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PER FAVORE NON SCRIVERE “MI PIACE” SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

 

Negli ultimi giorni s’è parlato molto, come ogni anno, del 25 aprile 1945… che è ormai diventato storia.

 

Leggo quanto avrebbe detto Oscar Wilde della storia :

 Sotto il nome di Libro di Storia noi insegniamo ai nostri figli la cronologia dei crimini del mondo.

STATUA DI OSCAR WILDE a Dublino

Come ben si sa Oscar Wilde nacque a Dublino.

La sua asserzione è “terribilmente” valida.

La Seconda Guerra Mondiale fu un folle crimine; i giovani la studiano perché è ormai diventata storia.

Per me fu solo cronaca.

DUBLINO

Ormai è storia in Italia anche l’8 settembre 1943; nonché il 25 aprile 1945.

Il 25 aprile 1945 è diventato una specie di Festa Nazionale; l’8 settembre 1943 dovrebbe essere ricordato come uno dei momenti più tragici della recente storia d’Italia.

Li ho vissuti tutt’e due; ero naturalmente un bimbo, e non potevo ben capire cosa esattamente poteva accadere. Sapevo poco o nulla del significato della parola pace. Sapevo bene cosa significava la guerra e i bombardamenti: morte e distruzione… tanto fumo, ma fumo nero.

So che, negli anni precedenti il conflitto avevo conosciuto la pace e la libertà; ne presi atto recentemente dopo il ritrovamento di una mia foto (1941) all’età di 5 anni ospite, con la mia famiglia, della nonna che abitava in Svizzera… dove si parla tedesco… Come tutti sanno la Svizzera era neutrale… per lo meno non partecipava attivamente alla guerra.

Rividi mia nonna solo un po’ dopo il 25 aprile 1945.

Fu mio fratellino a chiedere a mio papà: “Cos’è la pace?

1941 – SUONAVO IL PIFFERO E AVEVO DELLE BELLE ORECCHIE.

Sicuramente nella mente di un bimbo si ripercuotono i “movimenti” degli adulti e le impressioni visive di ciò che lo circonda. Ricordo perfettamente le grandi scritte DUCE e VINCEREMO, nonché l’immensa speranza degli adulti dopo l’8 settembre 1943.

La speranza svanì in un attimo per lasciar posto agli “sbandati” del Regio Esercito Italiano, alle truppe del Reich e alle milizie della Repubblica Sociale. Non potrò mai dimenticare il terrore di mia mamma verso quello strano esercito… di morti di fame. Sì, almeno dai miei ricordi erano dei “morti di fame” che facevano finta di essere degli esaltati.

 

Una bella mattina suona il campanello di casa dove eravamo sfollati. Mia mamma va ad aprire la porta e si ritrova davanti un giovane delle brigate nere che, educatissimo: “Signora Buongiorno. Nel nostro posto di blocco giù al mare abbiamo fermato un signore con qualche chilo di pasta. Dice che deve portarla qui a lei. Noi le saremmo grati se volesse vendercene un paio di chili”.

LA CHIESA di dove eravamo sfollati (Crevari)

 Anche se quell’uomo si presentò come un gentiluomo, mia mamma ebbe piuttosto paura. Sì, perché quelle persone facevano paura, e poi, con quel cappellino con su le ossa incrociate e il teschio…

 Mia mamma sapeva che quella pasta era stata acquistata alla borsa nera, tempi bui oggi inimmaginabili, e che, in definitiva avrebbe potuto essere sequestrata.

Disse: “Prendete pure quello che vi serve”.

La Brigata nera rispose: “No signora; noi ne vorremmo avere un paio di chili, per il nostro fabbisogno. Sarebbe necessario che lei scenda con me in caserma per controllare il peso… perché è nostra intenzione pagare quello che prenderemo”.

Inutile dire che per mia mamma… era sola in casa con tre bimbi… avrebbero potuto prendersi tutto e lasciarla in pace. Era terrorizzata all’idea di dover entrare in quella caserma.

Così si presenta oggi l’edificio nel quale era la Caserma delle Brigate Nere

 Fu obbligata a scendere in caserma. Ricordo che, sperando non le facessero nulla di male, prese me per mano e seguì quell’uomo vestito di nero. Avevo 7 anni, ma ricordo benissimo quel momento… per me interessante o divertente. Forse mi sentii importante.

Sulla costa poco dopo l’abitato di Voltri.

 Comunque fu, ricordo perfettamente che, dentro la caserma, pesarono qualche chilo di pasta e pretesero di pagarla… naturalmente a un prezzo inferiore a quello della borsa nera.

Le Brigate Nere ringraziarono… tutte godute perché avevano qualcosa da mangiare.

Anche quei poveretti sbandati del Regio Esercito avevano bisogno d’essere aiutati… ma in un altro modo. Avevano bisogno di dimostrare che non erano più al servizio della Patria… anche perché di colpo non erano più in Patria; almeno quelli dei miei ricordi si trovavano lontano dalla loro Patria… che non potevano raggiungere.

Infatti fra loro e il sud dell’Italia c’era un “fronte” nel quale si affrontavano da una parte i nostri ex alleati e dall’altra i nostri ex nemici assieme ai nostri connazionali che, con la “furbata” dell’armistiziosperavano di finire la guerra stando dalla parte dei vincitori.

A ben pensarci, non è solo di questi tempi che una buona parte delle italiche genti viene definita “furbetta”.

Un paio di quei poveri sbandati ricevettero indumenti civili e furono più volte rifocillati… malgrado la presenza di truppe naziste che ormai da ex alleati diventarono…  occupanti.

Fu così che:

In casa nostra, dove eravamo sfollati, c’erano per fortuna due entrate, o, se si preferisce due uscite. Non so oggi dire quanti erano; so per certo che c’era qualcuno in casa nostra per rifocillarsi; qualcuno che aveva fame e aveva già ricevuto abiti civili… che gli permettevano di non dimostrare il proprio passato nell’esercito.

L’esercito tedesco sapeva che c’erano in giro dei soldati “sbandati” dopo l’8 settembre… e li cercavano… di casa in casa.

Vennero a bussare anche alla porta di casa nostra. L’entrata principale era al primo piano tramite una scala esterna; salirono i tedeschi lungo la scala esterna, mentre dalla porta inferiore fu fatto uscire precipitosamente chi si stava rifocillando. Fortunatamente, mio papà sapeva perfettamente il tedesco, e, grazie alla conoscenza della lingua, riuscì a trattenere i militari nazisti per permettere agli italiani di fuggire dall’altra porta.

Inutile dire che, se i tedeschi si fossero accorti che davamo ospitalità a dei loro nemici, saremmo noi bimbi sicuramente rimasti orfani… o anche noi spariti come molti bimbi ebrei.

 Così… e non solo così, il bimbo che è in me ricorda un paio di avvenimenti causati da quel famoso armistizio.

Fu appunto dopo quel tempismo armistiziale che iniziarono i movimenti partigiani osannati, anno dopo anno, a più non posso.

Il bimbo che è in me ha certi ricordi; l’adulto che recentemente s’è documentato ha dovuto prendere atto anche di altri avvenimenti.

I partigiani terminarono, quasi dappertutto la loro opera il 25 aprile. Il bimbo che è in me ricorda alcuni di quei momenti in due modi diametralmente opposti. Noi bimbi, ed altri bimbi, che non eravamo all’altezza di comprendere appieno il significato di quella “pace”, quando ci trovavamo, ricordo nitidamente come cantavamo indifferentemente:

Bandiera rossa la s’innalzerà nei cessi pubblici della città…

Oppure:

Di Mussolini vogliam le ossa, bandiera rossa, bandiera rossa…

Naturalmente fra un cantare e l’altro c’era una certa contraddizione. Naturalmente i nostri genitori non sapevano che cantavamo in questo modo.

Il bimbo che è in me visse quei momenti anche con tanta paura.

Mio papà, contrariamente al sottoscritto che non aveva voglia di studiare, era molto bravo a scuola, non solo, ma un po’ più grandicello si prese due lauree e volle studiare a fondo le lingue più importanti… l’inglese, il tedesco e il francese. Fu il tedesco a salvargli la pelle. Infatti, come Direttore di una ferriera a Sestri Ponente, grazie al fatto che parlava correntemente la lingua di Goethe, durante l’occupazione nazista, rischiò più volte la vita per salvare quella degli operai.

Ebbene, questo suo altruistico comportamento verso gli operai di Sestri Ponente che, alla fine del conflitto fu soprannominata Piccola Russia, gli permise di non finire in un Alto Forno e di subire, come si sentiva raccontare, una sommaria esecuzione presso il locale cimitero. Ricordo così il 25 aprile. Il bimbo ricorda, col senno di poi, che a quei tempi aleggiava l’odio, con la stessa intensità con la quale oggi s’inneggia alla libertà conquistata.

Sì, inneggio anch’io alla libertà… ma l’intendo in modo diverso… per lo meno senza quell’odio che faceva temere per la propria pelle e per quella dei familiari.

Non so se fosse proprio il 25 aprile, però ricordo che mi trovavo sul marciapiede a pochi metri dalla Rotonda di Pegli (Lido di Pegli)… dove girava il tram. Non ero solo. Ero inebetito o ipnotizzato nel vedere la colonna di automezzi del Grande Reich che sfilava davanti a noi a velocità ridotta con a bordo mesta e silenziosa una parte umana di quella razza ariana che avrebbe dovuto conquistare l’Europa… e anche un po’ di Africa del nord. Per fortuna non ci riuscì… per fortuna arrivarono a morire per noi dall’altra parte dell’Atlantico.

 Vennero a morire per noi… o per loro?

Qui girava il Tram. Proprio da qui vidi la lunghissima e mesta autocolonna del Reich.

Il bimbo ricorda anche che fino a qualche giorno prima di quel 25 aprile, che, oltre a ricordarci la libertà conquistata ci vuol ricordare la barbarie di certi atti compiuti dai nazisti, lui abitava da pochissimo in una villetta… lassù un po’ in alto… da dove si gode il mare e l’orizzonte. Ebbene, quella villetta, per un po’ di tempo fu “caserma” dell’esercito tedesco, concessa a loro col sottinteso “Cedo alla violenza”. Fu appunto questa apparente concessione in lingua tedesca, che permise al proprietario (mio papà) di ritrovarsi la casa in buone condizioni con per giunta una cassa di vetri per finestre.

Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entrano i vetri per finestre.

A questa domanda è lecito rispondere che i vetri erano preziosissimi, perché lo spostamento d’aria causato dalla deflagrazione delle bombe li frantumava.

Il bimbo, già allora capì, chissà se ne fece tesoro, che nella vita può essere molto interessante parlarsi anche se si è nemici, e ancor più interessante se ci si parla nella stessa lingua… e, se ci si parla nella stessa lingua, sarà positivo se si eviterà di essere presuntuosi.

Il bimbo ricorda appunto la paura e l’odio che spirava consistente.

Il bimbo è cresciuto ed è diventato vecchio… ha lavorato e, recentemente ha studiato la storia… un po’ di storia… di quando lui c’era e anche di quello che non hanno voluto dirgli.

Sissignori, è proprio così. Ho dovuto prendere atto che la guerra partigiana non è stata così candida come si vorrebbe far credere durante le manifestazioni del 25 aprile.

Un paio di cosine che forse non capirò mai:

Perché s’è voluto trucidare i partigiani italiani nell’eccidio di Porzùs?

La risposta è abbastanza logica. I partigiani della Osoppo che non erano alle dipendenze né del Partito Comunista Italiano e neppure dei partigiani sloveni, erano particolarmente scomodi perché non volevano in quelle zone d’Italia la supremazia della Jugoslavia… in poche parole non volevano, combattendo le truppe naziste, che la futura Federazione Jugoslava di Tito fagocitasse l’Istria con Trieste e Gorizia.

A questo punto è molto interessante prendere atto che la regia delle truppe partigiane d’Italia voleva essere comunista del PCI. Ma, chi era in Italia diventato il padrone del PCI? Un cittadino dell’Unione Sovietica: Palmiro Togliatti.

Proprio così. Palmiro Togliatti, fuggito o stabilitosi nell’URSS ai tempi del fascismo, nel 1930 rivendicò la “rinuncia alla cittadinanza italiana”. Non solo, ma, nel gioire dell’essere diventato cittadino sovietico, dichiarò di “valere dieci volte più del migliore italiano”. Fin qui, potrebbe essere stato anche scusabile… infatti nell’URSS le purghe erano all’ordine del giorno. Dichiarare però che come italiano si sentiva “un miserabile mandolinista e nulla più” mi sembra che avrebbe dovuto essere sufficiente per negargli addirittura l’ingresso in Italia.

 

Il bimbo di allora non sapeva neppure che Palmiro Togliatti esisteva… anche se era nato a una minima distanza da lui…. Proprio a Genova. Il vecchio però ha cominciato a documentarsi e ancora non è riuscito a comprendere come fosse possibile che un cittadino dell’Unione Sovietica che aveva “sputato” sull’Italia e aveva offeso i mandolinisti, non fosse stato rispedito al mittente. A quei tempi, quando nel 1944 Togliatti rientrò in Italia (Svolta di Salerno), probabilmente non esistevano le Guardie di Frontiera che controllavano passaporti e visti; poi però, quando si trattò di dare una fisionomia al Parlamento, Chipermise a uno straniero, (Togliatti era diventato uno straniero – a quei tempi l’Italia non ammetteva ancora la doppia cittadinanza), di far parte del Governo Italiano?

Se riprese la cittadinanza italiana, Chi fu a concedergliela?

Dopo quello che aveva dichiarato a Mosca potevano esserci gli estremi del vilipendio… o no?

“Perché mi faccio queste domande?” mi si potrebbe chiedere “Cosa c’entra con la Festa della Liberazione?”

C’entra eccome. Fu lui a “consigliare” ai partigiani comunisti del Nord-Est di lasciarsi dirigere dai titini affinché, grazie alla fratellanza italo-slaval’Istria con Trieste uscissero dall’Italia. Era quanto desiderava Tito spalleggiato da Stalin. Ancora non c’era stata la rottura fra Tito e Stalin e Togliatti riceveva ordini direttamente da Mosca.

