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Archive for the ‘Libertà’ Category

 

 

Sì, sono in molti a sapere quali sono le incombenze di genitori responsabili. Prima ancora dell’età scolara, molti bimbi vogliono trovarsi adeguati a quanto circola intorno a loro. Ancora prima di andare a scuola, ogni bimbo che va a spasso coi genitori gradisce trovarsi sulle spalle uno zainetto.

 

Zainetti a Zurigo… Coop City.

 

Però, per arrivare ad essere genitori “responsabili”, sappiamo tutti che, oltre alla necessità di essere in due, proprio per il desiderio di essere responsabili si desidera fare le cose bene.

Prima si può arrivare a conoscersi e, proprio per questo, qualche volta ci si trova amabilmente a cena, magari, come abbiamo visto a lume di candela.

Più di una coppia ha preso la “grande decisione” durante o dopo una cena… più o meno romantica. La decisione “responsabile” prevede un matrimonio. Non è che senza matrimonio si sia meno responsabili, però, il matrimonio, quello vero con tutti i crismi della legalità, è un pochino anche come una buona polizza assicurativa… anche se non tutti sono d’accordo.

 

Comunque sia, se si convola a nozze, è quasi di rigore per lei un vestito bianco lungo, un velo e uno strascico più o meno lungo… con dei paggetti che lo reggono amorevolmente.

Lui, un tempo poteva addirittura essere con una tuba. Oggi è quasi di rigore un abito scuro… naturalmente giacca e cravatta. Lei avrà sicuramente delle scarpe bianche… che userà una volta sola… a meno che non abbia intenzione di convolare a nozze una seconda volta.

Scarpe bianche alla CARITAS di Lugano

Un tempo le spose arrivavano al giorno fatidico con un bel corredo. Non mi è dato sapere cosa avrebbe dovuto esserci esattamente. Mi sembra di sapere per certo che le lenzuola per il letto matrimoniale erano molto importanti… con le cifre però.

Oggi tutto è cambiato; non ci si sposa più, si convive, ci si divide i compiti o addirittura può succedere che “lei” vada a lavorare e “lui” facci il casalingo… a tutti gli effetti… anche così registrato all’anagrafe.

Lui fa tutto in casa… proprio come un tempo si pretendeva che facesse lei.

I tempi sono sicuramente cambiati; non si lavano più i piatti; in ogni economia domestica c’è una bella lavastoviglie nella quale si possono mettere oggetti super sporchissimi e quel fantastico “sapone” ben reclamizzato renderà brillante ogni pezzo.

Non si può però immaginare una cucina, o un angolo cottura senza teli da cucina o canovacci di ottimo lino.

Teli da cucina di puro lino a Klaipeda (Lituania)

Ce n’è di tutti i colori e per tutti i gusti…. Specialmente quando è necessario asciugare una qualche stoviglia un po’ delicata.

È quasi normale per una coppia appena sposata andare in viaggio di nozze.

Questo viaggio poteva essere molto importante, specialmente quando era decisamente “proibita” la convivenza prima del fatidico giorno. Era utile per “consumare” e per conoscersi… per imparare cosa vuol veramente dire vivere insieme. Oggi il viaggio di nozze s’è trasformato in una vacanza speciale… non sempre tale. Alcune volte è addirittura pagato da parenti e amici che, anziché regalare un oggetto, vengono sollecitati ad “offrire” denaro. L’importante è andare lontano… molto lontano; sarà perfetto potersi sorbire tante ore di aereo e mandare foto e Mail da sotto una palma vicino ad un mare bollente.

Oggi, senza conoscere la geografia, si va appunto molto lontano e non si conoscono le bellezze di “girato l’angolo”.

Potrà quindi diventare “in” andare in viaggio di nozze senza uscire dai confini della Patria e gustarsi un poco di quella gastronomia che la regione limitrofa può offrire.

Un bel posticino “colorato”, almeno per chi abita in Svizzera e non intende uscire dai confini della nazione, è questo:

APPENZELL

Quel giorno pioveva. Non ci fui come turista; ebbi però il tempo di godermi le case colorate come queste; si specchiavano nell’asfalto come se fosse un lago.

Queste erano e sono solo una piccola parte delle bellezze architettoniche che offre questa cittadina… capitale del Cantone Appenzello Interno.

Per chi ha o avrà dei bimbi, andando in giro per la città, potrà essere interessante quello che riescono a far fare ai bimbi delle scuole.

Ho trovato delle semplici panchine… di quelle che s’incontra volentieri se si cammina e si guarda… panchine colorate; frutto del “lavoro” dei bimbi delle scuole locali.

 

Come dicevo purtroppo quel giorno pioveva e non mi fu possibile sedere su una di quelle panchine.

È bello poter considerare come ogni scolaro abbia potuto colorare la propria mano a piacimento e poi lasciare la propria impronta non solo digitale su quella panchina dipinta di giallo… che poi il giallo sembra essere il colore che piace di più ai più veramente giovani.

 

 

 

 

Panchina N° 1 – MACCHIAMO DI COLORE

Panchina N° 2 – Ognuno ha scritto il proprio nome.

Non solo han voluto lasciare nome e impronta, ma hanno saputo disegnare una delle loro bellissime case con giustamente il verde della natura e, perché no… una chiesetta… forse a significare la cristianità per noi in Europa così importante.

A dirigere la pitturazione delle panchine c’erano sicuramente degli adulti… adulti intelligenti però, perché permisero un lavoro eseguito col punto di vista di un bimbo.

Come può un bimbo vedere un arcobaleno?

Molto grande se non immenso.

Panchina N° 3 – Mettiti tranquillo…

Lo scopo di una panchina è proprio questo.

Sì, perché, che ci sia davanti un bel panorama, la serenità di un lago, la maestosità di un mare che si perde all’orizzonte o un muro più o meno colorato, starsene seduti “tranquilli” su una panchina senza pensare o con pensieri sereni può solo essere positivo. Che poi, se si è su una panchina siffatta con colori gradevoli quasi come ci detta la natura, non può essere che produttivo… non solo per il corpo e i muscoli che “riprendono fiato”, quanto per la mente che pretende di rincorrere problemi e… soluzione di problemi più o meno giustificati.

Qualche volta i problemi sembra siano senza soluzione e il nostro cerebro s’arrovella in continuazione. Le meningi diventano roventi e il cranio rischia un deflagrante scoppio. Qualche volta c’è la risorsa… ce lo dicono i bimbi dell’Appenzell.

 

Panchina N° 4 – …MEDITA.

 Lo so, non è facile meditare, però, poco alla volta, lentamente, lasciarsi trasportare con lo spirito in un paesaggio idilliaco circondato dal verde equilibrante permette di liberare la mente, trovare la semplicità e arrivare alla soluzione.

Il paesaggio della panchina è proprio come quello che possiamo trovare tutto intorno a questa cittadina.

Si pensi un po’ un viaggio di nozze alla scoperta di una cittadina quasi d’altri tempi e di una natura tranquilla e rilassante senza piscine megagalattiche e serate alle ore piccole in locali altisonanti. Chissà! Ma non è di moda.

Io ci sono arrivato in treno, e in treno sono ripartito. Nel frattempo smise di piovere e, proprio dal treno mi fu possibile fotografare quel verde meraviglioso, quel cielo tendente all’azzurro e le casette modello presepe.

Così è una parte della Svizzera… molto bella e pittoresca… che molti treni riescono a farci vedere con serenità… non troppa a causa delle tariffe esagerate.

Ecco che dal finestrino ho fissato un angolo del paesaggio che si rivela molto simile a quello della panchina n° 4.

 

Dal treno… manca solo la chiesetta.

Non si può parlare di Appenzell senza rammentare un paio di pezzetti colorati chiamati comunemente francobolli.

 

Francobollo del 1968 – Chiesa di San Maurizio

Questo francobollo fa parte di una serie dedicata ai vari monumenti più o meno importanti delle varie città svizzere. Nel 1982 ci fu l’emissione dedicata allo Zodiaco. Ogni costellazione aveva un corrispettivo. Nel francobollo da 1.60 sono l’illustrate alcune delle bellissime case di Appenzell.

 

 

 

 

 

 

Francobollo svizzero del 1982

Anche il timbro merita due parole. Non è colorato, ma ben disegnato. È di un paesello sul lago di Zug… poco lontano da Zurigo.

Il ritorno a casa dopo un viaggio di nozze in tutta serenità, potrà permettere di ricordare le atmosfere semplici di giornate vissute nella calma.

Che fare per rendere oltremodo positivo quel viaggio non altisonante?

 

Mettere insieme in un bell’album le fotografie fatte… e scrivere con penne colorate… come quelle acquistabili a Lugano.

