che quei terribili bombardamenti dal 13 al 15 febbraio, fecero della città qualcosa come un cumulo di cenere, che bruciò per “troppo” tempo e in modo esagerato. Si pensi che in 3 giorni, centinaia di aerei britannici e statunitensi scaricarono sulla città più di 4000 tonnellate di bombe, fra cui moltissime bombe incendiarie. Quest’accanimento produsse degli incendi tali, chiamati “tempeste di fuoco”, per cui altissime temperature fino a 1500° crearono correnti d’aria capaci di “aspirare” gli Umani nel rogo.”

Rotonda: “Chissà quanti Umani morirono.”

Tasso: “Sì, ne morirono veramente molti… tanto più che, essendo stata Dresda praticamente immune da bombardamenti, in quella città c’erano molti “sfollati” da altre parti della Germania. Furono fatte numerose stime circa il numero di Umani morti; pare però che si possa dire che non furono meno di 135.000. La città, considerata per la sua bellezza la Firenze del nord, non essendo assolutamente importante dal punto di vista strategico, aveva ospitato molti vecchi, donne e bambini di altre località…”

I Fratelli di Tasso: “Tu vorresti dirci che gli Angloamericani riuscirono ad ammazzare, in un paio di bombardamenti, ben 135.000 persone… la maggior parte civili?”

Tasso: “Proprio così. La componente più raccapricciante è che non ci fu un unico bombardamento, ma 3 bombardamenti, un giorno dopo l’altro, che, non solo presero alla sprovvista l’inerme popolazione, ma sorpresero tutti quei poveretti che, non ancora morti cercavano di portare soccorso a chi aveva sofferto a causa del bombardamento del giorno precedente.”

Rotonda: “Ma forse era questo l’unico modo per far sì che i tedeschi si arrendessero?”

Tasso: “Assolutamente no, perché per l’esercito tedesco le cose andavano già molto male e la disfatta era vicina. Non dovete dimenticare che siamo nel mese di febbraio del 1945 e che di lì a 3 soli mesi ci fu la conquista di Berlino… anzi meno di 3 mesi dato che la resa incondizionata del Terzo Reich avvenne l’8 maggio 1945.”

Rotonda: “Quindi anche quella di Dresda fu un’inutile carneficina.”

Tasso: “Non solo, ma, se si considerano anche i danni materiali e il consumo di energie da parte delle Forze Alleate, oltre ad essere stato un atto criminale, fu anche un pessimo affare… dal punto di vista semplicemente economico. Comunque sia, questa non fu l’unica occasione nella quale gli Umani dimostrarono la loro componente aggressiva, nonché stupida, sì, proprio stupida verso i loro simili.

Ma tu Alessandro che ascolti in silenzio, cosa ne dici?”

Alessandro: “Indipendentemente dal fatto che in certe situazioni la guerra sembra indispensabile, e in questo caso credo che lo fosse, penso che certi bombardamenti non possano essere giustificati.

Da “Storia Illustrata”

Mi sembra di aver letto in passato che il “possente” bombardamento su Dresda avrebbe dovuto dimostrare a Stalin quale era la capacità “economica” degli Alleati. Questo avrebbe dovuto “intimorire” i Sovietici a guerra finita, e in previsione della “Guerra Fredda” che si stava profilando all’orizzonte.”

Tasso: “Mi sembra un po’ azzardato.”

Alessandro: “Sembra anche a me. Tutti quei morti, che secondo alcuni avrebbero potuto essere addirittura 300.000, non giustificano. Mi fa senso pensare che il 20 novembre dello stesso 1945, le potenze vincitrici, quindi anche i sovietici, processarono i capi dei nazisti che riuscirono a catturare, e una parte fu giustiziata. Quegli stessi che ordinarono il massacro di Dresda… dove trovarono la distruzione esseri umani e opere architettoniche, si sentirono all’altezza di giudicare dei loro simili che li imitarono… anche se in modo diverso… ma sempre in modo crudele. Certo che il modo con cui furono “eliminati” molti ebrei è raccapricciante, però non è meno ripugnante il modo con cui sono stati “assassinati” in quella città moltissimi civili inermi e indifesi.

Quando, fra 2001 e il 2002 andai a Dresda con un viaggio organizzato, non sapevo assolutamente che, proprio là, nel febbraio del 1945 fosse accaduto il finimondo; sapevo solo che quella città fu, per molto tempo, alla mercé della volontà sovietica. ”

Rotonda: “Non hai un francobollo che ci “parli” di Dresda?”

Alessandro: “Ne ho solo uno che posso mostrarvi, e poi, ho fatto una piccola ricerca e ho trovato più di un francobollo… ma ve li farò vedere un’altra volta… anche perché abbiamo cominciato a parlare di Zara e siamo arrivati a Dresda. D’altra parte, se si parla di Dresda o di Lubecca, si può parlare anche di questa “veneziana” perla dell’Adriatico distrutta mostruosamente assieme a molti suoi abitanti solo ed esclusivamente per odio e avidità territoriale. Detto per inciso, il giornalista zaratino Enzo Bettiza disse che Zara era la Dresda dell’Adriatico.”

Rotonda: “Cosa rappresenta questo francobollo?”

UN PARTICOLARE DELLO ZWINGER DI DRESDA su un francobollo della Germania.

Alessandro: “ È un particolare dello “ZWINGER” che è uno dei principali monumenti della città. È un palazzo con giardini in stile barocco costruito all’inizio del 1700.

Durante quei terribili bombardamenti, quel complesso barocco fu quasi totalmente distrutto. Non rimase praticamente nulla… e fu quasi completamente ricostruito.