Malgrado ogni mia ricerca, ancora non sono riuscito a comprendere come fu possibile che a un fuoruscito che rinnegò pubblicamente la sua italianità si dessero incarichi di Governo. Fu addirittura Ministro di Grazia e Giustizia!!!

Chi permise questo? Gli fu restituita la cittadinanza italiana? Se gli fu restituita, chi gliela restituì?

Sicuramente la guerra partigiana sarebbe stata differente e, probabilmente non ci sarebbero stati così tanti morti italiani a Trieste e in Istria… e chissà che la nostra storia non avrebbe avuto dei risvolti diversi?

Sarei contento se qualcuno potesse rispondere a questi miei interrogativi.

In ogni caso, la guerra partigiana coi vari C.L.N. fece indubbiamente la gioia di molti filatelisti che videro fiorire francobolli soprastampati a più non posso.

Ne sono un esempio questi due francobolli della Repubblica Sociale Italiana soprastampati, uno a Ponte Chiasso e l’altro a Savona.

 

Ai tempi ci fu pure chi scomodò Pinocchio per dileggiare il comportamento di Togliatti e Nenni… il gatto e la volpe.

 

 

 

Da “BARBERIST”

Mia definizione di libertà:

FARE CIÒ CHE FA PIACERE A PATTO DI NON NUOCERE A SE STESSI O AD ALTRI

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PER FAVORE NON SCRIVERE MI PIACE SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

 

I MONFALCONESI 2

 

Registrazione del 4 aprile 2018

Personaggi:
Alberone, Alessandro, Tasso e Panchina Rotonda.

 

Alberone:“Buondì Alessandro, ti vedo con piacere.”

Alessandro: “Anche a me fa piacere vederti. Penso che il tuo sonno sia ormai finito. Stai aspettando le prime foglioline… e poi i rametti. ”

Alberone: “Sì, era già quasi Inverno. Ora comincia ad arrivare di nuovo la gente… e si siede sulle panchine…”

Alessandro: “Guarda che bella foto t’ho fatto quando non ti avevano ancora “sbarbato”… messo nelle condizioni di affrontare l’Inverno.

Tu hai orecchie per tutti… vero? ”

ALBERONE… prima che fosse “sbarbato”.

Alberone: Sono bello però… e penso anche. E ho pensato a quello che vi siete detti un po’ di giorni fa con Tasso e i suoi fratelli. Ho pensato ai Monfalconesi… E non ho potuto fare a meno di considerare che quegli Umani furono proprio dei poveretti. Anche se la loro ideologia faceva acqua da tutte le parti, non si può non pensare che furono terribilmente sfortunati. Il loro desiderio di portare avanti, assieme agli slavi, con orgoglio l’idea del socialismo a cui credevano, li espose a tal punto da coinvolgere le loro famiglie.”

Alessandro: “Tu dici sfortunati… il che è un po’ poco se consideri che molti di loro ci hanno lasciato la pelle. Secondo me, anche se non ho mai considerato positivamente il comunismo, penso che quei poveretti meriterebbero una medaglia. È un modo di dire, perché, se una persona, o un gruppo di persone crede in quello che fa, meriterebbe un premio.”

Alberone: “Sai tu se quelli che sono riusciti a tornare in Italia, hanno avuto la possibilità di rifarsi una vita?”

Alessandro: “Non ne so abbastanza, ma credo che abbiano avuto molte difficoltà. Fu già per loro difficilissimo, se non impossibile “raccontare” le loro vicissitudini. Non bisogna dimenticare appunto che era tassativamente necessario non danneggiare il partito.“

Alberone: “So che ebbero molte difficoltà. D’altra parte, secondo me, loro erano molti e, avrebbero forse dovuto documentarsi un pochino di più prima di partire per quell’importante avventura.”

Alessandro: “Ma Loro si fidarono di Togliatti e di Secchia che sapevano bene cos’era il comunismo e com’era il grande capo Stalin. Sapevano perfettamente quanto Stalin poteva essere malvagio; sapevano delle “purghe” e della sua spietatezza; proprio così, perché quell’uomo che comandava al Cremlino era spietato. Se qualcuno gli era scomodo, spariva dalla circolazione… da defunto.

Alberone: “Sì, ne ho sentito parlare. Addirittura riusciva a raggiungere, coi suoi carnefici anche lidi molto lontani.”

ALBERO TASSO

Alessandro: “Arrivò anche in Messico dove era fuggito Lev Trotzky… e riuscì a farlo defungere.”

Albero Tasso: “Vi sento e considero molto interessante il vostro colloquio… che però vi porta un po’ lontano, e potrebbe addirittura farvi prendere in considerazione la famosa Frida Kahlo.”

Alberone: “Perché la Frida?”

Tasso: “Perché fra la Frida e il Lev ci fu del tenero.”

Alessandro: “Ma lo sapete che a Milano c’è una bellissima mostra della Frida Kahlo?”

2018 – FRIDA KAHLO A MILANO

Tasso: “Sicuramente molto interessante. Sì, lei ebbe una vita piuttosto carica. Aveva una mente e delle energie particolari. Ne potremo eventualmente riparlare. Ora troverei interessante prendere in considerazione come cosa giusta quello che hai detto tu Alessandro; e cioè che, secondo te i Monfalconesi andrebbero premiati.”

Alessandro: “Come dissi, non condivido certe ideologie, ma, loro hanno creduto in massa a quello che hanno loro raccontato e, non solo l’hanno accettato, ma hanno anche messo a repentaglio la vita delle loro famiglie pur di poter portare avanti ciò a cui furono portati a credere. Alcuni furono addirittura dei martiri… ma non doveva saperlo nessuno… altrimenti, quelli che vivevano nell’”imperialismo” avrebbero sentito quale era la realtà del comunismo… almeno quello che veniva predicato a Mosca e preso nella massima considerazione dai leader del Partito Comunista Italiano… comprese le scelleratezze del regime.”

Tasso: “Molti dei Monfalconesi erano stati partigiani e probabilmente, trascinati dall’ideologia, erano rimasti ciechi, nel senso che non erano stati capaci di guardarsi bene intorno.”

Alessandro:“Probabilmente li avevano istruiti molto bene. In ogni caso, l’argomento più importante era quello di ricostruirea tutti i costi… dopo le malefatte del nazifascismo.”

Alberone: “Scusate se m’intrometto; sapete che, ascoltando la gente che sta seduta qui su queste panchine, ho sentito dire che l’Umano Presidente della Repubblica Italiana, mi sembra risponda al nome di Mattarella, avrebbe dettoche il fascismo in Italia non fece nulla di buono? A me sembra strano. Quante volte, proprio su queste panchine, parlando dell’Italia, ho sentito dire testualmente: “ANDAVA MEGLIO QUANDO ANDAVA PEGGIO”. Quelli che lo dicevano non mi sembravano dei nostalgici. Cosa ne dite?”

Tasso: “Hai ragione. L’Umano Mussolini riuscì anche a fare delle cose buone; mi viene ora in mente, per esempio, che riuscì a “prosciugare” certe paludi dove la malaria era di casa. Purtroppo si fece prendere la mano e finì, succube dell’Umano Hitler, con la Repubblica Sociale Italiana.”

Alessandro: “Sì, sì. Ricordo che mio padre mi raccontava che, prima delle bonifiche, se si passava da quelle parti in treno, specialmente col treno della notte, anche in piena estate, era vietatissimoaprire i finestrini. Bisogna tener presente che l’aria condizionata nei treni non esisteva ancora, e che i finestrini potevano essere aperti facilmente… e, nelle stazioni, dai finestrini passava di tutto… anche bambini oltre ai bagagli e alle bibite. E con la Repubblica Sociale Italiana finì, forse eroe, un certo Paride Mori.”

Tasso: “Sì, ho sentito parlare di questo Umano. Volevano dargli una medaglia al valore… veramente non proprio a lui perché morto da molto tempo.”

PARIDE MORI

 

Alberone: “Ne parlavano nel 2015. I parenti di questo Umano avrebbero dovuto ricevere un riconoscimento al valore. Fu revocato, non si sa bene se perché era un fascista della Repubblica di Salò, o perché morì in combattimento. Pare che a protestare fosse particolarmente l’ANPI, cioè l’Associazione dei Partigiani… che combatterono contro i nazifascisti per liberare l’Italia.

Tasso: “È vero, era un fascista, ma, a quei tempi quelli che non riuscivano a imboscarsi a fare il partigiano, erano obbligati ad essere inquadrati nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana. Fu un periodo molto difficile per l’Umano italiano del Nord. Dopo che Mussolini fu “prelevato” dalla prigionia sul Gran Sasso e messo a capo della Repubblica di Salò, erano ancora molti gli italiani che speravano in una riscossa… sì, in una ripresa delle ostilità in favore dell’Asse.”

Panchina Rotonda: “Vi sento. I vostri discorsi sono molto interessanti. Io ho sempre sentito parlare bene dei partigiani… che avrebbero liberato l’Italia dalla dittatura; cos’è l’Asse?”

Alberone: “L’Asse è l’unione fra Germania, Italia e Giappone… la chiamavano anche ROBERTO da ROmaBERlinoTOkio. È vero, i Partigiani hanno combattuto in favore della libertà e della democrazia, ma si sono anche lasciati andare a terribili scellerattezze.”

Tasso: “Caro Alberone, dici delle cose giuste… e ne parleremo dopo. Hai interrotto il mio pensiero. Stavo dicendo che a quei tempi era un po’ difficile capire cosa era meglio fare. I giovani erano stati “temprati” dall’ideologia fascista e dal fatto che l’”italica gente” doveva considerarsi migliore… naturalmente assieme a quella ariana. Gli Umani d’Italia che avevano applaudito il DUCE erano moltissimi, e moltissimi di quei moltissimi erano poi diventati antifascisti convinti, forse anche con se stessi, di non essere mai stati con Mussolini. A parte queste trascurabili ipocrisie del dopo, non bisogna sottovalutare la terribile situazione del momento, ancor più “fluida” in quell’Istria dove non solo si cimentavano le truppe naziste, quelle della Repubblica Sociale Italiana, i partigiani del CLN italiano, i titini e sporadicamente, ma con una certa disinvoltura, la X MAS di Junio Valerio Borghese. C’erano anche gli appartenenti al Regio Esercito Italiano che dopo l’8 settembre 1943 non sapevano cosa fare o da che parte voltarsi. Fu, per gli Umani che vivevano da quelle parti un vero e proprio caos, tanto più che i tedeschi avevano decretato l’Adriatisches Küstenland come, a tutti gli effetti, territorio del Reich. Forse qualche Umano amava ancora la Patria Italia e, combattendo, lo faceva con patriottismo. Fu forse il caso di quell’Umano Paride Mori al quale fu negata la medaglia alla memoria?”

Alessandro: “Mentre dicevi che si veniva “temprati” dall’ideologia fascista ho dovuto ricordare che i giovani assorbono molto di più ciò che viene loro “inculcato” e che, appunto, da bambino apprezzavo molto la divisa di “Figlio della Lupa” e invidiavo mio fratello che era già un “Balilla”. Per questa ragione, credo che per un giovane potesse essere più difficile diventare antifascista… e pensare che mio papà non era per niente fascista. Ricordo che fui molto triste quando bruciarono la mia divisa di figlio della lupa.”

Tasso: “Mi dimostri che non penso delle stupidaggini. Naturalmente ci sono sempre le eccezioni e i casi aberranti come quei partigiani che “utilizzarono” la situazione per vendicarsi di torti subiti o per dare sfogo a mostruosi istinti animaleschi. Mai come in circostanze simili, certi Umani si sentono in dovere di dare la massima dimostrazione di quanto si possa essere perversi. Usare in gruppo” una donna, per giunta giovanissima, dovrebbe essere sufficiente per essere cancellati da ogni diritto di tipo Umano.”

Alberone: “Se non sbaglio, caro Alessandro, in un capitolo del tuo libro hai menzionato il titolo di un giornale: “STUPRO, ARMA DI GUERRA”. Hai considerato certi individui “mezzo uomo”.

Alessandro: “Credo che certi individui non debbano essere considerati “uomo”… perché il vero uomo ha un cerebro che, specialmente in certi casi, dovrebbe sempre venir collegato. Chissà se sbaglio, o il genere umano ha bisogno di certi modelli?”

Alberone: “Non struggerti… non ne vale la pena; il mondo va avanti lo stesso… anche con delle folli e inspiegabili storpiature. Tornando al nostro discorso che coinvolse i Monfalconesi, penso con te che la loro memoria andrebbe premiata… assieme alle loro famiglie. Loro hanno amato un’ideologia alla quale credevano e hanno tentato di portare concretamente l’italianità nel socialismo puro… che però non esisteva. Nello stesso modo quell’Umano Paride Mori ha perso la vita per amore verso la Patria… in cui sicuramente credeva. Potremo riprendere il discorso delle scelleratezze operate da certi partigiani, non foss’altro che per il fatto che potrà essere giusto ridimensionare certi eroismi del passato.”

Alessandro (guarda l’orologio): “Concordo… e vi saluto… devo andare.”

Tasso: “Ciao Alessandro.”

Alberone: “Ti aspettiamo.”

 

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Perché abbiamo dimenticato i nostri fratelli?… quelli d’Istria, Fiume e Dalmazia?

QUANTI SONO?

 

Registrazione del 28 gennaio 2018

Personaggi:
Alessandro, Albero Tasso, I Fratelli di Tasso e Panchina Rotonda.

 

Alessandro: “Buongiorno Tasso amico mio… non se ne può più.” 

Tasso: “Ciao Alessandro, cosa c’è che ti turba?”

Alessandro: “Per quest’anno non mi turba più; il 27 gennaio è finalmente passato.”

Tasso: “Ah… ora ho capito. Ti riferisci al “Giorno della memoria” e al fatto che tutti devono ricordare le cattiverie dei nazisti e delle leggi razziali del 1938 promulgate dal Regno d’Italia?”

Alessandro: “Bravissimo, vedo che hai capito.”

Tasso: “Ma certo che capisco. So che tu non sei per niente di idee fasciste, se così si può dire, e, capisco anche quello che hai nella testa. Credo che tu abbia ragione circa questa pretesa di “dover ricordare” le scelleratezze dei nazisti e dei fascisti e il parlar troppo poco di quello che son riusciti a fare i comunisti, per non parlar di Stalin.”