 

L’album con le fotografie e delle belle didascalie di vari colori ha due funzioni.

La prima è chiara… mettere uno o più avvenimenti in bella vista dentro un album di piacevole fattura che può essere visto da chi passa da quelle parti o da chi desidera rendersi conto quale potrebbe essere stato quel viaggio.

Un’altra funzione, ben collaudata, è ad uso dei protagonisti inseriti nell’album stesso. Qualche anno dopo, o anche molti anni dopo quel fatidico “sì” potrebbe esserci qualche momento non proprio idilliaco fra lui e lei; una terapia, se c’è buona volontà, è quella di sfogliare insieme l’album… rivivere con la mente quei momenti e ri-prendere atto che c’era un grande amore che potrà essere coltivato come se fosse un orticello. Sfogliare l’album delle vite che si sono messe insieme può rimettere in moto quel “motorino” che sembrava assopito per mancanza di lubrificante; l’album può essere come una goccia d’olio che permette agli ingranaggi di girare bene… con l’entusiasmo ritrovato.

Penne di tutti i colori a… Lugano.

I colori sono belli e, aver avuto una vita colorata è ancora più bello.

Se poi, ai colori della vita, aggiungiamo i colori indossati in giornate fredde, c’è solo l’imbarazzo della scelta… lana, lane e lana ancora.

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LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

 

 

Non sempre leggo e non sempre condivido quello che sta scritto su questo blog

 

https://ilsimplicissimus2.com/2020/05/02/i-talk-show-dei-cardinal-bellarmino/

 

Quanto riporto qui di seguito dovrebbe farci pensare:

 

“Eppure in questo 2020 abbiamo potuto sperimentare in pieno la “normalizzazione” e dogmatizzazione della scienza che divenuta nuova religione, pretende non solo di controllare una verità che peraltro non conosce e che per definizione è in divenire dialettico tra le ipotesi, ma anche di prestare anche la propria autorità alla censura delle opinioni non gradite alle elite. Insomma non incarna più  Galileo, ma il cardinal  Bellarmino con in più i media di massa e i talk show. Anzi peggio perché è diventata ancella del potere e dei poteri economici  dai quali dipende ormai strettamente in tutti i settori e in tutti segmenti e filiere in cui può essere suddivisa . E così cerca in maniera grossolana e anche attraverso la manipolazione dei dati o semplicemente attraverso la loro confusione di tenere in vita la  narrazione della pandemia che è servita alle elite per scatenare  la tempesta perfetta, ormai inevitabile, ma che provocata artificialmente e in modo controllato evita di pagarne  lo scotto e anzi manda al macero la democrazia e la libertà.  Sarebbe intollerabile anche se si trattasse di qualcosa di davvero letale e non di una sindrome influenzale pantografata fino all’inverosimile per raggiungere alcuni scopi precisi che servono per i decenni futuri: la vaccinazione universale con annessa schedatura biologica, il controllo della popolazione attraverso gli strumenti informatici e il dominio finale e incontrastato della tecnocrazia.”

Ormai i miei decenni sono talmente limitati per cui, con certezza quasi matematica, non potrò arrivare al secondo. Con certi scenari, sono però molto in crisi se penso ai miei figli, ai miei nipoti e a quella moltitudine di persone oneste, che, malgrado tutto sono state portate a credere ogni mossa di certi personaggi… loschi?

Conosco un poco la storia del Cardinale Bellarmino… per la Chiesa Cattolica santo. Ne scrissi nel 22° capitolo del mio libro, e l’introdussi con bel francobollo; faceva parte dell’Inquisizione Romana… che, fra l’altro, bruciava vivo chi la pensava in modo diverso… apparentemente sbagliato; uno di questi fu Giordano Bruno.

Francobollo italiano del 2006

 

Il bel francobollo… mi piace molto… commemora il fondatore della Compagnia di Gesù della quale faceva parte il Cardinale Bellarmino.

 

Oggi, chi la pensa in modo diverso, viene messo a tacere, ovvero, si cerca di fare in modo che possa essere ascoltato poco o… troppo poco perché possa aver successo.

 

Io ancora non so a chi devo credere. Mi basterebbe conoscere la verità: Perché veramente è morto Tizio, quanti erano i morti precedentemente veramente sani e quanti, fra i morti, non erano stati vaccinati… “contro” l’influenza.

 

So per certo che non potrò saperlo mai, e, nello stesso modo come non potrò saperlo mai io, non potrà saperlo mai neppure quella moltitudine di “benpensanti” che ora va a spasso titubante per la strada… con la mascherina e… guardando con sospettosa occhiata chi ha occasione di incontrare.

 

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CRESCITA?… MEGLIO ZERO? 2

 

S’era detto che spedire una lettera da Lugano a Lugano significa far viaggiare un oggetto per almeno 60 chilometri quando la distanza fra l’impostazione e il punto di recapito è qualche centinaio di metri; troppo?

 

Ebbene, l’altro giorno, mi recai in Italia, in Provincia di Varese (esistono ancora le Province?) a Lavena Ponte Tresa. La cittadina confina con la Svizzera, col comune di Ponte Tresa. Ad un paio di centinaia di metri dalla frontiera c’è l’Ufficio Postale di Poste Italiane.

UFFICIO POSTALE DI LAVENA PONTE TRESA.

Dovevo inviare un paio di raccomandate; ne approfittai per spedirmene una e verificare con garanzia matematica con quale ecologico entusiasmo si comportano tanto le Poste d’Italia quanto quelle di Svizzera.

Detto fra parentesi, la posta svizzera si fregia di una scritta “PRO CLIMA” per sventolare a tutti l’interesse verso il Pianeta Terra.

La raccomandata fu spedita il 2 ottobre 2019 e arrivò a Lugano il 5 ottobre.

Abbastanza veloce… 3 giorni, se si pensa che da Lavena Ponte Tresa a Lugano… in linea d’aria ci sono 8 chilometri.

Da Lavena Ponte Tresa (Italia) a Lugano (Svizzera)… 8 chilometri.

È necessario però prendere in considerazione il “grande viaggio” che fece questa lettera… turisticamente parlando… quasi impagabile.

LA LETTERA RACCOMANDATA da LAVENA PONTE TRESA (VA) a LUGANO.

Per prima cosa la lettera fu spedita a Milano… primi 62 chilometri (in linea d’aria).

 

LA LETTERA RACCOMANDATA da LAVENA PONTE TRESA (VA) a LUGANO.

 

Da Milano fu spedita a Zurigo… 217 chilometri (sempre in linea d’aria).

Da Milano a Zurigo (Svizzera))

Infina… Da Zurigo finalmente a Lugano… 154 chilometri.

 

Da ZURIGO A LUGANO

 

In totale, questa lettera, per essere recapitata all’ufficio postale di Lugano fece ben 433 chilometri… in linea d’aria.

Quindi, per compiere gli 8 chilometri, ne ha compiuti ben 425 in più… evviva il PRO CLIMA delle Poste Svizzere.

 

Non credo però di poter dire “Brave” alle Poste Italiane. Se infatti io imbuco una lettera nella buca dell’ufficio postale di Lavena Ponte Tresa… indirizzata a Lugano, la lettera andrà prima a Milano (62 chilometri), e da Milano, non so se viene spedita direttamente a Lugano, o se va addirittura fino a Zurigo per essere poi dirottata a Lugano.

Se viene dirottata direttamente a Lugano, la lettera viaggia per 125 chilometri anziché 8… e non mi sembra ecologicamente da virtuosi.

 

Naturalmente, per far le cose bene, e cioè comportarsi ecologicamente, ci vuole un po’ più di personale… ne varrebbe la pena? È giusto diminuire sempre di più il personale per fare sempre di più utili?

Questa è “LA CRESCITA?”

Quanto ho scritto e documentato sembra banale o addirittura stupido.

“Per una lettera è il caso di fare tanto rumore e consumare così tanta energia?” mi si potrebbe chiedere.

“Risponderei: “Ma non è con le piccole cose che si possono fare le grandi cose?”

 

Ma perché la crescita deve essere una maledizione per il Genere Umano?

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COLORI 5

 

Ho menzionato le scarpe di cioccolato…

Non sono scarpe vere da mettere ai piedi… no… altrimenti si scioglierebbero, però, sembrano scarpe vere. Le vidi in vetrina anni fa alla Rinascente di Milano.

MILANO – LE SCARPE DI CIOCCOLATO

Sono solo scarpe femminili… e sono di tutti i colori con fiocchetti vari e tanta fantasia.

Non so perché hanno attirato la mia attenzione ; non m’è neppure venuto il desiderio di acquistarne una.