Dal momento che è nostra intenzione terminare la nostra chiacchierata su quanto accadde a Zara, potremo parlare un’altra volta di quanto c’era e c’è di bello da vedere a Dresda e mi farà piacere raccontarvi qualcosa anche del viaggio che feci a cavallo fra il 2001 e il 2002… anno in cui entrò a far parte di molti di noi l’Euro. Ora voglio farvi vedere com’era lo Zwinger prima e dopo i bombardamenti:

 

 

Zwinger dopo i BOMBARDAMENTI

Zwinger oggi.

È possibile vedere nel centro, anche se non perfettamente identico, il particolare del francobollo.

Tasso: “Chissà quanto fu distrutto di quella sicuramente stupenda città… se considerata la Firenze del nord. Per quanto riguarda Zara, è interessante sapere che, fu, praticamente da sempre, dapprima della Repubblica di Venezia e, dopo la Grande Guerra, italiana. Era capoluogo di Provincia… una piccola provincia di cui facevano parte alcune isole distanti circa 200 chilometri. Quello che può interessare è che conservava le vestigia della Serenissima; a Zara oltre che dal punto di vista architettonico, era possibile vedere frequentemente il Leone di San Marco.

Rotonda: “Perché ci dici questo?”

Tasso: “Perché, quando, dopo i continui bombardamenti delle forze aeree alleate, la maggior parte dei cittadini italiani cercarono scampo in Italia e le Forte titine poterono spadroneggiare, la prima cosa che si sentirono in dovere di fare fu di distruggere le vestigia veneziane, e, in particolare i Leoni Alati simbolo di Venezia.

PORTA TERRAFERMA

Questo Leone marciano, bellissimo, fu restaurato… ma dopo… quando i croati si accorsero di aver fatto uno scempio di tante bellezze.

Alessandro: Abbiamo detto che Zara fu una delle tante province italiane… credo la più piccola, con tanto di targa, ma che, come conseguenza dell’ingordigia dei Governanti del tempo, divenne molto più grande… ma per poco tempo, solo dal 1941 al 1943. In concomitanza coll’ingrandimento della provincia di Zara, fu creata anche la provincia di Sebenico. Dopo il famigerato 8 settembre del 1943, a comandare sulla Dalmazia fu l’esercito tedesco e il territorio della provincia ritornò ad essere piccolo come prima. Ci pensarono poi i 54 bombardamenti a decretare la fine della città.

UNA TARGA DELLA PROVINCIA DI ZARA

 Rotonda: “Perché, cari Tasso e Alessandro trovate importante ricordare certe tragedie del passato?

Tasso: “Io sono vecchio… almeno molto più vecchio di voi e, posso avere molti collegamenti con tanti miei simili anche di specie diverse. Molti alberi, come me, hanno sofferto moltissimo a causa degli Umani e, non solo, si sono anche empaticamente angosciati verso gli Umani. Più volte ho dovuto pensare che se gli Umani non si ammazzano un po’ fra di loro sembra che non siano contenti… ma noi ci affliggiamo.

Per rispondere alla tua domanda posso solo dirti che, da quando è finito il Secondo terribile Conflitto Mondiale, s’è parlato moltissimo delle scelleratezze dei nazisti e dei Campi di sterminio che hanno visto morire molti ebrei, ma ci si è quasi dimenticati di certi momenti storici in cui innocenti Umani hanno perso, anche in modo atroce, la vita. Anche se fosse stato solo uno, varrebbe la pena ricordarlo, ma in molti casi, parlo solo dell’ultima guerra, sono stati molti, anzi moltissimi… e nella maggior parte dei casi i colpevoli sono rimasti impuniti se non osannati.

Voi Umani pensate che noi alberi siamo insensibili. Quando un Umano perde conoscenza e giace su un letto, voi dite che è come un vegetale; ma ogni vegetale, non lo dovete dimenticare, è vivo e sa soffrire e sa anche sacrificarsi in favore del mondo animale. E poi, non posso dimenticare le grandi sofferenze che procura a noi l’Umano che, per togliersi la vita, si appende a un nostro ramo. Lui soffre prima e dopo… perché s’è arreso… e non bisogna arrendersi… salvo casi eccezionali.

Sempre per rispondere alla tua domanda, noi stiamo ricordando fatti terribili e inconsueti, dove un popolo desideroso di riscossa, come il popolo jugoslavo, in particolare sloveno e croato, per riprendersi ciò di cui aveva diritto e per prendersi ciò che non gli competeva, si lasciò andare alle più orripilanti manifestazioni di malvagità… non solo qui a Zara, ma anche e particolarmente a Fiume e in Istria. E credo che sia sbagliato continuare ad ignorare, nello stesso modo come è sbagliato che gli italiani non sappiano di Lubiana, dei campi di concentramento di cui abbiamo parlato l’altra volta e di certe stragi fratricide operate da certi partigiani d’Italia tipo la “Strage di Portus… che affronteremo un’altra volta.”

Rotonda: “Ho capito perfettamente. Ok ricordare le malefatte dei nazisti, ma non dimenticare altre malefatte apparentemente giustificate dalla guerra. Ho capito bene?”

Tasso: “Hai capito benissimo.”

I fratelli di Tasso: “Abbiamo ben capito anche noi, ma ora siamo stanchi. Ci racconterai un’altra volta di quanto ancora accadde a Zara, ma, soprattutto vorremo sapere di Fiume, dell’Istria e di Pola. Anche Alessandro è stanco.”

Alessandro: “Già, già. Ora vi lascio… a presto e grazie. Mi piace stare con voi.”

Tasso e Rotonda: “Ciao Alessandro.”

 

 

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