Alessandro: “Il mio interesse non è contro qualcuno, ma per qualcuno. È infatti assodato che molti, troppi italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, hanno pagato prezzi troppo alti dopo la disfatta delle milizie del Regno d’Italia. La Seconda Guerra Mondiale fu una catastrofe per tutta l’Italia, ma, quando la guerra finì, furono “Loro” a pagare il prezzo più salato… ma l’Italia non si curò di loro, né durante e neppure dopo e… neppure in tempi recentissimi quando Slovenia e Croazia entrarono a far parte dell’UE.”

Tasso: “Ma tu Alessandro vuoi essere vendicativo… e non va bene.”

Alessandro: “No, no, non è così, nello stesso modo come il riconoscimento dell’Olocausto non sembra voler essere vendicativo verso il popolo di Germania. La Giornata della Memoria, lo dice la parola, dovrebbe servire per ricordare, quello che desidererei io sarebbe la necessità di “sapere” cosa accadde, dato che certe politiche delle italiche genti non hanno voluto che si sapesse.

Dicono: “Giornata del ricordo”… e il 10 di febbraio dovrebbe esserlo per quello che accadde da quelle parti, ma che cosa bisogna ricordare se si sa troppo poco?”

Da Wikipedia.

Tasso: “Mi sembra importante che esista quella solennità civile istituita nel 2004, non ti sembra?”

Alessandro: “Certamente, sì, sono contento. Pensa che bello, dopo più di 50 anni… sì perché le sofferenze di quei poveretti sono iniziate l’8 settembre 1943. Il fatto che si siano ricordati di istituire questa ricorrenza è sicuramente positivo; la componente veramente tragica è che, alcuni componenti della politica italiana, nel non lontano 2015, considerano “vittimismo” il desiderio di ricordare la barbarie di quegli anni contro l’”italiano”.

I Fratelli di Tasso: “Chi sarebbero questi politicanti italiani?”

Tasso: “Cari fratelli, non sta bene parlar male di qualcuno, anche se in questo caso diventa quasi necessario dal momento che determinate asserzioni pubblicate su un “Blog dei Giovani di Rifondazione Comunista di Monza e Brianza” dimostrano la poca conoscenza della storia. Credo infatti che chi ancora inneggia al comunismo abbia studiato poco il passato… anche e particolarmente per quanto riguarda quello che volle il Partito Comunista Italiano cappeggiato da Palmiro Togliatti. È infatti abbastanza assodato che se l’Istria oggi non è più Italia e molti italiani hanno dovuto scappare dalle loro case abbandonando quasi tutto sia in buona parte conseguenza della politica comunista capeggiata da Togliatti… che sicuramente riceveva ordini direttamente da Mosca e doveva “essere gentile” col dittatore jugoslavo.”

I Fratelli di Tasso: “Ma tu dicevi che gli italiani erano stati malvagi quando invasero la Slovenia.”

Tasso: “È vero, ne parlammo. L’Esercito Italiano si comportò malissimo, non credo però che la vendetta degli slavi nei riguardi di inermi italiani possa essere giustificata. Ne potremo parlare. Non vorrei oggi parlarvi di queste “cattiverie”, ma preferisco, nella “Giornata del ricordo”, rammentare la pessima accoglienza dell’Italia verso quelle popolazioni che scappavano, se non dalla morte, da persecuzione sicura. Quelle centinaia di migliaia di italiani che, arrivati anche in modo rocambolesco in Italia, venivano o accolti come “straccioni” e messi in “Campi Profughi” per anni e anni, o addirittura trattati miseramente come fascisti.”

Alessandro: “Sì Tasso hai ragione. Che gli slavi, con la scusa della vendetta si fossero comportati male, o malissimo è assodato… e potremo riparlarne; qui, annoiati dalla memoria dell’olocausto siamo gioiosi nel prendere atto che i Governanti italiani hanno avuto bisogno di più 50 anni per accorgersi che nell’alto Adriatico molti innocenti con la cittadinanza italiana hanno sofferto finché erano “braccati” dal comunismo di Tito e hanno continuato a soffrire dopo essere riusciti a raggiungere la Penisola.”

Tasso: “Sì, credo che questa componente abbia dimostrato, da parte dei Governanti di allora una certa malvagità. Il PCI godeva tutto e li trattava come inneggianti al Nazifascismo, “gli altri” avrebbero avuto problemi maggiori… Penso però che, se non sei all’altezza di governare sarebbe meglio se andassi a coltivare cipolle.”

I Fratelli di Tasso: “Ma cosa dici mai fratellone! Però crediamo proprio che tu abbia ragione. D’altra parte, ti sembra che “Quelli di oggi” sappiano il fatto loro?”

Tasso: “Certo che sanno il fatto loro… anche se non tutti riusciranno a conservarsi la ”poltrona” alle prossime elezioni di marzo. Sanno il fatto loro solo per gli interessi personali, ma non per la popolazione che ha dato loro fiducia. Anni fa i profughi istriani stavano malissimo… “QUANTI SONO?” avremmo detto… e prima stavano bene; oggi qualche milione di italiani è povero… e prima stava bene.”

Alessandro: “OK amici, vi ringrazio per la compagnia; come avete potuto constatare non mi sono neppure seduto su Rotonda dato che ho fretta… quindi devo andare.”

Panchina Rotonda: “Volevo proprio chiederti perché non ti siedi, se ce l’hai con me.”

Alessandro: “No assolutamente… sono già in ritardo.”

Rotonda: “Per fortuna. Ciao, salutaci tua moglie.”

Tasso e I Fratelli di Tasso: “Ciao Alessandro… a presto.”

Alessandro: “Ciao a tutti.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UNA FINESTRA

Oggi

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QUESTO ARTICOLO È PIUTTOSTO LUNGO CON DEI CONCETTI INTERESSANTI. PER FAVORE NON SCRIVERE MI PIACE SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

 

Registrazione del 5 gennaio 2018

Personaggi:
Albero Tasso, Panchina Rotonda, Alessandro, e I Fratelli di Tasso.

 

Tasso: “Ciao Rotonda, mi sembra di aver visto passare Alessandro, chissà se si fermerà.”

Albero Tasso

Rotonda: “Sì, l’ho visto anch’io… sul bus; andava in città. Magari al ritorno si ferma un po’ qui da noi.”

Tasso: “Mi piacerebbe continuare il discorso del mese scorso. L’altra volta abbiamo parlato di Zara… in modo non del tutto esauriente. Ci sarebbe ancora molto da dire circa la malvagità degli slavi che si sono impossessati di quella bellissima cittadina. Forse Alessandro non sa che il letterato Vladimir Nazor, ottimo comunista e primo Presidente della Repubblica Socialista di Croazia, aveva preconizzato la disfatta di Zara. Nelle sue parole, anche se larvatamente, c’era lo stesso odio che spinse i comunisti titini a distruggere tutto quanto avevano risparmiato le bombe degli Alleati (dopo 54 incursioni aeree) e trucidare nella città ogni minimo esemplare umano dell’italianità che fu sovrana da molte centinaia di anni. Riuscirono ad uccidere almeno 2000 Umani e a distruggere, fra l’altro, anche tutti gli schedari dell’Anagrafe.”

Rotonda: “Come si fa a conoscere certi particolari?”

Tasso: “Pare che un Umano, un certo tenente dei Carabinieri Antonio Calderoni, riuscì a scampare al massacro, e fu una importante testimonianza.”

Rotonda: “Quindi, dopo l’irruzione a Zara delle “truppe” di Tito, di italiani vivi ne rimasero ben pochi.”

Panchina ROTONDA

Tasso: “Non credo ne siano rimasti molti. Su 22.000 abitanti, molti sono morti sotto quei bombardamenti, altri sono fuggiti in Italia, e i restanti trucidati. Hai messo giustamente truppe fra virgolette… perché quelle erano truppe per modo di dire, altrimenti, se fossero state parte di un vero esercito avrebbero dovuto far prigioniere le forze dell’ordine, come i carabinieri, anziché massacrarle.”

Rotonda: “Ma non è terribile dover considerare a quale livello riesce ad arrivare l’odio degli Umani? Che poi, a questo Vladimir Nazor hanno addirittura intestato un Parco a Zara… se non sbaglio… da quello che è arrivato ai miei legni.”

Tasso: “E non ci sarebbe da meravigliarsi se gli avessero pure fatto un francobollo. Se si semina amore si rimane dimenticati, ma se si semina odio, è più facile essere ricordati. Chiederemo ad Alessandro se esistono francobolli che lo commemorano.”

Rotonda: “Lo vedo, sta arrivando, chissà se avrà cominciato bene l’anno? Eccolo. Ciao Alessandro, ti stavamo aspettando, nel senso che speravamo venissi a trovarci.”

Alessandro: “Ciao a tutti, come state?”

I Fratelli di Tasso: “Rotonda e nostro fratello stavano parlando di Zara e delle vigliaccate fatte dai titini. Hanno anche menzionato un certo Vladimir Nazor… tu sai se l’hanno commemorato con un francobollo?”

FRANCOBOLLO DI JUGOSLAVIA.

Alessandro: “Dev’essere stato per i croati proprio un grand’uomo. Sì, ho fatto delle ricerche e la Federazione Jugoslava lo commemorò con un francobollo.

Mi fermo un pochino sui legni di Rotonda. Mi piacerebbe se ci parlassi un po’ di Fiume… conoscere un po’ quanto è arrivato a te… e voi Fratelli di Tasso.”

Tasso: “Fiume ha una storia un po’ particolare perché, se Zara diventò parte del Regno d’Italia nel 1920 grazie al Trattato di Rapallo, Fiume, sempre come conseguenza dello stesso Trattato diventò “Stato libero di Fiume” e, parte del Regno d’Italia solo nel 1924. Quella storia di Fiume è particolarmente legata a Gabriele d’Annunzio che la voleva fortemente parte integrante del Regno d’Italia. È vero Alessandro che in quel periodo la storia postale di FIUME fu particolarmente interessante?”

Alessandro: “Non mi sono mai specificamente interessato ai francobolli di quei tempi. È interessante però conoscere almeno il francobollo che porta l’effigie di Gabriele D’Annunzio… che fu anche in parte Governatore della Reggenza del CarnaroBisogna dire che, anche se lo STATO LIBERO DI FIUME durò solo 4 anni, sfornò molti francobolli e molti soprastampati… anche molto per succhiare soldi ai collezionisti.”

BOLLO DI FIUME

Tasso: “La città, dopo l’annessione all’Italia, ebbe qualche industria, i cantieri navali e un porto importante. E poi, durante la guerra ci fu a Fiume un prestigioso silurificio, molto importante per l’equipaggiamento dei sottomarini e per la famosa X MAS di Junio Valerio Borghese.

Rotonda: “Quando cominciò la vera decadenza di Fiume italiana?”

Tasso: “Io credo dopo il famoso e famigerato 8 settembre del 1943.”

Rotonda: “Perché famigerato? L’Italia firmò l’armistizio e la guerra, per almeno una parte degli italiani, finì.”

Tasso: “Giusto per l’Italia del sud, ma, per l’Italia del nord e del centro cominciò un terribile calvario. Ho detto famigerato, particolarmente per il fatto che lo seppero prima i tedeschi degli italiani. La componente più deprimente fu che l’Esercito Italiano non fu informato per tempo e, tanto gli Ufficiali, quanto la truppa si ritrovarono disorientati e, tutt’a un tratto si trovarono ad essere “braccati” dai tedeschi che fino al giorno prima erano alleati.”

Rotonda: “Fu per superficialità o incompetenza?”

Tasso: “Tutt’e due.”

I Fratelli di Tasso: “Noi crediamo che sia più superficialità che incompetenza. Noi pensiamo che, prima di fare un passo così importante nel quale ci potrà essere un coinvolgimento di un intero esercito e di milioni di cittadini, sarebbe stato meglio ponderare un pochino.

UNO DE “I FRATELLI DI TASSO”

 Rotonda: “Dite che il Maresciallo Badoglio non avrebbe dovuto firmare, o meglio fatto firmare l’armistizio?”

I Fratelli di Tasso: “Diciamo semplicemente che il Maresciallo Badoglio, prima di lasciarlo raccontare a tutti dal Generale Dwight Eisenhower attraverso Radio Algeri e “raccontarlo” lui stesso attraverso la EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche), avrebbe dovuto ben avvertire i Comandi del Regio Esercito ed avere conferma che anche le truppe lontane dall’Italia ne fossero informate.”

Tasso: “Giusto fratelli miei. Avrebbe anche dovuto impartire ordini precisi onde evitare all’Italia il caos che ne derivò.”

Rotonda: “Da dove parlò alla radio il Maresciallo Badoglio?”

Tasso: “Da Roma.”

Rotonda: “Però a Roma c’erano ancora i tedeschi.”

Tasso: “Le truppe tedesche erano nell’Italia settentrionale e centrale. Scattò da quel momento l’”occupazione” dell’Italia non ancora raggiunta dalle Forze Alleate.”

Rotonda: “E Badoglio?”

Tasso: “Badoglio letteralmente scappò da Roma assieme al Re, alla sua famiglia e a molti Ufficiali delle Forze Armate italiane.”

Rotonda: “Ma se uno scappa vuol dire che è in pericolo; non poteva andare via prima del proclama ed evitare di fare la figura del fuggitivo?… per non farsi prendere dai tedeschi?”

Tasso: “Ma certo che avrebbe potuto. Questo dimostra la superficialità con cui si arrivò a quell’Armistizio… che, in fondo in fondo, non per parlar male dell’amata Italia, è la stessa superficialità con cui si muovono i Governanti italiani degli ultimi decenni. Per farla breve, il Badoglio s’imbarcò sul BAIONETTA a Pescara, il Re Vittorio Emanuele III, la sua Famiglia, il seguito e qualche generale a Ortona. Andarono a Brindisi e cercarono di far muovere i primi passi al Governo del Sud.”

Rotonda: “Cos’è questa digressione? Parlavamo di Fiume che, dopo l’8 settembre 1943, se non vado errando, fu “occupata” dalle truppe di Hitler.”

In verde i due Land tedeschi sottratti alla Repubblica Sociale Italiana.