Ho trovato interessanti i colori e il fatto che si potrebbe « mangiare una scarpa »… mangiare una scarpa che, per antonomasia è sporca… sempre sporca. Raramente una scarpa è pulita… solo quando è proprio nuova… anzi nuovissima.

Mi sovviene un quasi modo di dire che ebbi occasione di sentire un certo numero di anni fa… e cioè che in fatto di prestito, tutto si può prestare ad eccezione della moglie e delle scarpe… Ebbene, in questo caso si vuol mettere sullo stesso livello la moglie e le scarpe, o vuol significare che le scarpe sono così personali e preziose come la consorte ?

Ho voluto fotografarle ancor più da vicino… e ve le presento :

SCARPE DI CIOCCOLATO… ingrandite.

Probabilmente non mangerei una scarpa così, ma… una bella torta

LUGANO Al Porto– UNA VETRINA DI TORTE. QUANTI BEI COLORI !

È di grande interesse, almeno per me, il prendere in considerazione il fatto che più persone si fermano davanti a una vetrina così succulenta e… consumano con gli occhi le dolci bontà messe in mostra dietro a quel vetro.

Rimanendo nell’argomento torte, si può ricordare che, nella vita di tutti i giorni, quando un lavoro è quasi finito, ma non finito del tutto, si suol dire che sarebbe perfetto, o quasi perfetto e che… « manca la ciliegina sulla torta ».

LA TORTA CON LA CILIEGINA

La trovai anni fa e… la misi da parte. È anche lei di Lugano.

Siamo in un argomento caro a tante persone… il cibo. C’è chi mangia per vivere, chi vive per mangiare e chi non ha da mangiare in modo sufficiente… e, purtroppo, c’è anche chi muore di fame… anche a causa di una malnutrizione…

Che poi, anche l’obeso, che di cibo ne ha a sufficienza, anche lui è un caso che andrebbe analizzato fra quelli della « malnutrizione ».

Nel mondo in cui viviamo sembra che sia sempre tutto organizzato… I GRANDIdella terra si riuniscono un po’ qua e un po’ là per rendere tutto sempre migliore ; dalla pace, o dalla meno guerra, alla necessità di conservare i nostri, di ieri soprattutto, beni culturali (UNESCO), nonché la possibilità di pianificare un minimo di nutrimento per ogni popolo e per ogni umano che ha raggiunto, per nascita, la faccia della terra.

Ad occuparsi di cibo e di nutrizione, fra i GRANDIc’è, e ha sede a ROMA, la FAO.

Francobollo italiano del 1995 dedicato alla FAO.

Dalle nostre parti c’è solo l’imbarazzo della scelta e la necessità di avere un borsellino pieno o una buona carta di credito… anche per il mercato.

QUANTI BEI COLORI AL MERCATO DI SAN NICOLA A GENOVA !!!

C’è solo l’imbarazzo della scelta… i colori e le qualità… cereali e spezie… per ogni palato e per ogni casalinga desiderosa di stare dietro ai fornelli.

Oggi stare dietro ai fornelli sembra controproducente… si perde tempo, e poi, i familiari commensali raramente lodano la cuoca… è tutto dovuto. Sembra meglio cibarsi di alimenti precotti… e risparmiare quel tempo per azioni più « intelligenti ».

Le Poste Italiane s’erano già occupate di cibo nel 1994 con 2 francobolli.

Francobollo italiano del 1994

In questo francobollo si parla di pane… più precisamente di pagnotte. Ce ne sono alcuni tipi. C’è anche il sacco di farina con la paletta di legno.

Il pane non è solo uno degli alimenti più importanti degli italiani, ma è anche al centro di alcuni modi di dire altamente significativi.

Mi tolgo il pane di bocca” o similari è molto conosciuto; molto più interessante “Guadagnarsi il pane col sudore della fronte”.

È in questo contesto che mi viene automatico ricordare un momento della storia della mia beneamata Italia… momento che, coi tempi che corrono, non dovrebbe essere ricordato… perché oggi è di moda l’antifascismo. Io però mi rifaccio a uno storico molto importante e, penso come tale, obiettivo: Arrigo Petacco.

Scrisse una specie di biografia di Benito Mussolini “L’UOMO DELLA PROVVIDENZA”.

Comunque sia, il pane, come importante alimento per il popolo italiano, mi ha fatto ricordare “La battaglia del grano” di Mussolini. Pare che l’efficienza di questa “battaglia” abbia portato l’Italia, in soli 6 anni, all’autosufficienza in fatto di cereali.

1932 – Francobollo Decennale – PERCHÉ L’ITALIA ABBIA PANE PER TUTTI I SUOI FIGLI

Non ero ancora nato. Questo francobollo sembra abbia voluto mettere l’accento sulla necessità che ogni italiano avesse la possibilità di vivere con un certo benessere alimentare.

È probabile che, con questi riferimenti, io possa ricevere gli strali di qualche mio lettore. Non è assolutamente mia intenzione fare dell’apologia al fascismo… che ho un poco conosciuto… e che mi ha fatto soffrire non poco.

Molti di quelli che oggi parlano, hanno solo sentito parlare del fascismo, e hanno pure letto del fascismo, hanno voluto documentarsi sul fascismo, e, probabilmente hanno militato nel comunismo e hanno magari pure osannato Stalin e Togliatti. Io, da parte mia, so cosa sono le bombe che possono caderti sulla testa come conseguenza di una guerra terribile, e so pure, anche se marginalmente, cosa vuol dire quel “paradiso comunista” che fu da molti auspicato anche in Italia.

Qui, in questa sede, mi piace, coll’ausilio dei colori che aiutano l’introduzione di riflessioni, essere oggettivo. Il pane del francobollo della FAO e quello col pane in bella vista non poteva evitarmi certe digressioni.

Ci fu un altro francobollo che parlava di cibo… sempre nel 1994.

Francobollo italiano del 1994.

Non mi sembra particolarmente bello. Esalta la pastasciutta, non solo tanto amata dagli italiani, ma indispensabile, almeno credo, nella dieta mediterranea.

Con gli alimenti ci si può sbizzarrire finché si vuole. Ci sono anche gli alimenti che, in abbondanza, causa zucchero, non vanno bene… senza parlare di quelli “senza zucchero” e coi dolcificanti che sono ancora peggio… come le caramelle.

Valencia… CHE ESPOSIZIONE DI CARAMELLE… E SIMILI!

Che poi, in fondo in fondo, le caramelle diventerebbero la fortuna dei dentisti.

Lasciamo perdere e consideriamo il particolare che se vogliamo andare a cena… una buona cena, abbiamo bisogno di vestirci un po’ bene.

Per Lei, se Lei va a cena con Lui o, anche se va a cena con una Lei, o con delle Lei o con più Lui, desidera sempre avere una borsetta.

Ci sono delle donne che, come borsetta, hanno una specie di valigia nella quale puoi trovare assolutamente di tutto. Che poi, se, sul bus, o sul tram o per la strada le vedi affannosamente “ravanare” in questa “valigia”, è semplicemente che si rendono conto che il cellulare, non sempre nel posto giusto, ha cominciato a squillare… o a fare dei rumori o delle musiche strane. Sì, perché oggi il telefono, non è più un telefono, e quindi squillararamente. È un piccolo computer che fa musica, imita il verso degli animali e conserva album di famiglia e filmati più o meno confidenziali.

Torniamo alla borsetta per una buona cena… non alla valigia.

Normalmente è di piccole dimensioni e dovrebbe essere strettamente abbinata agli altri indumenti… sì, perché la borsetta è una specie di indumento.

MILANO LINATE

Queste di Linate sono poche. Non ci sono molti colori. Una borsetta così potrebbe essere sufficiente per quando s’arriva dopo un viaggio in aereo; però, non dimentichiamolo, la borsetta è importante e l’abbinamento importantissimo… come per le scarpe.

Sì, la scarpa, il colore e la “fattezza” della scarpa è troppo importante. Oggi si entra in un negozio di scarpe e si sceglie e si prova e si va a pagare… alla cassa.

Ma un tempo non era così… o forse è ancora così nei negozi come si deve… Il cliente entrava, spiegava che tipo di calzatura desiderava, veniva fatto accomodare e cominciava a provare un certo numero di scarpe che il commesso o la commessa portava e aiutava a infilare nel piede. Un paio di passi, un passaggio davanti allo specchio e… un altro giro. Il primo gruppo di scatole, con le scarpe rifiutate, vien messo in un angolo e si riparte con un’altra mandata; un continuo susseguirsi di prove, controprove, passaggi davanti allo specchio e… “forse quel paio là che avevamo eliminato potrebbe andare”… e così via.

La pazienza di quei commessi era unica e irripetibile o al passo coi tempi. Sì, perché non bisogna credere che, alla fine, quella signora uscirà dal negozio col pacco del paio di scarpe acquistato… no, no. Quella signora potrebbe non aver trovato quello che desiderava, pronta a continuare la ricerca in un altro negozio.

Da parte mia, devo dire la verità, ho sempre acquistato un paio di scarpe in una manciata di minuti.

Torniamo alla borsetta per la cena… o anche per andare a spasso.

La nostra Lei troverà il colore che desidera:

A MENDRISIO… AL FOXTOWN

Se poi Lei andrà con Lui, sarà necessario che anche Lui si vesta bene…

Per vestirsi bene, oggi sembra siano sufficienti un paio di jeans, una camicia e magari una giacchetta, dipendentemente dalla temperatura.

In questo caso però, sarà bene che Lui eviti di vestirsi in modo troppo casual… magari coi pantaloni bucati e le ginocchia al vento.

Per una bella cena, magari Lui solo con Lei, secondo me Lui potrà vestirsi con un bell’abito e terminare il look con una bella cravatta.

Lo so, sembra che le cravatte siano un po’ in disuso; una bella cravatta però, con un nodo fatto bene, è un pochino come quella torta con la ciliegina. Temo però, che oggi, molti uomini non siano capaci di fare un bel nodo alla cravatta.

MILANO – GALLERIA VITTORIO – Ma non sono belle?

E allora… ipotizziamo una bella cenetta. Sì? Vogliamo metterci una bella candela?

MERANO – ALLA CONAD

Per trovare una candela non è necessario andare in un negozio specializzato. Esistono sì delle candele molto belle, e, in questo caso, per avere quella che piace, potrebbe essere necessario fare delle ricerche.

A me son sempre piaciute le candele e, ne ho ricevute molte in regalo… sono però candele che non si accendono… almeno normalmente.

S’è potuto sicuramente comprendere che apprezzo i colori; mi piacciono quando sono tanti insieme, ma anche il singolo colore.

Molte persone, forse moltissime, lavorano o devono lavorare. Molte volte il lavoro piace, altre volte non piace per niente e viene atteso con ansia il venerdì per poter godere 2 giorni di festa.

Anche sul lavoro ci possono essere i colori… ad aiutarci… e, perché no, essere più sereni.

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Siamo all’inizio di una estinzione di massa, e tutto ciò di cui potete discutere sono i soldi, e le favole di una eterna crescita economica. 

Se è vero che Greta Thunberg s’è espressa in questo modo all’ONU davanti ai “GRANDI” della Terra, devo dire che è stata grande… molto grande.

Io l’avevo sempre sottovalutata, ma oggi devo rendermi conto che ha detto a “Quella gente” qualcosa di sacrosantamente vero.

È alla parola crescita che bisognerebbe mettere l’accento.

Non ho mai sopportato la parola “crescita” dei nostri Governanti… e neppure degli altri. Sembra che si debba crescere in eterno a discapito della popolazione e del benessere.

Non credo che abbia servito molto… quel discorso. Penso che sia riuscito a dare un po’ di leggero prurito alle orecchie dei “GRANDI” della Terra… ammesso che siano “GRANDI”… ma con una materia grigia piuttosto scadente?

Credo, penso utopisticamente e ipotizzo che di fronte a certi discorsi, i GRANDi e le GRANDI ORGANIZZAZIONI potrebbero cercare di “crescere” un po’ meno e pensare un pochino anche al benessere della popolazione. Credo che sia chiaro a tutti che “crescita” non va di pari passo con “serenità”. E poi, a soffrire di più sembra che sia il Pianeta.

 

UN GHIACCIAIO IN GROENLANDIA

Ho detto “sembra” dato che c’è chi asserisce che i ghiacci si scioglierebbero lo stesso anche senza la CO2 in più.

 

Se è vero che nel Matrimonio (oggi in disuso o quasi obsoleto) e nelle Convivenze (oggi in auge) è grazie alle Piccole Cose che il rapporto funziona… se è ugualmente vero che le Piccole Cose sommate diventano Grandi Cose, penso che i GRANDI e le GRANDI ORGANIZZAZIONI potrebbero cominciare dalle Piccole Cose.

Questo Supermercato è una GRANDE ORGANIZZAZIONE svizzera con filiali in tutta la Confederazione.

Non faccio nomi perché non voglio parlar male di qualcuno, ma vorrei, anche poco poco, aiutare a trovare una strada per evitare il soffocamento della nostra beneamata Terra.

Si osservi attentamente questa pubblicità divulgata attraverso un giornaletto che arriva regolarmente nelle case di moltissime famiglie:

MIRTILLI DAL PERÙ

Oggi si vendono molto i mirtilli… e li si trovano abbastanza facilmente… o sono diventati “di moda” o, credo, hanno imparato a coltivarli.

Ai miei tempi, cioè quando ero giovane…  cioè qualcosa come 65 anni fa, quando d’Estate mi trovavo in Val d’Aosta, s’andava nel bosco, con dei “pettini” particolari, a raccoglierli. Noi sapevamo dov’erano, e, in un pomeriggio ne raccoglievamo un po’, ma non delle quantità industriali. Non solo non erano dietro l’angolo, e, in più, bisognava fare attenzione alle vipere.

Probabilmente hanno imparato a coltivarli anche in Perù, ma, dico io, è proprio necessario trasportarli in Europa? Probabilmente in aereo.

Ma l’aereo inquina o no?

Ma certo che inquina… e consuma un mucchio di energia.

Ho mangiato mirtilli polacchi, svizzeri e piemontesi… ma la Polonia è vicina rispetto al Perù… il Piemonte vicinissimo… e poi, un po’ di mirtilli possono essere trasportati col treno.

Lo stesso discorso vale per questo pollo dal Brasile:

POLLO DAL BRASILE

Ma anche il Brasile non è girato l’angolo, e, anche in Europa ci sono moltissimi allevamenti di polli, e anche di ottima qualità.

Questo, almeno secondo me, è un esempio recentissimo e chiarissimo di osceno consumo di energia con disinteresse nei riguardi dell’ecologia. Chi vende in questo modo non ha rispetto per tutti noi, e, chi compra questi prodotti, o non pensa o non legge o… se ne straffffotte di tutto quello che ci raccontano.

Il discorso non è valido se l’acquisto di prodotti che vengono da lontano, è per prodotti unici… come ad esempio il Parmigiano Reggiano.

Un altro osceno consumo di energia è quello di far viaggiare inutilmente oggetti di corrispondenza o pacchi.

In questo caso, siamo sempre in Svizzera, è la POSTA che, con la scusa della razionalizzazione, fa viaggiare chilometri e chilometri la corrispondenza… anche quando potrebbe non essere necessario.

Lettera da Lugano a Lugano

Questa lettera fu imbucata a poche centinaia di metri dal luogo di recapito. Essendo stato, il francobollo, obliterato a CADENAZZO, che dovrebbe essere un Centro Logistico, questo oggetto di corrispondenza ha compiuto più di 60 chilometri.

A me non sembra ecologicamente valido…

Certamente più oggetti consumano maggiore energia… inutilmente… inquinando.

Non so cosa accada in altre Nazioni. Penso però che la “zuppa” sia la stessa… a discapito della nostra salute? O per un maggior profitto?

Non so esattamente cosa accada con Poste Italiane. Penso che potrebbe essere peggio.

 

È giusto il profitto di una GRANDE ORGANIZZAZIONE (POSTA SVIZZERA)… che lede, anche se molto indirettamente, la salute della popolazione?

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Non bisogna parlar sempre male delle poste. Un tempo ci lamentavamo… ma le cose funzionavano abbastanza bene. Il postino arrivava regolarmente e, quasi sempre alla stessa ora… se non addirittura due volte al giorno.

Mi piace oggi ricordare alcuni piccoli particolari che riguardano le timbrature… che quasi mai venivano prese in considerazione… e che ho in parte accantonato.

Le poste mettevano nei loro timbri la località di partenza, la data e l’ora in cui veniva obliterato il francobollo… e un po’ di pubblicità… di qualunque tipo.

Ora non più… anche perché la corrispondenza è minima e l’affrancatura con un francobollo vero, ancora « più » minima.

In questo caso si chiedeva di scrivere le lettere su carta più leggera… sicuramente per ridurre i costi di trasporto.

Obliterazione del 1960

Evidentemente, se la corrispondenza da trasportare pesava meno, si consumava meno energia. Sembrerebbe che nel 1960 s’era più ecologici di adesso… che si parla sempre di ecologia.