Tasso: “Da quel momento, a comandare la città furono i tedeschi, anche perché Fiume fu inclusa nel Land tedesco ADRIATISCHE KÜSTENLAND.”

Alessandro: “È proprio così. La Repubblica di Salò non aveva molto da dire. Bisogna però menzionare che nel periodo in cui comandavano i tedeschi, la cittadinanza era, in un certo senso, protetta dalle angherie dei partigiani di Tito. La tragedia dei fiumani, o quarnerini, cominciò quando la Wehrmacht si ritirò lasciando spazio all’irragionevolezza dell’”esercito di Tito”.

Tasso: “Non era un vero esercito. Enrico Burich l’allora Preside del Liceo ginnasio di Fiume scrisse che i titini arrivarono “alla spicciolata”, quindi non come ci si aspetta da un esercito. È ancora più crudo, parlando di chi sta invadendo la città (Gianni Oliva – PROFUGHI – Oscar Storia – Mondadori): “Sono di tutte le età, vecchi barbuti, con grandi baffoni, ragazzi biondi in divise di varie origini, sporchi, trasandati, scalzi o colle scarpe rotte, come se non avessero mai avuto istruzione militare, senza nessun contegno, con un berretto unto, o con un fazzoletto addirittura, macilenti. Non si è mai visto dei conquistatori di questo genere. Che cosa si può aspettare?

Qui a Fiume non è come a Zara da dove, buona parte della cittadinanza aveva già abbandonato la città a causa dei bombardamenti. Qui c’erano ancora circa 45.000 italiani che, sgomenti e intimoriti, vedono arrivare questo “esercito” di persone che sembra non abbia mai visto una città.

La guerra è veramente finita, il mondo ricomincia a respirare, gli italiani si stanno leccando le ferite e pensano con fiducia al futuro… ma non è così per i fiumani che si considerano italiani a tutti gli effetti. Fiume è capoluogo di provincia con le sue industrie, i cantieri navali, il silurificio, le Officine Meccaniche, una Raffineria e un porto efficiente che ha collegamenti con tutti i continenti. Anche se l’esercito tedesco, prima di ritirarsi, ha distrutto tutto quello che era possibile distruggere, una popolazione come quella di Fiume avrebbe potuto sentire la possibilità di guardare con fiducia nel futuro. Invece no, perché, proprio dal primo giorno in cui i croati dimostrarono, o vollero dimostrare di essere arrivati come padroni, eliminarono, processarono, uccisero e fecero scomparire non solo chi era stato un buon fascista, ma anche antifascisti non comunisti e autonomisti memori del passato della città. Non solo i vari dirigenti venivano soppressi o licenziati, ma, semplici cittadini, seguendo il copione di quanto stava accadendo a Trieste, venivano prelevati nottetempo… e da quel momento nessuno ne avrebbe saputo più nulla.”

Rotonda: “Ma caro Tasso, ho l’impressione di non aver capito bene. Tu dici che gli slavi che sono entrati nella città di Fiume come liberatori delle forze naziste, appena arrivati… e per un po’ di tempo hanno cominciato ad uccidere ed eliminare senza criterio? Ma, se un esercito vittorioso occupa una città può permettersi di uccidere senza criterio?”

LA TARGA DI FIUME.

 

Tasso: “Il criterio c’era… era quello di distruggere la maggior parte di quegli italiani influenti che avrebbero potuto aver voce in capitolo nel momento in cui gli Alleati assieme ai Sovietici avrebbero decretato il futuro della città. Fu tragico e allucinante il modo con cui l’OZNA (Dipartimento per la protezione del popolo) riuscì a “scompensare la popolazione italiana di Fiume. Neppure gli italiani appartenenti alla fede comunista avevano qualcosa da dire; furono emarginati. Superata la prima fase, nessuno si sentiva più sicuro in casa propria. A chiunque poteva succedere, in piena notte, di sentir bussare violentemente alla porta ed essere letteralmente prelevato e trascinato via con la scusa della necessità di accertamenti… e poi più nulla.”

I Fratelli di Tasso: “Ma insomma caro fratello, non ti sembra di esagerare un po’?. Questi slavi non erano mica così incivili!”

Tasso: “No, non esagero. Anche gli italiani, che in periodo fascista pretesero l’italianizzazione di tutto, si dimostrarono incivili. Infatti è veramente mancanza di civiltà privare qualcuno della propria identità e costringerlo con un cognome più vicino all’italica parlata, però uccidere per il puro gusto di uccidere solo perché l’italiano ti è “antipatico”, mi sembra veramente da criminali. Questa non è più guerra, anche se ci sarebbe chi dice che in guerra tutto è permesso.”

Rotonda: “A me suonerebbe di più come un tentativo di “pulizia etnica”.

Tasso: “Anche se non fu proprio così, riuscirono ad ottenere quello che volevano.”

I Fratelli di Tasso: “Che sarebbe?”

Tasso: “Di far partire gli italiani?”

I Fratelli di Tasso: “Vorresti dire che i 45.000 italiani che abitavano a Fiume andarono via o fuggirono in Italia?”

Tasso: “Esattamente. Non proprio tutti, ma il 90%. La città si vuotò quasi completamente. Chi lasciò la città si ritrovò confiscata ogni cosa, non solo, ma non poté portare con sé più di quel tanto… o quasi niente. Mentre l’italiano andava via, il regime fece affluire croati, serbi, sloveni e bosniaci che presero possesso delle abitazioni lasciate libere.”

Alessandro: “A questo punto, la componente più “interessante” che è utile sottolineare consiste nel fatto che Fiume “conquistata” si trovò di colpo con abitanti che non erano mai stati in una città e senza quei dirigenti che avrebbero potuto far funzionare le sue industrie, il porto e le infrastrutture cittadine. Fiume aveva dei Cantieri Navali che nessuno era capace di rimettere in funzione; aveva anche un porto importante.”

Tasso: “Quindi gli slavi avevano conquistato una specie di bella e funzionante città, e l’avevano resa una specie di fantasma.”

Alessandro: “La strategia di Tito e, credo ancora di più di un certo Kardelj, fu quella di conquistare e conservare con l’odio… l’odio verso l’Italia e tutto quello che era italiano. Sloveno di nascita fu uno dei più importanti collaboratori di Tito, particolarmente quando Tito ruppe con Stalin.”

Rotonda: “Desidererei capire come fece la città, ormai slavizzata, a sopravvivere, se non aveva più le leve di comando che potessero portare avanti il funzionamento economico della componente industriale.”

Tasso: “Brava amica. La tua domanda è molto bella. Sì, perché, proprio per supplire alla terribile mancanza di mano d’opera specializzata, si aprì un capitolo, per certi versi terribile, ma anche molto triste; il capitolo che va sotto il nome de “I Monfalconesi”.

Rotonda: “Sarebbero quelli di Monfalcone?”

Tasso: “S`, proprio così. Quelli di Monfalcone… e non solo quelli, andarono a Fiume e dove fu necessario per aiutare il regime comunista. In poche parole, la “fratellanza italo-slava fece sì che molti italiani che credevano nell’ideologia comunista dettata dall’Unione Sovietica, si trasferissero con la famiglia tutta nella nascente Jugoslavia.”

I Fratelli di Tasso: “Vorresti dire che quasi tutti i fiumani scapparono dalla città e altri italiani andarono a lavorare a Fiume accolti a braccia aperte dagli invasori? Ma come fu possibile una tale assurdità?”

Tasso: “Fece parte della componente “indefinibile” gestita dal trio degli Umani “Togliatti, Tito e Stalin”. Togliatti, che aveva soggiornato a lungo in Unione Sovietica e conosceva bene Stalin, riuscì a convincere i buoni comunisti d’Italia ad andare assieme a tutta la famiglia a dare una mano al “fratello di sconcezze” Tito che si trovava a mal partito dopo aver trucidato e scacciato quegli italiani che avevano capito quanto fosse ipocrita la “fratellanza italo-slava”. Quello che accadde dopo fu semplicemente di grande tragicità; ve lo racconterò un’altra volta… perché ne vale veramente la pena.”

Alessandro: “È vero, la pagina dei “Monfalconesi” è una pagina veramente grottesca. Di Fiume ci sarebbe sicuramente ancora molto da dire. Due particolari possono essere interessanti. Uno veramente grottesco riguarda un certo Angelo Adam che era stato internato nel campo di concentramento di Dachau. Alla fine delle vere ostilità, dopo la capitolazione della Germania, lui ritorna a casa, sicuramente felice di essere di nuovo libero e sicuramente con positivi progetti per il futuro. Il ritorno a casa è piuttosto amaro, perché trova l’esercito di Tito e viene fatto scomparire insieme alla moglie e alla figlia… anche lui era un “nemico del popolo”. Ogni assassinio rattrista, ma questo in modo particolare… anche perché non esiste alcun rispetto nei riguardi di nessuno.

Ci sono poi le Poste Italiane che, sinceramente non capisco, spinte da quale politico o desiderio di giustizia, emettono nel 2007, un francobollo che ricorda agli italiani che FIUME faceva parte dell’Italia.

 

FIUME – Palazzo del Governatore

Interessante il fatto che l’emissione di questo francobollo fece irritare il Governo croato, per cui, sicuramente non conosceremo mai la verità, l’emissione fu rimandata dal 30 ottobre al 10 dicembre.

Tasso: “Mi fa accapponare la corteccia quello che hai raccontato dell’Umano Adam. È ugualmente surreale la storia dei Monfalconesi. Ce la racconteremo un’altra volta. Vedo che ti stai alzando; penso tu debba andare.”

Alessandro: “Esattamente. Vedo che sta arrivando il Bus che mi porterà a casa. Verrò presto a trovarvi.”

IL BUS DI ALESSANDRO

Tasso, Rotonda e I fratelli di Tasso: “Ciao Alessandro, ti aspettiamo.”

 

 

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Registrazione del 15 dicembre 2017

Personaggi:
Alessandro, Panchina Rotonda, Albero Tasso e I Fratelli di Tasso.

 

Alessandro: “Ciao Rotonda, posso sedermi?”

Panchina Rotonda: “Ma che domanda… sono qui apposta perché le chiappe degli Umani possano sedersi, ma, se devo dire proprio la verità… tu sei il preferito. Non sopporto gli Umani che fanno salire i cani. Noi siamo qui per le chiappe umane. Dimmi piuttosto, come stai e, come mai sei qui?”

Alessandro: “Volevo chiacchierare un po’ con te, con Tasso e coi suoi fratelli. M’interessava conoscere un po’ di più di quanto accadde in Istria e in Dalmazia dopo il 1943.

Rotonda: “Penso che siano tutti disponibili. Sai, qualche volta si assopiscono… li chiamo e non rispondono; forse è l’effetto dell’età. Ho l’impressione che ti abbiano captato.”

Albero Tasso: “Ciao Alessandro, come stai? Ti ho sentito, ma ero, come si dice, sovrappensiero. Qual buon vento…?”

Alessandro: “Ti ricordi che un po’ di tempo fa avevamo parla della provincia di Lubiana e delle “malvagità” perpetrate dagli italiani? Ecco che oggi m’interesserebbe approfondire le spietatezze messe in atto contro l’italica gente dell’Istria e della Dalmazia.”

Tasso: “Il capitolo è quasi infinito. A quei tempi, anni ’40, arrivarono a me notizie terribili… anche da Fiume. Credo che, potrebbe già essere smisurato prendere in considerazione ciò che accadde a Zara… quella gran bella città, quasi una piccola copia della Serenissima, che ne subì, di scelleratezze, a non finire.”

Alessandro: “Mi ricordo che da bambino si parlava di Zara. Quando si mangiava la “macedonia di frutta” ci si metteva un pizzico di Maraschino… che lo facevano a Zara. E poi sentivo dire che era una piccola provincia al di là nell’Adriatico.”

Una bottiglia del mitico Maraschino

Tasso: “È vero. Il Maraschino era molto famoso… e veniva esportato in tutto il mondo. Le bottiglie erano tipiche con tutt’attorno la paglia… quasi come i fiaschi di Toscana… senza pancia però. Tu ricordi il liquido che veniva aggiunto alla Macedonia. Pensa che i produttori e proprietari della distilleria fecero una brutta fine… Nicolò Luxardo e la moglie Bianca furono buttati in mare, non si sa bene se furono uccisi a colpi di remo o se annegarono perché fu loro attaccata al collo una pietra. Anche l’Umano Pietro Luxardo scomparirà e di lui non si saprà più nulla.”

Alessandro: “Chi li ammazzò, se furono ammazzati?”

Tasso: “Quasi sicuramente furono i “titini”, i partigiani di Tito che irruppero ufficialmente in città il 1° novembre 1944 e diventarono padroni della città. Questo però è da considerare il gran finale della città. Il dramma cominciò molto prima, quando la popolazione italiana c’era ancora tutta.”

Rotonda: “Cosa vuol dire che c’era ancora tutta.”

Tasso: “Vuol dire che non era ancora accaduto nulla di terribile a turbare la vita degli zaratini. Tutto cominciò quel famigerato 8 settembre del 1943 quando il capo del Governo italiano Maresciallo Pietro Badoglio annunciò via radio la resa dell’Italia. Da quel momento l’Italia non era più l’alleato dei nazisti ma, almeno nel nord e nel Centro Italia, aveva un esercito allo sbando… sbando nel vero senso della parola. Ne approfittò l’esercito del Terzo Reich che diventò nemico dell’Italia e s’apprestò a invadere tutto quello che poteva… invase anche Zara.

UN TIPO DI SOPRASTAMPA SU UN FRANCOBOLLO DEL REGNO D’ITALIA CHE RECA L’EFFIGE DEL RE VITTORIO EMANUELE III

Alessandro: “Fu in quell’occasione che soprastamparono in tedesco i francobolli italiani.

 

Tasso: “Tu che ti diletti di francobolli!”

 

Alessandro: “Ricordo che da bambino vidi per la prima volta quei francobolli perché il papà di un mio amico li aveva comperati per sé… e sembrava fossero una rarità. Io non ne ho mai posseduto.

 

ALTRO TIPO DI SOPRASTAMPA

 

Ora però, a parte la passione filatelica, penso che dovrebbe essere importante sapere che, a quei tempi accaddero, proprio a Zara delle scelleratezze terribili… particolarmente per i civili.”