Oggi, si timbra molto lontano, se si timbra… e si trasporta con « tranquillità ».

Timbro degli anni 50. Non si riesce purtroppo a leggere l’anno preciso.

In questo caso si desidera chiedere agli automobilisti una guida corretta. Di autostrade ce n’erano poche. Sulle strade normali era più facile abbagliare il conducente dell’auto che s’incrociava.

Ricordo, in chiave quasi anedottica, che negli abitati era obbligatorio, di notte naturalmente, usare le cosiddette « luci di città »… oggi, mi sembra si chiamino « di posizione ». Mio fratello, in un paesello della Val d’Aosta, fu multato dai Carabinieri perché aveva i fari anabbaglianti… e dovette pagarla.

E pensare che oggi si consigliano gli anabbaglianti anche di giorno… obbligatori sulle autostrade.

PUBBLICITÀ

Il treno del Sole e il treno dell’Etna arrivavano a Torino. A Torino c’era, e c’è tutt’ora ma snaturata (perché FIAT vuol dire Fabbrica Italiana Automobili Torino), la FIAT. E Torino diventa una « grande » città. C’era il Salone dell’Automobile e il Salone della Tecnica…

Qualcuno si ricorda com’era la FIAT 1800 ?

Era così… da Wikipedia

FIAT 1800 e 2300

Questo è un timbro svizzero… in italiano. Qui veniva propagandata la colletta di maggio in favore della Croce Rossa Svizzera.

Obliterazione del 1984

Non so se le poste si facevano pagare per propagandare la « colletta ». È bello poter pensare che offrissero i loro timbri in favore della Croce Rossa.

E poi ci sono tanti altri timbri che hanno tanto da raccontarci.

Sarà interessante prendere in considerazione quelli delle varie località.

Peccato che hanno smesso di farlo.

Sì, perché OGGI non c’è più alcuna personalizzazione… come in questo :

Francobollo svizzero del 2018

C’è almeno la bellezza del francobollo che commemora i 125 anni di quella ferrovia conosciuta in tutto il mondo che, porterà poi gli escursionisti fino a 3454 metri s.l.m. Siamo nelle Alpi Bernesi. Il bello di questo francobollo che, oltre alle montagne, ci mostra l’antica ferrovia a cremagliera con la vaporiera che spinge. Interessante il particolare della locomotiva che ha « il sedere » sollevato per permettere al tender, a causa delle rotaie in grande pendenza, di rimanere orizzontale.

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Colori 4

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S’era detto, ovvero, mi ero permesso di scrivere che si può « creare » e, di conseguenza produrre in modo singolare ed esclusivo se non ci si fa « rimorchiare » o non si sente la necessità di portare avanti il proprio vivere imitando altri o oggetti altrui.

GLI OMBRELLI COLORATI… A GENOVA.

Certo che la città di Genova si sentì in dovere di imitare l’altrui operato quando permise che alcune strade del centro venissero paludate con ombrelli multicolori.

Non voglio parlar male di Genova… anche se più di una volta mi son trovato a dire che la Liguria dorme… e Genova è la capitale della Liguria… e a Genova sono nato… e a Genova ho studiato e mi sono laureato.

Oggi vivo lontano dalla mia città.

Mi sono allontanato molto presto dalla mia città… dalla mia bellissima città.

Non ero ancora laureato e già avevo trovato un posto di lavoro… all’estero… sì, all’estero. Non mi andava giù l’idea di aver studiato tanto, di aver faticato in modo esagerato per raggiungere la Maturità, aver passato ore e ore sui libri, ore e ore all’Università, ore e ore nelle varie corsie dei vari reparti universitari, e… dopo che in modo altisonante 11 Professori ti dicono che sei diventato dottore, dover elemosinare un lavoro come forse assistente volontario e non guadagnare il becco d’un quattrino.

In poche parole, ricordo la mia Genova con grande tristezza, non solo perché per poter vivere senza elemosinare sono andato via il giorno dopo la laurea, ma perché quando vi tornai per esprimere quanto avevo imparato, dovetti prendere atto che non era cambiato nulla, che i « lecchini » erano una bella quantità e che l’Università faceva pena e non avrebbe avuto il diritto di chiamarsi « degli Studi ».

Forse oggi è tutto meglio ; forse oggi nessuno lecca e chi lavora viene retribuito ; forse oggi, che si fanno anche i trapianti, funziona tutto a puntino.

Mi sembra, dopo aver pianto su quello che era la mia città, di aver fatto un bel « cappello » al mio colorato articolo.

È arrivato quindi il momento di parlare di cappelli.

I CAPPELLI DI LISBONA

Naturalmente non sono gli unici e non riuscirebbero a fare la concorrenza a quelli britannici di Elisabetta II.

In questa vetrina ben illuminata, ci sorprende l’ordine col quale son messi in buona mostra i colorati copricapo.

È tutta un’altra cosa questa vetrina di Merano. Siamo sì in Italia, ma siamo anche un poco in Tirolo… almeno per quanto riguarda la lingua parlata dai locali.

L’APPARENTE DISORDINE DI MERANO

 È interessante poter prendere atto che, se ci si trova in provincia di Bolzano, provincia ufficialmente bilingue, se ci si rivolge ai locali in lingua tedesca, dato che loro si rendono conto che la pronuncia non è perfetta, rispondono volentieri in italiano.

A me sembra bellissimo, per una Nazione, avere delle zone con lingua e cultura diverse… che, sempre secondo me, sono da gelosamente preservare.

Anni fa l’Alto Adige in italiano o Südtirol per loro che sono nella loro terra, era una zona dove chi parlava italiano non era gradito e chi si considerava tedesco o austriaco era inviso al resto d’Italia.

Oggi è tutto cambiato. Loro sanno di essere in Italia come italiani, ma possono utilizzare la loro lingua… che è diventata ufficiale.

Loro, i sudtirolesi, hanno sicuramente sofferto molto ai tempi di Mussolini… sì, perché quel regime pretendeva di italianizzare tutto… tutto quello che stava entro i confini del Regno.

Ho trovato molto significativa, la doppia scritta POLIZIAe POLIZEIsulle auto dei nostri poliziotti e qualche scritta come questa che sta ad indicare l’ufficio postale.

UFFICIO POSTALE A MERANO

È chiaro che, di quella meravigliosa provincia ci potrebbe essere ancora molto da scrivere… però, per scrivere è necessario avere una penna… come una di queste:

QUANTE BELLE PENNE COLORATE… A LUGANO.

Spero di poter scrivere ancora dell’Alto Adige e delle bellezze che offre quella regione.

Che bello scrivere!…ultimamente lo trovo bello e interessante… ma non da molto.

Relativamente alla mia età, potrei dire che non è molto che scrivo volentieri. Ma io lo so perché… per la stessa ragione non amo gli esami… anzi, se fosse permesso odiare qualcosa, li odierei.

Perché?

Semplicissimo; perché quando giovanissimo fui e già mi accarezzava l’idea di studiare medicina, ancora non sapevo quanto gli “esami” avrebbero potuto “tagliare” le gambe a un giovane. La guerra, la Seconda Guerra Mondiale era finita da poco, e, chi aveva dovuto andare a scuola non aveva avuto tutto facile come ora… allora si doveva fare i conti non solo coi bombardamenti ma anche con tanta precarietà… a tutti i livelli. Le mie elementari le feci presso le Suore Orsoline; non ricordo molto di quella scuola e non posso dire di averne un brutto ricordo. Ciò che trovo possa interessare il lettore, fu che era proibitissimo parlare il dialetto; se si veniva pescati a parlare in genovese, si veniva puniti. Mussolini voleva che si parlasse solo italiano.

Ora è diverso; si può parlare il dialetto, ma non lo parla quasi più nessuno… purtroppo.

Comunque sia, dopo 5 anni di scuola elementare, se ero veramente intenzionato a continuare gli studi, dovevo essere presentato a un “Esame d’amissione alle scuole medie”.

Così fu, perché le suore mi presentarono all’esame… in una scuola pubblica. Perché fu così non lo so, so solo che, in quell’occasione, alla fine della Quinta Elementare il tema che mi trovai a scrivere non piacque agli esaminatori e, semplicemente non fui ammesso agli orali e, senza tanti complimenti mi rimandarono ad ottobre (a quei tempi si diceva così). Io non so se ce l’avevano con le suore o se veramente scrissi male il tema; la realtà fu che, io ancora bimbo (mi fecero fare la Prima all’età di 6 anni) mi trovai a fare temi durante tutta l’estate e s’instaurò in me la consapevolezza del non saper scrivere. Ma, ancor peggio, mi trovai ad avere una vera e propria idiosincrasia per tutto ciò che era o sarebbe stato “esame”… e questo fino all’ultimo esame che affrontai all’Università.

Scrivere forse mi sarebbe piaciuto; il piacere arrivò quando ormai potevo essere considerato vecchio; però arrivò e fu in quel momento che mi accorsi che si può scrivere tanto per farlo, oppure per lasciare qualcosa agli altri… qualcosa di interessante o apparentemente sconosciuto.

E allora cominciai a pensare che si poteva scrivere un libro. D’altra parte, oggi tutti scrivono un libro… o se lo fanno scrivere.

L’ho fatto; ho scritto un libro… mi sembrava fosse giusto, e, in fondo in fondo, onesto raccontare di qualcosa sconosciuto ai più… ma qualcosa che può aiutare, essere utile, e, messo in pratica, perché no, permettere guarigioni… non fu un gran successo, ma a qualcuno cambiò la vita, e questo s’è dimostrato più che sufficiente.

 

Si scrivono anche biglietti di condoglianze per i parenti di chi passa a miglior vita… anche se si preferirebbe rimanere a peggior vita. Poi si scrivono i biglietti d’auguri e, quando non si può farne a meno o si ama o c’è affetto, assieme al biglietto d’auguri si confeziona un bel pacchettino… o lo si fa confezionare.

Piace confezionarlo, e, in questo caso sono necessari nastri o nastrini… proprio come questi bene esposti:

NASTRI E NASTRINI A LUGANO

Io non sono proprio capace di confezionare un bel pacchetto… uno di quelli che si presentano bene.

Che poi, cosa ci mettiamo nel pacchetto?

Fare un regalo è sempre difficile… almeno per me. Mia moglie invece è veramente molto in gamba; sa captare il desiderio di quel qualcuno al quale vuol fare un regalo, lo rammenta e, al momento buono lo snocciola, ben impacchettato, con eleganza.

Un regalo sempre utile è uno o più asciugamani… magari intonati con una bella candela. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

SEMPRE A LUGANO

Se si regala uno o più asciugamani, bisogna essere sicuri che non accada di essere mal interpretati… sì, perché potrebbe essere un invito a lavarsi per qualcuno che normalmente puzza… o non si lava mai.

Non dimenticherò mai quell’invito a cena assieme ad altre persone… fra cui quella persona che, almeno i capelli, non li lavava mai… o troppo poco.

A un certo momento, dopo varie discussioni più o meno animate, ma sempre amichevoli, questa persona che si trovava seduta vicino al muro, per poter ridere bene, appoggiò la testa al muro bianco dell’appartamento nel quale ci trovavamo. Fu un attimo, e la strisciatina del cuoio capelluto non lavato lasciò un’impronta indelebile su quella parete. Qualche giorno dopo, il padrone di casa, me lo fece vedere… sorridendo però.

 

In molti scriviamo… e in molti non scriviamo… perché è molto più comodo prendere il telefono e comunicare in quel modo.

Oggi poi che ogni componente di ogni nucleo familiare possiede uno o più smartphone… Sarà bene personalizzarli dando a ogni cellulare il suo colore.

C’è qualcuno che ci pensa.

COPRICELLULARE a MILANO LINATE

Un colore per ognuno… un colore per ogni gusto.

Oggi col telefono si fa tutto… forse in futuro ci sarà pure il cellulare che stirerà le camicie.È interessante dover prendere atto che certi uffici ai quali si scrive per ottenere delle informazioni o per reclamo, non riescono a scomodarsi e rispondere per iscritto… no, usano il telefono. Col telefono manca quello scritto con firma che rende responsabili.

Non so se è vero, ma oggi, sempre meno s’ha il coraggio di essere responsabili. E questo potrebbe essere comprensibile… perché oggi, più che un tempo, esiste un esercito di avvocati che pretendono di sempre “tagliare un capello in quattro”.

Mi considero infatti fortunato… o perché ho lavorato bene… in tanti anni di sala operatoria non sono mai stato “indagato”.

Eppure, chi lavora in campo alimentare ha delle grosse responsabilità… e sicuramente se le sa prendere… anche quando vende “scarpe di cioccolato”.

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È bello andare in giro… e, in fondo in fondo, è ancor più bello poter utilizzare i mezzi pubblici.

Ho sempre apprezzato i mezzi pubblici… anche perché si vedono visi nuovi e personaggi, raramente però… particolari.

Quando vado sui mezzi pubblici me ne sto tranquillamente al mio posto e non scambio quasi mai parole o prese di posizione con qualcuno. Se conosco ciò che si vede dal finestrino, mi piace leggere, altrimenti gioisco nei riguardi di ciò che scorre davanti ai miei occhi.

Guardo anche chi è intorno a me.

Non sopporto chi chiacchiera a voce molto alta e, ancor meno chi s’attaca al Cellulare e non lo molla neppure quando scende.

Ciò che però mi farebbe urlare di vera rabbia sono quelle « personcine » che mettono i piedi sui sedili.

Ne ho fotografato due.

 

 

Maleducata N° 1

 

Makleducata N° 2

Queste “personcine” non sanno che le suole delle scarpe non sono mai pulite, e che potrebbero aver strisciato una bella cacca di cane ?…  trascinata poi sul sedile ?… per chi poserà le sue chiappe un po’ più tardi… proprio lì` ?

 

Certo, non gradisco neppure i bimbi che, dopo aver mangiato pane e marmellata, con le manine sporche di marmellata, per spostarsi appoggiano le loro « dolci manine » sulla mie ginocchia. Ma questi sono casi rari o, quasi unici.

 

Quest’oggi, che potrebbe essere anche ieri o domani, ho potuto assistere a qualcosa di incredibile.

 

Sul bus trovo questa donna, che non oso chiamare signora, che occupa due posti ; uno per il suo poderoso fondo schiena, l’altro per lo zainetto.

Tira fuori dallo zainetto il deodorante ascellare e lo striscia delicatamente alle due ascelle.

Poi, comincia a pettinarsi i lunghi capelli ; indi poscia, con mia grande meraviglia, dà inizio alla produzione di una treccia… una unica treccia che dal vertice del cranio scende in basso all’indietro… nel mezzo.

A questo punto estraggo il mio cellulare e, aspettando la prima fermata mi produco col primo scatto.

CONTROLUCE… ma si comprende la produzione della treccia… con le braccia alzate.

 

La treccia è praticamente finita.

 

 Dopo il deodorante, la pettinatura e la produzione del treccione, pensavo che questa donna avesse finito. No, no… non ha ancora finito.

Deve finire di vestirsi.

Ha messo il treccione a posto in posizione posteriore e comincia ad armeggiare con un indumento scuro… verosimilmente una giacchetta di lana… o cotone… che si mette.

Forse dava fastidio l’aria condizionata ?… o stava veramente terminando di vestirsi ?

La giacchetta di lana… o cotone.

A questo punto, ed io essendo leggermente arretrato, non ho potuto vedere e fotografare che comincia ad armeggiare coi piedi… o coi sandali … o con le unghie… per qualche minuto.

La nostra Umana, mentre il bus, con non pochi viaggiatori, prosegue la sua corsa verso il centro di Lugano, forse avrebbe avuto bisogno di un lavandino o di un bel gabinetto, ma il bus cittadino ne è sprovvisto. Pensavo fosse ormai paga e potesse essere soddisfatta dello spettacolo offerto.

No, non ancora !. Estrae dallo zainetto una brioche, o qualcosa di simile, e, noncurante del fatto che molte briciole cadono sul lindo pavimento, comincia a rifocillare il proprio corpo.

Mangia tranquillamente fino al capolinea, in centro.

La donna ha indossato l’indumento scuro e… mangia.

Mentre la donna finisce la propria colazione, mi sovviene che il regolamento dei bus di Lugano vieta di bere e di mangiare sui bus… e naturalmente anche di sporcare per terra.

Questa sequenza, « rubata » col cellulare, malgrado la presenza di altri viaggiatori, mi ha offeso… soprattutto come Umano un po’ civilizzato.

Come si fa ad essere così menefreghisti e maleducati ?… e irrispettosi verso tutti gli altri viaggiatori ?

 

Scese dal bus trascinando il proprio adipe confondendosi nella folla del mattino……

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 Ogni tanto passo la frontiera… la frontiera fra la Svizzera e l’Italia… vado in Italia:

 

quell’Italia che mi ha dato i natali quando ancora Benito Mussolini dettava legge,

quell’Italia che preferì la Repubblica a Umberto II,

quell’Italia che ebbe fra i propri Governanti un cittadino dell’Unione Sovietica,

quell’Italia che maltrattò gli italiani profughi dall’Istria, Fiume e Dalmazia,

quell’Italia del famoso miracolo economico,

quell’Italia che rese immortale la Vespa e la FIAT 500,

quell’Italia che si tappò il naso e votò Democrazia Cristiana,

quell’Italia che svende i propri Gioielli,

quell’Italia che stravede per un pallone… anche se non è sempre quello,

quell’Italia che tentò la svolta con un reddito di cittadinanza e una quota 100,

quell’Italia, infine, che ancora non sa se amare o odiare l’Europa.