Tasso: “Prima che Tito s’impossessasse definitivamente di Zara, non è ancora perfettamente chiara la ragione per cui la città dovette subire dei folli bombardamenti.”

Rotonda: “Chi bombardò la città?”

Tasso: “Gli Anglo-americani.”

Rotonda: “Vuol dire che era strategicamente importante.”

Tasso: “Non particolarmente. Faceva gola a Tito.

Alessandro: “Ma com’era possibile? Zara era italianissima sotto tutti i punti di vista. Fece parte della Repubblica di Venezia dal 1409 al 1797 anno della caduta della Repubblica per mano di Napoleone; dopo varie traversie che vide Zara sotto la dominazione degli Asburgo, la città venne a far parte del Regno d’Italia dopo la Prima Guerra Mondiale. Secondo lo storico Arrigo Petacco (L’ESODO – Oscar Mondadori) Zara era: “Un fazzoletto di terra proteso sul mare, compatta nella sua architettura veneta divisa fra calli e campielli, non era né una base navale, né una fortezza militare…

Tasso: “Pensa che Tito, d’accordo con Stalin voleva prendersi anche Trieste… ma di Trieste parleremo in un’altra occasione. Tornando ai bombardamenti su Zara, la componente allucinante è che ci furono ben 54 bombardamenti che rasero al suolo la città e ci furono almeno 4000 morti fra i civili… di fronte a una popolazione di 22.000.”

Alessandro: “Fu quindi un’inutile carneficina…”

Tasso: “Si potrebbe dire che non fu inutile perché la maggior parte degli italiani sopravvissuti ai bombardamenti scappò e cercò di rifugiarsi in Italia, e ai titini fu possibile impadronirsi della città.”

Alessandro: “Ma non fu l’unica carneficina “gratuita” in Europa.”

Tasso: “Alludi al bombardamento su Dresda?”

Alessandro: “Non solo a quei terribili bombardamenti su quella bella città, ma anche ai bombardamenti su quella perla del nord di nome Lubecca.

Tasso: “Sì, l’ho sentito dire, Lubecca è una città stupenda… è una città della Lega Anseatica. Fu bombardata il 28 marzo 1942, ma non perché fosse strategicamente importante, ma, per deprimere psicologicamente la mentalità tedesca che, seguendo Hitler credeva proprio che la Germania fosse “über Alles”. Intanto morirono 312 persone”

Rotonda: “Bombardando una bella città hanno ucciso tanta gente per “disturbare” psicologicamente il popolo tedesco? Ma come si fa a ragionare così?”

Tasso: “Cara amica, la guerra è guerra e sembra che potrebbe essere tutto lecito… a me però sembra che non ci sarebbe niente di male se si riuscisse ad essere un pochino… anche se quasi niente… onesti. Distruggere e uccidere tanto per… mi sembra da scellerati o semplicemente demenziale. Ma tu Alessandro, sei già stato a Lubecca?”

Alessandro: “Sì, ben due volte; la prima volta nel 2007… era però dal 1965 che avrei voluto visitare quella città.”

Rotonda: “Come mai proprio dal 1965 e… a Lubecca?”

Alessandro: “Mi chiedi perché avevo deciso di andare a Lubecca? L’avevo pensato già molto tempo prima quando, in cerca di avventure e lavoro, poco più di 60 anni fa, mi ero avventurato nel sud della Svezia. Ero partito coll’intenzione di trovare un posto di assistente anestesista nell’ospedale di Lund. Non è che mi interessasse particolarmente la scienza svedese; sapevo sì che gli svedesi erano all’avanguardia, ma, trascinato da chissà quali energie, il nord significava per me qualcosa di particolare. Non è che amassi il freddo, anzi ho sempre amato particolarmente il caldo dell’estate. I paesi del nord avevano per me un lusinghiero richiamo. Certo una ragazza bionda poteva avere anche lei il suo fascino particolare, ma non era quella la ragione del mio viaggio. Partii con mio fratello maggiore e con la mia amata Alfa Romeo Giulietta ti.

Rotonda: “Il tuo viaggio iniziò qui da Lugano?”

Alessandro: “No no, a quei tempi abitavo e lavoravo in un ospedale vicino a Zurigo.”

Rotonda: “Quindi viaggio leggermente più corto.”

Tasso: “Cos’è questo divagare? Ci dici che volevi andare in Svezia, ma non perché ti era venuta voglia di andare a Lubecca.”

Alessandro: “Un po’ di pazienza; perché, proprio durante quel viaggio, sull’autostrada verso Puttgarden, mi trovai a leggere la “deviazione” per Lubecca. Di Lubecca non sapevo proprio nulla, sapevo solo che era una città della Lega Anseatica, ma non sapevo altro; eppure, proprio in occasione di quel viaggio, pochi chilometri prima di caricare la Giulietta sul traghetto che ci avrebbe portati in Danimarca, lessi l’indicazione Lübeck… che non dimenticai… fino al 2007.

Rotonda: “E allora, cosa ci dici di Lubecca?”

Alessandro: “Posso dirvi che, finalmente nel 2007, utilizzando le ferrovie tedesche, partii finalmente per Lubecca. Era estate; quando arrivai, la temperatura era buona e non pioveva. Benissimo e bellissimo fu il momento in cui vidi quella meravigliosa costruzione… l’Holstentor.

L’HOLSTENTOR

Rimasi un paio di giorni a Lubecca, mi accorsi che era una città a misura d’uomo dove non solo era possibile assaporare magnifiche opere architettoniche, ma anche prelibatezze per il palato e per chi ama il marzapane.

Durante il mio bighellonare per la città, mentre ammiravo con gioia quanto mi circondava, fui più volte un pericolo per i ciclisti che pedalavano giudiziosamente sulle piste ciclabili… che invadevo distrattamente.

UN VECCHIO FRANCOBOLLO DA 2 MARCHI DELLA GERMANIA OCCIDENTALE RAFFIGURANTE L’HOLSTENTOR.

Mi piacque vedere il canale che circonda la città e curiosare in cortili circondati di accoglienti casette e tanto verde… quasi come non si fosse nel centro di una città. Una gentile e anziana signora che aveva compreso il mio desiderio di intrufolarmi a guardare tanta bellezza degna di una favola, mi disse in ottimo tedesco di entrare pure e di rimanere quanto desideravo.

Il mio modo di fare il turista non era dei più intelligenti. Mi piace e mi piacque andare un po’ all’avventura, senza prepararmi prima più di quel tanto. Non sapevo neppure che quella città fu bombardata in un modo così ignominioso… anche se molti suoi cittadini amavano Hitler. Trovai una piccola guida nell’Ufficio Informazioni della città e questo mi fu più che sufficiente per godermi la città. Rimasi infatti piuttosto affascinato quando inaspettato mi si parò davanti agli occhi il RATHAUS… così… semplicemente bello.

RATHAUS DI LUBECCA.

Ma non è questa la componente più importante del nostro discorso cominciato con la barbarie distruttiva… tanto per distruggere e ammazzare Esseri Umani. Entrai nella MARIENKIRCHE e trovai… e fotografai lo scempio di quei bombardamenti.

I PANNELLI CHE RICORDANO LA DISTRUZIONE DELLA MARIENKIRCHE

Rotonda: “Da questa foto però non si vede molto.”

Alessandro: “Hai ragione. Nella foto in mezzo si vede però la chiesa che brucia. Ora l’hanno tutta ricostruita, forse più bella di prima.”

Tasso: “Hai detto che ci sono anche delle buone cose da mangiare? per voi Umani naturalmente… non credere però che le nostre radici non sappiano distinguere quello che per noi è buono o no.”

Alessandro: “Sì, c’è una rinomatissima pasticceria che fa delle torte veramente uniche… e a far da padrone è il marzapane. Là mangiai un boccone e, per finire mi fu possibile scegliere una fetta di torta. C’era proprio la difficoltà di scegliere. Che buone!”

Tasso: “Perché buone?”

Alessandro: “Perché dopo la prima fetta mi sentii obbligato a sceglierne una seconda di un tipo diverso… altrettanto ottima.”

I Fratelli di Tasso: “Ma guarda guarda; è un po’ che vi ascoltiamo. Avete cominciato a parlare di Umani morti ed ora parlate di torte col marzapane? Cercate di tornare ad essere seri. Dopo Zara avete accennato alla città di Dresda. Vorremmo saperne di più.”

Tasso: “Cari fratelli, avete ragione. Dresda è una gran bella città che, ha subìto una serie di terribili bombardamenti… e, potremmo dire inutili, perché verso la fine del conflitto mondiale… cioè nel febbraio del 1945.”

Rotonda: “Ma un bombardamento non è sempre terribile?”

Tasso: “Certamente, tanto più che è una di quelle manifestazioni in gli Umani, pur di riuscire a primeggiare, non guardano in faccia a nessuno e sopprimono ogni forma di vita esistente.”

Rotonda: “Anche nel bombardamento su Dresda si voleva primeggiare?”

Tasso: “In questo caso s’intendeva contrastare una Nazione che voleva, a tutti i costi, primeggiare… anche dal punto di vista razziale. Bisogna però dire che quei terribili bombardamenti dal 13 al 15 febbraio, fecero della città qualcosa come un cumulo di cenere, che bruciò per “troppo” tempo e in modo esagerato. Si pensi che in 3 giorni, centinaia di aerei britannici e statunitensi scaricarono sulla città più di 4000 tonnellate di bombe, fra cui moltissime bombe incendiarie. Quest’accanimento produsse degli incendi tali, chiamati “tempeste di fuoco”, per cui altissime temperature fino a 1500° crearono correnti d’aria capaci di “aspirare” gli Umani nel rogo.”

Rotonda: “Chissà quanti Umani morirono.”

Tasso: “Sì, ne morirono veramente molti… tanto più che, essendo stata Dresda praticamente immune da bombardamenti, in quella città c’erano molti “sfollati” da altre parti della Germania. Furono fatte numerose stime circa il numero di Umani morti; pare però che si possa dire che non furono meno di 135.000. La città, considerata per la sua bellezza la Firenze del nord, non essendo assolutamente importante dal punto di vista strategico, aveva ospitato molti vecchi, donne e bambini di altre località…”

I Fratelli di Tasso: “Tu vorresti dirci che gli Angloamericani riuscirono ad ammazzare, in un paio di bombardamenti, ben 135.000 persone… la maggior parte civili?”

Tasso: “Proprio così. La componente più raccapricciante è che non ci fu un unico bombardamento, ma 3 bombardamenti, un giorno dopo l’altro, che, non solo presero alla sprovvista l’inerme popolazione, ma sorpresero tutti quei poveretti che, non ancora morti cercavano di portare soccorso a chi aveva sofferto a causa del bombardamento del giorno precedente.”

Rotonda: “Ma forse era questo l’unico modo per far sì che i tedeschi si arrendessero?”

Tasso: “Assolutamente no, perché per l’esercito tedesco le cose andavano già molto male e la disfatta era vicina. Non dovete dimenticare che siamo nel mese di febbraio del 1945 e che di lì a 3 soli mesi ci fu la conquista di Berlino… anzi meno di 3 mesi dato che la resa incondizionata del Terzo Reich avvenne l’8 maggio 1945.”

Rotonda: “Quindi anche quella di Dresda fu un’inutile carneficina.”

Tasso: “Non solo, ma, se si considerano anche i danni materiali e il consumo di energie da parte delle Forze Alleate, oltre ad essere stato un atto criminale, fu anche un pessimo affare… dal punto di vista semplicemente economico. Comunque sia, questa non fu l’unica occasione nella quale gli Umani dimostrarono la loro componente aggressiva, nonché stupida, sì, proprio stupida verso i loro simili.

Ma tu Alessandro che ascolti in silenzio, cosa ne dici?”

Alessandro: “Indipendentemente dal fatto che in certe situazioni la guerra sembra indispensabile, e in questo caso credo che lo fosse, penso che certi bombardamenti non possano essere giustificati.

Da “Storia Illustrata”

Mi sembra di aver letto in passato che il “possente” bombardamento su Dresda avrebbe dovuto dimostrare a Stalin quale era la capacità “economica” degli Alleati. Questo avrebbe dovuto “intimorire” i Sovietici a guerra finita, e in previsione della “Guerra Fredda” che si stava profilando all’orizzonte.”

Tasso: “Mi sembra un po’ azzardato.”

Alessandro: “Sembra anche a me. Tutti quei morti, che secondo alcuni avrebbero potuto essere addirittura 300.000, non giustificano. Mi fa senso pensare che il 20 novembre dello stesso 1945, le potenze vincitrici, quindi anche i sovietici, processarono i capi dei nazisti che riuscirono a catturare, e una parte fu giustiziata. Quegli stessi che ordinarono il massacro di Dresda… dove trovarono la distruzione esseri umani e opere architettoniche, si sentirono all’altezza di giudicare dei loro simili che li imitarono… anche se in modo diverso… ma sempre in modo crudele. Certo che il modo con cui furono “eliminati” molti ebrei è raccapricciante, però non è meno ripugnante il modo con cui sono stati “assassinati” in quella città moltissimi civili inermi e indifesi.

Quando, fra 2001 e il 2002 andai a Dresda con un viaggio organizzato, non sapevo assolutamente che, proprio là, nel febbraio del 1945 fosse accaduto il finimondo; sapevo solo che quella città fu, per molto tempo, alla mercé della volontà sovietica. ”

Rotonda: “Non hai un francobollo che ci “parli” di Dresda?”

Alessandro: “Ne ho solo uno che posso mostrarvi, e poi, ho fatto una piccola ricerca e ho trovato più di un francobollo… ma ve li farò vedere un’altra volta… anche perché abbiamo cominciato a parlare di Zara e siamo arrivati a Dresda. D’altra parte, se si parla di Dresda o di Lubecca, si può parlare anche di questa “veneziana” perla dell’Adriatico distrutta mostruosamente assieme a molti suoi abitanti solo ed esclusivamente per odio e avidità territoriale. Detto per inciso, il giornalista zaratino Enzo Bettiza disse che Zara era la Dresda dell’Adriatico.”

Rotonda: “Cosa rappresenta questo francobollo?”