 

Mi piace, ogni tanto, attraversare la frontiera.

Mi piace andarci col trenino… così posso camminare.

Mi piace, ogni volta, bere un buon caffè… al bar… in piedi.

Mi piace portarmi la macchina fotografica.

 

Ogni volta la luce è diversa. Gli specchi d’acqua del Ceresio e del Tresa possono assumere risvolti magici, ogni volta diversi.

 

Oggi, mentre tornavo al trenino, e camminavo alla svelta perché qui in Svizzera tutti i treni cercano di osservare l’orario e non fa piacere vedere il treno dal di dietro, ecco spuntare un barchino quasi silenzioso con una bella e simpatica scia.

IL CERESIO

La foto non è perfetta… la luce non è ideale… ma a me è piaciuta… e ve l’ho passata.

 

Qualcuno potrebbe chiedersi “Cos’è il Ceresio e cos’è il Tresa.

 

Il Ceresio è il Lago di Lugano.

Il Tresa è il fiume emissario del Lago di Lugano. È un fiume corto. Si forma appunto a Ponte Tresa sponda svizzera, a Lavena Ponte Tresa sponda italiana. Per qualche chilometro segna il confine fra l’Italia e la Svizzera… poi scorre in territorio italiano e sfocia ne Lago Maggiore presso Luino.

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Negli ultimi giorni s’è parlato molto, come ogni anno, del 25 aprile 1945… che è ormai diventato storia.

 

Leggo quanto avrebbe detto Oscar Wilde della storia :

 Sotto il nome di Libro di Storia noi insegniamo ai nostri figli la cronologia dei crimini del mondo.

STATUA DI OSCAR WILDE a Dublino

Come ben si sa Oscar Wilde nacque a Dublino.

La sua asserzione è “terribilmente” valida.

La Seconda Guerra Mondiale fu un folle crimine; i giovani la studiano perché è ormai diventata storia.

Per me fu solo cronaca.

DUBLINO

Ormai è storia in Italia anche l’8 settembre 1943; nonché il 25 aprile 1945.

Il 25 aprile 1945 è diventato una specie di Festa Nazionale; l’8 settembre 1943 dovrebbe essere ricordato come uno dei momenti più tragici della recente storia d’Italia.

Li ho vissuti tutt’e due; ero naturalmente un bimbo, e non potevo ben capire cosa esattamente poteva accadere. Sapevo poco o nulla del significato della parola pace. Sapevo bene cosa significava la guerra e i bombardamenti: morte e distruzione… tanto fumo, ma fumo nero.

So che, negli anni precedenti il conflitto avevo conosciuto la pace e la libertà; ne presi atto recentemente dopo il ritrovamento di una mia foto (1941) all’età di 5 anni ospite, con la mia famiglia, della nonna che abitava in Svizzera… dove si parla tedesco… Come tutti sanno la Svizzera era neutrale… per lo meno non partecipava attivamente alla guerra.

Rividi mia nonna solo un po’ dopo il 25 aprile 1945.

Fu mio fratellino a chiedere a mio papà: “Cos’è la pace?

1941 – SUONAVO IL PIFFERO E AVEVO DELLE BELLE ORECCHIE.

Sicuramente nella mente di un bimbo si ripercuotono i “movimenti” degli adulti e le impressioni visive di ciò che lo circonda. Ricordo perfettamente le grandi scritte DUCE e VINCEREMO, nonché l’immensa speranza degli adulti dopo l’8 settembre 1943.

La speranza svanì in un attimo per lasciar posto agli “sbandati” del Regio Esercito Italiano, alle truppe del Reich e alle milizie della Repubblica Sociale. Non potrò mai dimenticare il terrore di mia mamma verso quello strano esercito… di morti di fame. Sì, almeno dai miei ricordi erano dei “morti di fame” che facevano finta di essere degli esaltati.

 

Una bella mattina suona il campanello di casa dove eravamo sfollati. Mia mamma va ad aprire la porta e si ritrova davanti un giovane delle brigate nere che, educatissimo: “Signora Buongiorno. Nel nostro posto di blocco giù al mare abbiamo fermato un signore con qualche chilo di pasta. Dice che deve portarla qui a lei. Noi le saremmo grati se volesse vendercene un paio di chili”.

LA CHIESA di dove eravamo sfollati (Crevari)

 Anche se quell’uomo si presentò come un gentiluomo, mia mamma ebbe piuttosto paura. Sì, perché quelle persone facevano paura, e poi, con quel cappellino con su le ossa incrociate e il teschio…

 Mia mamma sapeva che quella pasta era stata acquistata alla borsa nera, tempi bui oggi inimmaginabili, e che, in definitiva avrebbe potuto essere sequestrata.

Disse: “Prendete pure quello che vi serve”.

La Brigata nera rispose: “No signora; noi ne vorremmo avere un paio di chili, per il nostro fabbisogno. Sarebbe necessario che lei scenda con me in caserma per controllare il peso… perché è nostra intenzione pagare quello che prenderemo”.

Inutile dire che per mia mamma… era sola in casa con tre bimbi… avrebbero potuto prendersi tutto e lasciarla in pace. Era terrorizzata all’idea di dover entrare in quella caserma.

Così si presenta oggi l’edificio nel quale era la Caserma delle Brigate Nere

 Fu obbligata a scendere in caserma. Ricordo che, sperando non le facessero nulla di male, prese me per mano e seguì quell’uomo vestito di nero. Avevo 7 anni, ma ricordo benissimo quel momento… per me interessante o divertente. Forse mi sentii importante.

Sulla costa poco dopo l’abitato di Voltri.

 Comunque fu, ricordo perfettamente che, dentro la caserma, pesarono qualche chilo di pasta e pretesero di pagarla… naturalmente a un prezzo inferiore a quello della borsa nera.

Le Brigate Nere ringraziarono… tutte godute perché avevano qualcosa da mangiare.

Anche quei poveretti sbandati del Regio Esercito avevano bisogno d’essere aiutati… ma in un altro modo. Avevano bisogno di dimostrare che non erano più al servizio della Patria… anche perché di colpo non erano più in Patria; almeno quelli dei miei ricordi si trovavano lontano dalla loro Patria… che non potevano raggiungere.

Infatti fra loro e il sud dell’Italia c’era un “fronte” nel quale si affrontavano da una parte i nostri ex alleati e dall’altra i nostri ex nemici assieme ai nostri connazionali che, con la “furbata” dell’armistiziosperavano di finire la guerra stando dalla parte dei vincitori.

A ben pensarci, non è solo di questi tempi che una buona parte delle italiche genti viene definita “furbetta”.

Un paio di quei poveri sbandati ricevettero indumenti civili e furono più volte rifocillati… malgrado la presenza di truppe naziste che ormai da ex alleati diventarono…  occupanti.

Fu così che:

In casa nostra, dove eravamo sfollati, c’erano per fortuna due entrate, o, se si preferisce due uscite. Non so oggi dire quanti erano; so per certo che c’era qualcuno in casa nostra per rifocillarsi; qualcuno che aveva fame e aveva già ricevuto abiti civili… che gli permettevano di non dimostrare il proprio passato nell’esercito.

L’esercito tedesco sapeva che c’erano in giro dei soldati “sbandati” dopo l’8 settembre… e li cercavano… di casa in casa.

Vennero a bussare anche alla porta di casa nostra. L’entrata principale era al primo piano tramite una scala esterna; salirono i tedeschi lungo la scala esterna, mentre dalla porta inferiore fu fatto uscire precipitosamente chi si stava rifocillando. Fortunatamente, mio papà sapeva perfettamente il tedesco, e, grazie alla conoscenza della lingua, riuscì a trattenere i militari nazisti per permettere agli italiani di fuggire dall’altra porta.

Inutile dire che, se i tedeschi si fossero accorti che davamo ospitalità a dei loro nemici, saremmo noi bimbi sicuramente rimasti orfani… o anche noi spariti come molti bimbi ebrei.

 Così… e non solo così, il bimbo che è in me ricorda un paio di avvenimenti causati da quel famoso armistizio.

Fu appunto dopo quel tempismo armistiziale che iniziarono i movimenti partigiani osannati, anno dopo anno, a più non posso.