UN PARTICOLARE DELLO ZWINGER DI DRESDA su un francobollo della Germania.

Alessandro: “ È un particolare dello “ZWINGER” che è uno dei principali monumenti della città. È un palazzo con giardini in stile barocco costruito all’inizio del 1700.

Durante quei terribili bombardamenti, quel complesso barocco fu quasi totalmente distrutto. Non rimase praticamente nulla… e fu quasi completamente ricostruito.

Dal momento che è nostra intenzione terminare la nostra chiacchierata su quanto accadde a Zara, potremo parlare un’altra volta di quanto c’era e c’è di bello da vedere a Dresda e mi farà piacere raccontarvi qualcosa anche del viaggio che feci a cavallo fra il 2001 e il 2002… anno in cui entrò a far parte di molti di noi l’Euro. Ora voglio farvi vedere com’era lo Zwinger prima e dopo i bombardamenti:

 

 

Zwinger dopo i BOMBARDAMENTI

Zwinger oggi.

È possibile vedere nel centro, anche se non perfettamente identico, il particolare del francobollo.

Tasso: “Chissà quanto fu distrutto di quella sicuramente stupenda città… se considerata la Firenze del nord. Per quanto riguarda Zara, è interessante sapere che, fu, praticamente da sempre, dapprima della Repubblica di Venezia e, dopo la Grande Guerra, italiana. Era capoluogo di Provincia… una piccola provincia di cui facevano parte alcune isole distanti circa 200 chilometri. Quello che può interessare è che conservava le vestigia della Serenissima; a Zara oltre che dal punto di vista architettonico, era possibile vedere frequentemente il Leone di San Marco.

Rotonda: “Perché ci dici questo?”

Tasso: “Perché, quando, dopo i continui bombardamenti delle forze aeree alleate, la maggior parte dei cittadini italiani cercarono scampo in Italia e le Forte titine poterono spadroneggiare, la prima cosa che si sentirono in dovere di fare fu di distruggere le vestigia veneziane, e, in particolare i Leoni Alati simbolo di Venezia.

PORTA TERRAFERMA

Questo Leone marciano, bellissimo, fu restaurato… ma dopo… quando i croati si accorsero di aver fatto uno scempio di tante bellezze.

Alessandro: Abbiamo detto che Zara fu una delle tante province italiane… credo la più piccola, con tanto di targa, ma che, come conseguenza dell’ingordigia dei Governanti del tempo, divenne molto più grande… ma per poco tempo, solo dal 1941 al 1943. In concomitanza coll’ingrandimento della provincia di Zara, fu creata anche la provincia di Sebenico. Dopo il famigerato 8 settembre del 1943, a comandare sulla Dalmazia fu l’esercito tedesco e il territorio della provincia ritornò ad essere piccolo come prima. Ci pensarono poi i 54 bombardamenti a decretare la fine della città.

UNA TARGA DELLA PROVINCIA DI ZARA

 Rotonda: “Perché, cari Tasso e Alessandro trovate importante ricordare certe tragedie del passato?

Tasso: “Io sono vecchio… almeno molto più vecchio di voi e, posso avere molti collegamenti con tanti miei simili anche di specie diverse. Molti alberi, come me, hanno sofferto moltissimo a causa degli Umani e, non solo, si sono anche empaticamente angosciati verso gli Umani. Più volte ho dovuto pensare che se gli Umani non si ammazzano un po’ fra di loro sembra che non siano contenti… ma noi ci affliggiamo.

Per rispondere alla tua domanda posso solo dirti che, da quando è finito il Secondo terribile Conflitto Mondiale, s’è parlato moltissimo delle scelleratezze dei nazisti e dei Campi di sterminio che hanno visto morire molti ebrei, ma ci si è quasi dimenticati di certi momenti storici in cui innocenti Umani hanno perso, anche in modo atroce, la vita. Anche se fosse stato solo uno, varrebbe la pena ricordarlo, ma in molti casi, parlo solo dell’ultima guerra, sono stati molti, anzi moltissimi… e nella maggior parte dei casi i colpevoli sono rimasti impuniti se non osannati.

Voi Umani pensate che noi alberi siamo insensibili. Quando un Umano perde conoscenza e giace su un letto, voi dite che è come un vegetale; ma ogni vegetale, non lo dovete dimenticare, è vivo e sa soffrire e sa anche sacrificarsi in favore del mondo animale. E poi, non posso dimenticare le grandi sofferenze che procura a noi l’Umano che, per togliersi la vita, si appende a un nostro ramo. Lui soffre prima e dopo… perché s’è arreso… e non bisogna arrendersi… salvo casi eccezionali.

Sempre per rispondere alla tua domanda, noi stiamo ricordando fatti terribili e inconsueti, dove un popolo desideroso di riscossa, come il popolo jugoslavo, in particolare sloveno e croato, per riprendersi ciò di cui aveva diritto e per prendersi ciò che non gli competeva, si lasciò andare alle più orripilanti manifestazioni di malvagità… non solo qui a Zara, ma anche e particolarmente a Fiume e in Istria. E credo che sia sbagliato continuare ad ignorare, nello stesso modo come è sbagliato che gli italiani non sappiano di Lubiana, dei campi di concentramento di cui abbiamo parlato l’altra volta e di certe stragi fratricide operate da certi partigiani d’Italia tipo la “Strage di Portus… che affronteremo un’altra volta.”

Rotonda: “Ho capito perfettamente. Ok ricordare le malefatte dei nazisti, ma non dimenticare altre malefatte apparentemente giustificate dalla guerra. Ho capito bene?”

Tasso: “Hai capito benissimo.”

I fratelli di Tasso: “Abbiamo ben capito anche noi, ma ora siamo stanchi. Ci racconterai un’altra volta di quanto ancora accadde a Zara, ma, soprattutto vorremo sapere di Fiume, dell’Istria e di Pola. Anche Alessandro è stanco.”

Alessandro: “Già, già. Ora vi lascio… a presto e grazie. Mi piace stare con voi.”

Tasso e Rotonda: “Ciao Alessandro.”

 

 

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Registrazione del 30 luglio 2017

Personaggi:
Alessandro, Panchina Petulante, Panchina Ingenua, L’Albero, Albero Fantastico e Panchina La Tirolese.

 

Alessandro: “Son tornato. Come state amiche mie? E tu amico Albero?”.

Panchine Petulante e Ingenua: “Bene grazie, e tu? Speravamo tanto di vederti.”

L’Albero: “Bentornato Alessandro; scusa se sono indiscreto, ma, mi piacerebbe tanto sapere dove sei stato.”

Alessandro: “Beh… che domanda. Tu sai perfettamente dove sono stato e fai finta di fare il curioso perché le nostre amiche credano che tu non lo sappia… dato che non glielo hai detto.”

L’Albero: “Hai ragione. Quel mio collega di Merano ti ha visto, e so che avete anche fatto quattro chiacchiere circa i tempi di Sissi.”

Alessandro: “Già, anche lui non è nato ieri e si ricorda bene dei tempi passati prima della Grande Guerra.”

Ingenua: “Allora Alessandro, sei stato in Italia dove parlano anche tedesco? In fondo per noi qui in Svizzera non è per niente eccezionale dato che, se qui in Ticino si parla italiano, a Berna si parla tedesco e a Losanna si parla francese… e gli Umani della Svizzera riescono ad andar bene d’accordo.

Alessandro: E ho anche potuto sedermi su una tua collega… sulla quale, chissà perché, c’è chi si diverte ad imbrattarvi. Si chiama LA TIROLESE.

 

MERANO: PANCHINA LA TIROLESE.

Circa il discorso della lingua, se si vuole essere veramente precisi, più che per Merano, per l’Alto Adige oggi anche Südtirol, non fu tutto rose e fiori. Prima della Grande Guerra il Südtirol apparteneva all’Impero Austroungarico, i cittadini di quel territorio parlavano tedesco come in tutta l’Austria. Poi dopo la guerra, il Südtirol iniziò a far parte del Regno d’Italia e cominciò a chiamarsi Alto Adige, l’Impero Austroungarico fu ridimensionato e i cittadini di Bolzano e di Trento si trovarono a dover onorare, non più Francesco Giuseppe bensì il nostro Vittorio Emanuele III.

Petulante: “Quello piccolo?”

Alessandro: “Sì, era piccolo ma comandava poco, perché a comandare davvero arrivò un certo Benito Mussolini… e molte cose cambiarono.”

L’Albero: “Poi potremo parlare dell’Umano Mussolini. Ora raccontaci un po’ di Merano e di cosa vi siete raccontati.”

Alessandro: “Perché, tu che con le tue onde puoi farlo, non interpelli direttamente il tuo amico di Merano e facciamo una specie di “tavola rotonda”?”

Ingenua: “Cosa c’entra Re Artù?”

Alessandro: “Non c’entra nulla.”

Ingenua: “Ma la tavola rotonda non è quella di Re Artù e dei suoi cavalieri?”

L’Albero: “Dai su, mettiti un po’ tranquilla; per tavola rotonda in gergo scientifico s’intende parlare e discutere tutti insieme di un argomento come se si fosse tutti attorno ad un tavolo.”

Ingenua: “Grazie. Ho capito.”

L’Albero: “Sono riuscito a contattare il mio amico Fantastico di Merano.”

Alessandro: “Bravo.”

 Albero Fantastico: “Come va Alessandro? Tutto bene?”

Alessandro: “Certamente Fantastico. È tutto in ordine.”

Panchina La Tirolese: “Ciao Alessandro, lo sai che sono contenta di averti conosciuto?”

Fantastico “È stato un piacere poter fare quattro chiacchiere con te. Ho potuto rinfrescare il mio italiano. Tu sai perfettamente ch’io son nato in lingua tedesca, ma quando l’Umano Mussolini pretese di far parlare tutti solo in italiano, l’ho dovuto imparare anch’io… che poi l’italiano è una gran bella lingua. Purtroppo a quei tempi per noi fu molto difficile. Dopo la Grande Guerra anche gli Umani di Trento diventarono italiani; per loro fu sicuramente una gioia dato che parlavano italiano.

MERANO: L’ALBERO FANTASTICO.

Per noi no, tanto più che, secondo una politica un po’ stramba avremmo dovuto perdere la nostra lingua, la lingua dei nostri padri… Da un po’ di tempo, gli Umani d’Italia, quelli che hanno sempre parlato italiano, in poche parole quelli che si considerano italiani veri, stanno cominciando a capire quanto sia giusto per noi non dover perdere la nostra identità. Ora possiamo parlare la nostra lingua e possiamo prendere atto che in tutti gli uffici statali, gli impiegati, anche se vengono da Bari o da Ancona, devono parlare la lingua tedesca, nel senso che la devono conoscere.

Alessandro: “Ho visto infatti come anche la Polizia ha sulla fiancata dell’auto la scritta in tedesco POLIZEI oltre a quella in italiano POLIZIA.”

UN’AUTO DELLA POLIZIA A MERANO

Fantastico: “Purtroppo ci sono ancora troppi italiani, intendo quelli la cui madre lingua è l’italiano, che pretendono la lingua italiana anche fra tutti i nostri nativi, magari quelli dei paeselli in montagna.

L’Albero: “Potresti spiegarti meglio?”

Fantastico: “Molti Umani d’Italia dicono: “Qui siamo in Italia e qui si deve parlare italiano.” Non capiscono, è una questione d’incurabile miopia, quale può essere il vantaggio di avere una provincia nel territorio nazionale dove si parla perfettamente un’altra lingua… in questo caso il tedesco.”

La Tirolese: “Che poi, in Europa, il tedesco è una lingua piuttosto importante.”

L’Albero: “Ora ho capito. L’Umano italiano è un popolo stupendo con moltissime risorse, ma è convinto di poter solo insegnare e non accetta nessun insegnamento da altri.”

La Tirolese: “Scusate se v’interrompo. M’è venuto da ridere pensando al fatto che al tempo del fascismo, se una coppia veniva a sedersi su di me e voleva dirsi qualcosa di dolce, era obbligato per legge a dirselo in italiano. Non vi viene da ridere?”

Fantastico: “Non riesco a riderci sopra… era veramente terribile. Cosa volevi dire Alessandro?”

Alessandro: “Volevo dire all’Albero che ha detto giusto. Sai, durante il nostro soggiorno a Merano, ho potuto notare come molte cose funzionano bene… un po’ alla tedesca… o alla svizzera se preferisci.

L’Albero: “Mi piace di più se dici alla svizzera.

Alessandro: “Se poi fai tanto di aver bisogno di qualcosa di veramente italiano, e, per spedire una cartolina devi andare alla posta, ti accorgi di essere veramente in Italia. Il personale è gentilissimo, cosa, senza offendere nessuno, quasi rara nel resto della mia Patria; il funzionamento è però Italia Super.”

L’Albero: “Perché Super?”

Alessandro: “Perché, secondo voi, se qualcuno va alla posta per spedire una cartolina e cerca dei francobolli… e, se apprezza il francobollo, può cercare un francobollo bello?”

L’Albero: “Non l’hai trovato bello?”

Alessandro: “No caro… perché lo sportello che vende i francobolli belli ha mandato in vacanza l’addetto alle vendite, per cui lo sportello… è come se non ci fosse.”

L’Albero: “Essendo un ufficio postale avrà avuto altri francobolli… meno belli.”

Alessandro: “Vi permetto di ridere: NESSUN FRANCOBOLLO. Il valore necessario per la spedizione, ovvero uno pseudofrancobollo, viene stampigliato direttamente sull’oggetto di corrispondenza.”

AVEVO IL NUMERO 96

L’Albero: “Avresti dovuto andare nell’ufficio principale. Se si va in un ufficio piccolo…”

Alessandro: “Ma era l’ufficio principale di Merano.”

Petulante: Ho sentito bene? L’ufficio principale, cioè LA POSTA CENTRALE DI MERANO non vende francobolli?”