Il bimbo che è in me ha certi ricordi; l’adulto che recentemente s’è documentato ha dovuto prendere atto anche di altri avvenimenti.

I partigiani terminarono, quasi dappertutto la loro opera il 25 aprile. Il bimbo che è in me ricorda alcuni di quei momenti in due modi diametralmente opposti. Noi bimbi, ed altri bimbi, che non eravamo all’altezza di comprendere appieno il significato di quella “pace”, quando ci trovavamo, ricordo nitidamente come cantavamo indifferentemente:

Bandiera rossa la s’innalzerà nei cessi pubblici della città…

Oppure:

Di Mussolini vogliam le ossa, bandiera rossa, bandiera rossa…

Naturalmente fra un cantare e l’altro c’era una certa contraddizione. Naturalmente i nostri genitori non sapevano che cantavamo in questo modo.

Il bimbo che è in me visse quei momenti anche con tanta paura.

Mio papà, contrariamente al sottoscritto che non aveva voglia di studiare, era molto bravo a scuola, non solo, ma un po’ più grandicello si prese due lauree e volle studiare a fondo le lingue più importanti… l’inglese, il tedesco e il francese. Fu il tedesco a salvargli la pelle. Infatti, come Direttore di una ferriera a Sestri Ponente, grazie al fatto che parlava correntemente la lingua di Goethe, durante l’occupazione nazista, rischiò più volte la vita per salvare quella degli operai.

Ebbene, questo suo altruistico comportamento verso gli operai di Sestri Ponente che, alla fine del conflitto fu soprannominata Piccola Russia, gli permise di non finire in un Alto Forno e di subire, come si sentiva raccontare, una sommaria esecuzione presso il locale cimitero. Ricordo così il 25 aprile. Il bimbo ricorda, col senno di poi, che a quei tempi aleggiava l’odio, con la stessa intensità con la quale oggi s’inneggia alla libertà conquistata.

Sì, inneggio anch’io alla libertà… ma l’intendo in modo diverso… per lo meno senza quell’odio che faceva temere per la propria pelle e per quella dei familiari.

Non so se fosse proprio il 25 aprile, però ricordo che mi trovavo sul marciapiede a pochi metri dalla Rotonda di Pegli (Lido di Pegli)… dove girava il tram. Non ero solo. Ero inebetito o ipnotizzato nel vedere la colonna di automezzi del Grande Reich che sfilava davanti a noi a velocità ridotta con a bordo mesta e silenziosa una parte umana di quella razza ariana che avrebbe dovuto conquistare l’Europa… e anche un po’ di Africa del nord. Per fortuna non ci riuscì… per fortuna arrivarono a morire per noi dall’altra parte dell’Atlantico.

 Vennero a morire per noi… o per loro?

Qui girava il Tram. Proprio da qui vidi la lunghissima e mesta autocolonna del Reich.

Il bimbo ricorda anche che fino a qualche giorno prima di quel 25 aprile, che, oltre a ricordarci la libertà conquistata ci vuol ricordare la barbarie di certi atti compiuti dai nazisti, lui abitava da pochissimo in una villetta… lassù un po’ in alto… da dove si gode il mare e l’orizzonte. Ebbene, quella villetta, per un po’ di tempo fu “caserma” dell’esercito tedesco, concessa a loro col sottinteso “Cedo alla violenza”. Fu appunto questa apparente concessione in lingua tedesca, che permise al proprietario (mio papà) di ritrovarsi la casa in buone condizioni con per giunta una cassa di vetri per finestre.

Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entrano i vetri per finestre.

A questa domanda è lecito rispondere che i vetri erano preziosissimi, perché lo spostamento d’aria causato dalla deflagrazione delle bombe li frantumava.

Il bimbo, già allora capì, chissà se ne fece tesoro, che nella vita può essere molto interessante parlarsi anche se si è nemici, e ancor più interessante se ci si parla nella stessa lingua… e, se ci si parla nella stessa lingua, sarà positivo se si eviterà di essere presuntuosi.

Il bimbo ricorda appunto la paura e l’odio che spirava consistente.

Il bimbo è cresciuto ed è diventato vecchio… ha lavorato e, recentemente ha studiato la storia… un po’ di storia… di quando lui c’era e anche di quello che non hanno voluto dirgli.

Sissignori, è proprio così. Ho dovuto prendere atto che la guerra partigiana non è stata così candida come si vorrebbe far credere durante le manifestazioni del 25 aprile.

Un paio di cosine che forse non capirò mai:

Perché s’è voluto trucidare i partigiani italiani nell’eccidio di Porzùs?

La risposta è abbastanza logica. I partigiani della Osoppo che non erano alle dipendenze né del Partito Comunista Italiano e neppure dei partigiani sloveni, erano particolarmente scomodi perché non volevano in quelle zone d’Italia la supremazia della Jugoslavia… in poche parole non volevano, combattendo le truppe naziste, che la futura Federazione Jugoslava di Tito fagocitasse l’Istria con Trieste e Gorizia.

A questo punto è molto interessante prendere atto che la regia delle truppe partigiane d’Italia voleva essere comunista del PCI. Ma, chi era in Italia diventato il padrone del PCI? Un cittadino dell’Unione Sovietica: Palmiro Togliatti.

Proprio così. Palmiro Togliatti, fuggito o stabilitosi nell’URSS ai tempi del fascismo, nel 1930 rivendicò la “rinuncia alla cittadinanza italiana”. Non solo, ma, nel gioire dell’essere diventato cittadino sovietico, dichiarò di “valere dieci volte più del migliore italiano”. Fin qui, potrebbe essere stato anche scusabile… infatti nell’URSS le purghe erano all’ordine del giorno. Dichiarare però che come italiano si sentiva “un miserabile mandolinista e nulla più” mi sembra che avrebbe dovuto essere sufficiente per negargli addirittura l’ingresso in Italia.

 

Il bimbo di allora non sapeva neppure che Palmiro Togliatti esisteva… anche se era nato a una minima distanza da lui…. Proprio a Genova. Il vecchio però ha cominciato a documentarsi e ancora non è riuscito a comprendere come fosse possibile che un cittadino dell’Unione Sovietica che aveva “sputato” sull’Italia e aveva offeso i mandolinisti, non fosse stato rispedito al mittente. A quei tempi, quando nel 1944 Togliatti rientrò in Italia (Svolta di Salerno), probabilmente non esistevano le Guardie di Frontiera che controllavano passaporti e visti; poi però, quando si trattò di dare una fisionomia al Parlamento, Chipermise a uno straniero, (Togliatti era diventato uno straniero – a quei tempi l’Italia non ammetteva ancora la doppia cittadinanza), di far parte del Governo Italiano?

Se riprese la cittadinanza italiana, Chi fu a concedergliela?

Dopo quello che aveva dichiarato a Mosca potevano esserci gli estremi del vilipendio… o no?

“Perché mi faccio queste domande?” mi si potrebbe chiedere “Cosa c’entra con la Festa della Liberazione?”

C’entra eccome. Fu lui a “consigliare” ai partigiani comunisti del Nord-Est di lasciarsi dirigere dai titini affinché, grazie alla fratellanza italo-slaval’Istria con Trieste uscissero dall’Italia. Era quanto desiderava Tito spalleggiato da Stalin. Ancora non c’era stata la rottura fra Tito e Stalin e Togliatti riceveva ordini direttamente da Mosca.

Malgrado ogni mia ricerca, ancora non sono riuscito a comprendere come fu possibile che a un fuoruscito che rinnegò pubblicamente la sua italianità si dessero incarichi di Governo. Fu addirittura Ministro di Grazia e Giustizia!!!

Chi permise questo? Gli fu restituita la cittadinanza italiana? Se gli fu restituita, chi gliela restituì?

Sicuramente la guerra partigiana sarebbe stata differente e, probabilmente non ci sarebbero stati così tanti morti italiani a Trieste e in Istria… e chissà che la nostra storia non avrebbe avuto dei risvolti diversi?

Sarei contento se qualcuno potesse rispondere a questi miei interrogativi.

In ogni caso, la guerra partigiana coi vari C.L.N. fece indubbiamente la gioia di molti filatelisti che videro fiorire francobolli soprastampati a più non posso.

Ne sono un esempio questi due francobolli della Repubblica Sociale Italiana soprastampati, uno a Ponte Chiasso e l’altro a Savona.

 

Ai tempi ci fu pure chi scomodò Pinocchio per dileggiare il comportamento di Togliatti e Nenni… il gatto e la volpe.

 

 

 

Da “BARBERIST”

Mia definizione di libertà:

FARE CIÒ CHE FA PIACERE A PATTO DI NON NUOCERE A SE STESSI O AD ALTRI

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