Alessandro: “Hai sentito benissimo. Quando ci sono andato io, esattamente il 22 luglio 2017… niente francobolli. Però, come ho già detto erano tutti molto gentili. Mi hanno indicato il direttore al quale ho spiegato che cercavo il francobollo commemorativo della FIAT 500. Andò a cercare quello che cercavo e me lo diede; però, non mi fu possibile integrare l’affrancatura della cartolina per la Svizzera; mancava un francobollo da € 0.05. La tariffa per la spedizione in Italia è € 0.95, per l’estero € 1.00. La Posta Centrale di Merano non aveva francobolli da 5 centesimi di Euro! È garantito che non si capisce bene per quale ragione la poste continuano a chiamarsi così se non vendono francobolli… ma ne stampano a vagonate per i collezionisti!

IL FRANCOBOLLO DEL 2017

Ingenua: “E come hai fatto? Posso chiederti per chi era la cartolina?”

Alessandro: “Puoi. Era per i miei nipotini. L’ho imbucata così, sperando che arrivasse… perché non volevo che mi deturpassero il francobollo con la stampigliatura dei 5 centesimi.

Prima di abbandonare questo folcloristico discorso chiarificatore del contorto comportamento delle Poste Italiane, vi mostro il manifesto che ho fotografato all’interno dell’Ufficio Postale proprio a Merano.

MANIFESTO NELLA POSTA CENTRALE DI MERANO

Propaganda i francobolli italiani… ma poi non li vende. Potremo riprendere questo discorso, anche alla luce del fatto che la Posta non ha diritto di deturpare un francobollo… quando l’ha venduto ed è diventato proprietà di chi l’ha acquistato.

Ingenua: “Poi ci dirai se i tuoi nipotini hanno ricevuto la cartolina?”

Alessandro: “Certo cara Ingenua. Devo dire caro Albero che a Merano hai dei colleghi bellissimi… a parte Fantastico vicino alla statua di Sissi (Elisabeth).”

Fantastico: “È vero. Ci sono veramente molti bellissimi alberi qui a Merano; so che ne hai fotografato più di uno. Quelli lungo la passeggiata di Sissi sono molto rinfrescanti… sì perché col rumore del fiume Passirio sembra che all’ombra degli alberi la temperatura sia meno afosa, intendo nelle giornate come quelle dei giorni scorsi in cui la temperatura ha superato i 30° all’ombra. E poi, bisogna dire la verità, qui si respira ancora un po’ l’aria dell’Impero.

IL SENTIERO DI SISSI

Qui, finché la nostra capitale era Vienna, veniva il bel mondo a godere l’atmosfera “sud delle Alpi”… un pochino come succede da voi in Ticino… che arrivano tanto dalla Svizzera tedesca quanto dalla Germania.

Inoltre, non si deve dimenticare che anche il nostro Kurhaus con le acque “speciali” attirava molta gente.

Ingenua: “E veniva anche Sissi? Ne ho sentito parlare… credo che fosse molto simpatica.”

Fantastico: “Certamente; forse non hai seguito bene. A lei piaceva tanto venire qui. Vicino a me hanno messo una statua di marmo… marmo di Lasa del Sudtirolo, per la precisione della Val Venosta. E poi c’è la “passeggiata di Sissi” che lei faceva veramente, in mezzo agli alberi e vicino al fiume.

Qui veniva il bel mondo da tutta Europa, addirittura dalla Russia. C’era, e c’è tutt’ora una specie di Colonia Russa. Venivano in molti, anche per curare la tubercolosi. Purtroppo, dopo la Grande Guerra, gli Umani del Sudtirolo hanno sofferto molto l’annessione al Regno d’Italia.

LA STATUA DI SISSI (ELISABETH) SCOLPITA NEL 1903 DAL PROF. HERMANN KLOTZ… 5 ANNI DOPO LA MORTE DI SISSI NEL 1898.

Fu una doppia sofferenza: La prima fu il confine coi tirolesi di Innsbruck dove prima chiunque poteva andare tranquillamente senza particolari restrizioni; la seconda fu l’arroganza delle italiche genti che, dopo aver vinto la guerra si mossero linguisticamente in modo tale per cui gli abitanti del posto si sentirono esuli in casa propria. Non si dimentichi poi l’avvento del fascismo che pretese di italianizzare tutto cercando di eliminare ogni elemento che aveva sapore di tedesco. Sono passati quasi 100 anni da quando il Sudtirolo fu annesso all’Italia; ancora oggi ci sono nelle valli Umani tirolesi del sud che odiano gli Umani d’Italia.

L’Albero: “Credevo che ormai dopo tanti anni il problema linguistico fosse stato superato.

Fantastico: “Non credo che possa essere facile accettare l’arroganza di chi t’impone di perdere la tua identità e l’identità della tua terra. È interessante prendere atto che durante la famigerata esistenza del Grande Reich, ci furono alcuni periodi in cui, non solo alcune famiglie optarono per il “trasferimento” in terra tedesca, ma addirittura, coll’Alpenvorland, il Sudtirolo assieme alle provincie di Trento e Belluno diventarono a tutti gli effetti un Land tedesco.

Lettera spedita da Belluno il 25 gennaio 1945 diretta a Vienna affrancata con francobolli del Grande Reich.

Durò poco dato che la disfatta era vicina, ma tramontò anche la speranza di quegli Umani troppo ottimisti che si ritrovarono di nuovo ad essere altoatesini.

Lettera spedita da Silandro diretta in Germania con francobolli recanti l’effige di Hitler.

Queste buste, trovate sul web, che mi fai vedere, sono molto interessanti, significative nonché dimostrative della dominazione del Reich.

Ho usato il termine altoatesini proprio perché questa parola può essere stata considerata in modo dispregiativo dagli Umani che lottavano per l’Indipendenza dall’Italia.

Alessandro: “Ricordo, dopo l’ultima Guerra, noi italiani molto lontani da questa realtà, ci trovammo a condannare senza riserve certi comportamenti violenti; oggi, anche se non li giustifico, posso comprendere l’insofferenza verso l’Italia. Il mio è il ragionamento del profano che non capisce niente, ma che, dopo aver soggiornato qualche volta in questo territorio, dopo essersi un poco immedesimato con empatia nella mente di chi ha subito per anni “il sopruso del conquistatore” comprende che si può perdere la pazienza e passare dalla parte del torto. La violenza è sempre sbagliata, ma, checché se ne dica, è violenza anche quella che mette in atto chi legittimamente si difende. È quindi tutto relativo e si arriva pure, perché no, ad apprezzare certe violenze.”

L’Albero: “Ricordo quello che Tasso e i suoi fratelli ci raccontarono di violenze, sempre da parte degli italiani, sugli slavi; ricordo anche che dovrebbero parlarci delle violenze che subirono gli italiani da parte degli slavi dopo l’8 settembre 1943. So che ce ne parleranno. Continuo però a non capire come fate voi Umani ad essere così violenti fra di voi. Quello che è emerso dalle vostre chiacchierate è che meno di 100 anni fa gli Umani delle provincie di Trento e Bolzano divennero sudditi del Re d’Italia; passarono dall’Impero di Francesco Giuseppe a quell’Italia che da non molto si era ritrovata unita. Però, per arrivare a questo molti Umani morirono, ovvero, molti Umani furono mandati a morire facendo leva su un’altisonante parola: “patriottismo”. Un tempo, chi si dava da fare per la Nazione nella quale era nato e cresciuto era un patriota; oggi, e veramente voi Umani fate ridere le mie foglie estive, chi lavora e si agita per la Patria è considerato “populista”; è perché per essere un vero patriota bisogna morire sul campo?”

Alessandro: “Ho l’impressione che tu, dall’alto dei tuoi rami, stia un po’ criticando il comportamento di noi Umani.”

Petulante: “Ho anch’io l’impressione che la tua critica sia abbastanza… quasi velenosa.”

L’Albero: “No, no. Non sono velenoso, sono semplicemente oggettivo. Voi Umani raramente vi accontentate. Ragionando a livello territoriale, da che mondo è mondo, avete sempre bisogno di espandervi e di andare a rubare al vicino; se non potete farlo con le armi lo fate sfoggiando la ricchezza, ossia la potenza economica. Solo un’antichissima repubblica non volle mai ingrandirsi.”

Ingenua: “C’è una repubblica con degli Umani che vivono in pace accontentandosi del territorio che hanno?”

L’Albero: “Certamente, è la Repubblica di San Marino. Nel 1797, l’Umano Napoleone che a quei tempi la faceva da padrone, offrì alla repubblica un ampliamento di territorio… che fu rifiutato. È probabilmente questa la ragione per cui questa simpatica repubblica esiste ancora.

Ingenua: “Quindi se quegli Umani sono uno Stato a tutti gli effetti hanno anche i loro francobolli e le loro monete?”

L’Albero: “Per questo devi rivolgerti ad Alessandro… è lui lo specialista. Chissà se c’è stato in quella piccola repubblica.”

FRANCOBOLLO DEL 1982

Alessandro: “Sì, ci sono stato. San Marino è molto simpatico e ha naturalmente i suoi francobolli. Questo del 1982, che vi mostro, ricorda Napoleone quando fece tappa da quelle parti.

Petulante: “Peccato… credo che non potrò mai andarci. Dimmi piuttosto caro amico Albero, qual’è la “potenza economica” paragonabile all’espansione armata?”

L’Albero: “Un esempio qui in Europa è sotto l’occhio di tutti: La Germania. Questa Nazione che poté espandersi grazie ai Panzer in gran parte dell’Europa, oggi impone povertà ai Paesi del Sud Europa con la scusa dell’Austerità… che dovrebbe far quadrare i Suoi conti. Qualcuno ha addirittura parlato di Quarto Reich. C’è una grossa differenza fra Austerità e Povertà!

Un altro esempio un po’ più lontano da noi potrebbe essere la Cina che, economicamente, ha messo da parte una quantità enorme di dollari USA. Grazie a questo “tesoro” in dollari, può, sotto sotto, dettar legge al governo americano. Lo fa sicuramente con riservatezza, ma, a certi livelli il Governo USA ha un po’ le mani legate.”

Petulante: “Questo starebbe a dimostrare quanto I soldi sono importanti… per gli Umani

Fantastico: “Caro amico ticinese… ma anche svizzero, ho seguito i vostri discorsi e sono d’accordo con voi circa l’importanza oggi dei soldi, ma anche ieri i soldi erano importanti quando voi svizzeri eravate un po’ la cassaforte del mondo; non per niente eravate considerati un paradiso fiscale. Chiunque poteva aprire un conto cifrato e depositare i propri averi. Oggi non è più così, però le vostre banche si sono adeguate all’andazzo mondiale accumulando clienti da spolpare. Com’è possibile che i capi delle banche guadagnino un mucchio di soldi (milioni di franchi svizzeri) e ai correntisti non paghino più interessi?… e va già bene se non ci sono interessi negativi! Un tempo c’era un pizzico di onestà per cui il cliente risparmiatore poteva comperare delle obbligazioni, portarsele a casa e ogni sei mesi tagliare con le proprie mani il cedolino e incassarlo gratuitamente in banca. Oggi non è più possibile… fa tutto la banca, si fa pagare ogni sospiro e gli esigui interessi difficilmente superano le spese.

Quindi, nello stesso modo in cui gli Umani della Cina sono un po’ proprietari degli Umani d’America, così le banche che dovrebbero essere al servizio del cittadino, riescono a governare… o a far governare dettando legge.

La Tirolese: “Ma è terribile quello che dici. Molti Umani, o devono attingere a quello che con sacrifici hanno risparmiato o, per fare arricchire pochi, diventano sempre più poveri. Non si può far proprio niente?

L’Albero: “ Certo che si potrebbe… ma non si vuole. E tu Alessandro cosa ne pensi?”

Alessandro: “Non si vuole… proprio così. Ne potremo riparlare. Ora devo lasciarvi; mia moglie mi aspetta. Saluti a tutti, particolarmente a Fantastico e a La Tirolese. A presto amici del Canton Ticino… miei vicini di casa.”

L’Albero, Petulante e Ingenua: “Ciao Alessandro… ti aspettiamo presto.”

Fantastico e La Tirolese: “Ciao… speriamo di rivederti a Merano.”

 

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Registrazione del 17 maggio 2017

Personaggi:
Passante Alessandro, Panchina Petulante, Panchina Ingenua e L’Albero,

Alessandro: “Buon giorno ragazze; come state?”

Petulante e Ingenua all’unisono: “Molto bene grazie.?

Alessandro: “E tu amico mio Albero?”

L’Albero: “Io sto molto bene, grazie. Sono un po’ triste perché non m’è piaciuto quello che ho sentito dalla Grecia.”

Alessandro: “Cosa non t’è piaciuto?”

L’Albero: “Che gli Umani greci siano costretti a fare sciopero generale contro una terribile austerità che li sta mettendo sul lastrico. Non capisco fino a che punto è necessario castigare un popolo che in passato ha vissuto forse un po’ allegramente.”

Da “Economia e Finanza”

Alessandro: “Hai perfettamente ragione. È vero, hanno avuto una finanza allegra e magari non avrebbero avuto il diritto di avere l’Euro.”

L’Albero: “Ho delle perplessità. Gli Umani di Germania che pretendono questa austerità non lo sapevano proprio? E poi, siamo sicuri che pensavano già allora di arricchirsi dopo l’entrata degli Umani greci nell’Euro? Infine, tutte le mie foglie rabbrividiscono al pensiero che dopo la “Discesa della Wehrmacht” in Grecia, c’è ora la “Discesa della tecnica tedesca” ad imbrigliare il popolo greco. Ma questa non è un’Unione, questa è una schiavizzazione anni 2000.

Manifestazione ad Atene

Alessandro: “Certo, uno sciopero così, o certe manifestazioni non finiscono in modo drammatico come nel giugno del 1944 a Sestri Ponente.”

Ingenua: “Ciao Alessandro. Cos’era successo a Sestri Ponente… ma dov’è Sestri Ponente?”

Alessandro: “Sestri Ponente fa parte di Genova e si trova sulla costa.”

Petulante: “E cosa accadde di particolare nel giugno del 1944. Se non sbaglio, la Seconda Guerra Mondiale non era ancora finita.

Alessandro: “Non sbagli cara amica. A Sestri Ponente c’erano molte fabbriche di grande importanza, fra cui i Cantieri Navali, quelli che costruirono la famosa nave Andrea Doria. Ebbene, durante la guerra, se non sbaglio, il 9 giugno gli operai di Sestri scesero in sciopero perché naturalmente non erano soddisfatti di quello che stava accadendo. Nello scioperare non considerarono con sufficienza che a governare l’Italia del nord erano le truppe tedesche d’occupazione e i repubblichini della Repubblica di Salò.”

Petulante: “Perché, cosa accadde?”

Alessandro: “Accadde qualcosa di terribile. Accadde quel qualcosa che solo pochi riuscirono a prevedere… fra cui il Prefetto di allora; cioè che qualche giorno dopo, e precisamente il 16 giugno, le truppe tedesche aiutate dalle Brigate Nere rastrellarono gli operai delle varie fabbriche, li caricarono così com’erano sui camion e poi sui carri bestiame e li trasportarono in Germania.”

Petulante: “Ma potevano farlo?”

Alessandro: “Se potevano farlo o no… lo facevano e… bisognava stare buoni perché comandavano loro. Le Brigate Nere, anche loro dovevano ubbidire, così come Mussolini. L’avevano relegato sul Lago di Garda e gli facevano credere di essere lui a comandare.”

Ingenua: “Ma tu c’eri?”

Alessandro: “In un certo senso sì. Avevo 8 anni e abitavo sfollato coi miei due fratelli all’estrema periferia della città.”

Ingenua: “E la tua mamma e il tuo papà?”

Alessandro: “Beh, la mia mamma era con noi, e mio papà lavorava anche lui a Sestri.”

Ingenua: “Cosa faceva? Su, raccontaci come andò a finire.”

Alessandro: “Mio papà era il Direttore di una Ferriera con circa 300 operai… poco lontano dai Cantieri Navali. Mio papà non era né fascista e neppure comunista, ma cercava di muoversi per il bene degli operai. In questa situazione aiutò concretamente gli operai della fabbrica.
L’importanza del lavoro era fondamentalmente per aiutare lo sforzo bellico; molto importante per il Reich che stava perdendo colpi. Quindi lo sciopero significava danneggiamento e doveva assolutamente essere evitato, anche se molti scioperi erano semplicemente per fame.
Prima di uno di questi scioperi, mio papà sentì che stava per accadere qualcosa di terribile, in un certo senso sentì in anticipo “puzzo di bruciato”, e bisognava correre ai ripari. Fece semplicemente una telefonata; telefonò al comando delle SS. Mio papà, che da giovane aveva studiato molto, sapeva molto bene il tedesco. Disse a telefono, quasi testualmente: “Domani ci sarà sciopero generale. Mi dispiacerebbe che ci fossero dei disordini. Quindi, domani io darò libero ai miei operai; dirò loro di non venire al lavoro per evitare disordini con gli operai delle altre fabbriche.”
“Va bene.” gli rispose il graduato delle SS “Fa bene. Mi sembra una buona idea.”
Quando uscì dall’ufficio, passando vicino ad alcuni operai disse loro: “Mi raccomando, domani non venite a lavorare.”
“Sicuramente.” Risposero loro convinti che il giorno dopo avrebbero incrociato le braccia, avrebbero fatto sciopero come tutti gli operai di Sestri Ponente. Il giorno dopo Genova si fermò. Gli operai di numerose fabbriche non andarono a lavorare. Anche gli operai della fabbrica dove lavorava mio papà non andarono a lavorare; loro erano convinti di essere scioperanti, per il comando delle SS invece, a loro era stato dato congedo per evitare disordini, quindi non erano scioperanti e non boicottavano le produzioni, dirette o indirette, belliche.
Quando arrivò il 16 giugno gli operai di Sestri Ponente andarono regolarmente al lavoro, ma ebbero la terribile sorpresa di trovare davanti ai cancelli i camion delle SS. Anziché poter andare regolarmente al lavoro furono fatti salire sui camion e deportati in Germania. Certe cose non devono succedere! Il regime non è democratico e lo sciopero è dannoso! Così la pensavano i tedeschi.
Gli operai della fabbrica di mio papà non furono toccati, ebbero la possibilità di tornare tranquillamente al lavoro e alla sera a casa. Tutti gli altri no. Furono caricati su vagoni piombati e spediti in Germania a lavorare per Hitler o in qualche campo di concentramento, particolarmente a Mauthausen.
Bastò una telefonata ben fatta… ma soprattutto in quella lingua che gli italiani erano arrivati ad odiare.”

Ingenua: “Lo sai Alessandro che ti ho ascoltato senza batter ciglio e mi sono anche un po’ commossa. In ogni caso mi sono venuti i brividi.”

Petulante: “Gli operai della fabbrica dove lavorava tuo papà, gli hanno dimostrato gratitudine?”

Alessandro: “Qualcuno sì; la maggior gratitudine fu che, a guerra finita ci furono molte rese dei conti e molti dirigenti finirono nei forni e… buonanotte. Mio papà non fu neppure toccato. Ebbe anche un altro confronto con le SS per salvar la vita a un operaio, ma questo ve lo racconterò un’altra volta. Quelli erano tempi terribili e… strani. Le frontiere erano importantissime, e l’hanno sempre saputo i cittadini del Canton Ticino.”

Petulante: “Perché parli delle frontiere?… e in particolare del Canton Ticino?”

Alessandro: “Perché proprio a quei tempi in cui gli operai genovesi venivano trascinati in Germania, l’ebreo, se catturato dai tedeschi, finiva anche lui su un carro ferroviario con destinazione Terzo Reich.”

A sinistra: LAVENA PONTE TRESA ITALIA – A destra: PONTE TRESA SVIZZERA

Petulante: “E cosa c’entrano i nostri confini?”

Alessandro: “Guarda un po’ questa fotografia.

Ingenua: “È proprio bella! L’hai fatta tu?”

Alessandro: “Sì, la foto l’ho fatta io. A parte la simpatica foto che permette alle case di specchiarsi in un’acqua quasi calmissima, è interessante notare come le case di sinistra siano nella Repubblica Italiana, e quelle a destra nella Confederazione Elvetica. Durante la guerra non si poteva passare da una parte all’altra come si fa ora, e, ancor peggio, chi si trovava di qua stava tranquillo e non aveva nulla da temere, chi invece stava di là, non sapeva assolutamente cosa avrebbe potuto succedergli; se poi, chi stava di là era ebreo, specialmente dopo il famoso 8 settembre 1943, se i tedeschi lo trovavano, era molto difficile che non finisse in una tedesca camera a gas.

Ingenua: “Cos’è la camera a gas?

Alessandro: “La camera a gas è un metodo di esecuzione della pena di morte ancora in uso in alcuni degli Stati Uniti d’America. Col gas molto tossico scatenato dal cianuro in una reazione particolare si ottiene un gas talmente venefico per cui un Umano muore nello spazio di pochi minuti. Lo stesso metodo usarono i Nazisti per sterminare gli ebrei.

Ingenua: “Che brutte cose fate voi Umani.

L’Albero: “Care ragazze, voi avete sempre vissuto qui in Svizzera dove da moltissimi anni si parla solo delle guerre degli altri e di Umani che si picchiano per un nonnulla o perché il vicino ha delle materie prime interessanti. Contatteremo presto il nostro amico Tasso che dovrà raccontarci ancora quanto accadde dalle parti di Trieste, Fiume e Pola dal 1943 in poi.”

Petulante: “Perché vogliamo sapere?”

L’Albero: “Perché i giovani di oggi, quelli che hanno tutto e pretendono sempre di più… non tutti per fortuna, devono sapere cosa accadde e, sapendo, si può sperare che si comportino in modo un poco saggio.”

Petulante: “Ma i vecchi sanno tutto?”

L’Albero: “Molti vecchi e molti adulti non ne sanno niente.”

Petulante: “Com’è possibile?”

L’Albero: “Possibilissimo… sempre a causa della malvagità di alcuni Umani che si combattevano e volevano avere la supremazia. C’erano i Fascisti e al loro posto volevano subentrare i Comunisti… che non volevano che si sapesse che avevano fatto e stavano facendo tante cose brutte.”

Ingenua: “Non potresti essere un po’ più chiaro?”

L’Albero: “Un’altra volta. Ora posso solo dirvi che i Comunisti italiani non volevano che si sapesse cosa succedeva in Istria, cioè da quelle parti là.”

Petulante e Ingenua: “Va bè… abbiamo capito… devi fare il tuo riposino. Ciao.”

Alessandro: “Ciao ragazze… anch’io devo andare.”

Petulante e Ingenua: “Ciao Alessandro. Torna presto a trovarci.”

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venerdì 23 dicembre 2016

Ulivo: “Avete sentito cos’è accaduto di terribile? in Germania? a Berlino?”

Petulante: “No.”

Ulivo: “La sera del 20 dicembre.”

Petulante: “No.”

Ulivo: “Un TIR è piombato sulla folla del mercatino di Natale, e ha ammazzato 12 persone. Ha ammazzato anche l’autista polacco del camion. Sembra sia un tunisino che è riuscito a scappare.”

Petulante: “È terribile! Ma come fanno gli umani ad essere così malvagi? Quando mettono le chiappe sui miei legni, parlano tranquillamente del più e del meno… o si baciano in silenzio. Gli umani sanno anche cos’è l’amore. Perché così tanto odio? Mi dice però che il cattivo è riuscito a scappare? I tedeschi che sono così perfetti se lo sono lasciato scappare?”

Ulivo: “È vero, però mi dice la tua collega, che chiameremo “Amica 1” che proprio oggi l’hanno “cuccato”, il tunisino cattivo, a Sesto San Giovanni vicino a Milano.  L’hanno ammazzato perché ha sparato a uno dei due poliziotti; l’altro è riuscito a freddarlo.”

Petulante a Amica 1: “Come hai fatto a saperlo?”

Amica 1: “Poco fa si son seduti su di me due umani, e armeggiavano coi telefonini, e uno, a un certo punto ha detto forte all’altro: “Che bello, hanno beccato quello stronzo di tunisino e l’hanno fatto fuori.”

Petulante: “Hanno anche detto come ha fatto ad arrivare in Italia?”

Amica 1: “Sì, è passato dalla Francia.”

Petulante: “Quindi, tanto i tedeschi, quanto i francesi se lo sono lasciato scappare. Per queste cose ci vogliono gli italiani. Ne parlano sempre male, ma quando vogliono, le cose le sanno fare.”

Ulivo: “Sì, quando vogliono.”

Petulante: “È proprio così.”

Ulivo: “La prossima volta ti racconto di quello che è successo a Roma.”

Petulante: “Lasciamo passare il Natale. Ciao… anche a te Amica 1. Saluta anche Amica 2. “

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PER FAVORE NON SCRIVERE MI PIACE SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

Esistono moltissimi abissi. Ci sono quelli che fanno paura e quelli che fanno arrabbiare.
Prenderò prima in considerazione quelli che fanno arrabbiare; quelli dei politici, e particolarmente quelli dei “nostri” politici, quelli che tutti i giorni si presentano a noi per fare delle dichiarazioni o delle asserzioni. E dove sono gli abissi? Semplicissimo, fra quello che dicono e quello che fanno.
Ne considero solo due; uno piuttosto recente del nostro osannato Matteo Renzi che, da sindaco di un’importante città italiana è riuscito, senza essere mai stato eletto dagli italiani, capo del governo della Repubblica Italiana. È arrivato in un momento in cui la cittadinanza aveva bisogno che qualcuno portasse aria fresca e un pizzico di benessere.
Nel momento in cui sembrava che andasse tutto bene e i ristoranti italiani, secondo il Berlusconi, erano tutti con molti clienti, arrivò un certo Monti, buon parlatore, sempre calmo ed efficiente. Già in quel momento, fra il Berlusconi e il Monti c’era “un abisso” e l’Italia tutta cominciò a sperare. Chi governava sapeva il fatto suo. L’ammucchiata che si presentò all’italica stirpe non era fatta di politici di professione; era fatta bene, era fatta di tecnici che la sapevano lunga, che avevano studiato e insegnavano ai giovani. Erano degli intellettuali che, per salvare la Patria s’abbassavano a rango di “governanti”. Non sapevano cos’era la diplomazia, e ancor meno cos’era l’ipocrisia. Sembravano dei puri e gli italiani pendevano dalle loro labbra e, un certo numero si ritrovò sul lastrico… senza arte né parte.
Ecco che arriva Matteo Renzi; arriva a gomitate, d’altra parte credo che in politica sia un poco come il gioco del rugby, e riesce ad imbonire tutta l’Italia, o quasi tutta. Si capisce subito che farà molte cose belle… per far risparmiare gli italiani e snellire la vita di chi vuol lavorare. Per prima cosa, e in quattro e quattro otto, risolverà il problema della legge elettorale e farà scomparire le Province; e poi diminuirà le tasse e la disoccupazione. Insomma farà di tutto. Non dirà che migliorerà i Servizi, perché farà sicuramente parte di quel suo fantastico programma.
da web
Ecco l’abisso, fra quello che ci ha promesso e la situazione in cui ci troviamo oggi… che vede tanti poveri in più… veri poveri.
Ma, si sa, a metterlo sul podio della repubblica italiana fu un Presidente che qualcuno considera “salvatore della Patria”. Quel presidente non potrà mai considerarsi salvatore della nostra vera democrazia finché non avrà sconfessato quanto da buon comunista disse nel 1956, e cioè che in Ungheria i carri armati sovietici sparando sulla folla e uccidendo i rivoltosi “avrebbero rafforzato la pace nel mondo”.
C’è un abisso fra chi inneggia alla “carneficina” e pretende di salvare la democrazia di un popolo.
Comunque sia, si sa, i nostri Governanti furono sempre efficienti e pronti quando si trattò di salvare l’Italia dalle catastrofi. Grande fu Badoglio che, col suo Armistizio, non si capisce come poté essere così ingenuo, lasciò la metà dell’Italia allo sbaraglio in mano ai nazisti e l’Italia del Nord Est in mano alla ferocia dei titini.

Una foiba carsica.

Una foiba carsica.

Ed è qui che a partire dal 1943 i naturali abissi carsici poterono inghiottire migliaia di italiani, morti o vivi non importa; l’importante fu farli sparire perché non avessero più nulla da dire.
Certo, in quei momenti l’Italia non c’era e non poteva far molto, ma dopo, quando ricominciò ad esistere, dimostrò tutta la sua incapacità verso i compatrioti eliminati o profughi.
Le foibe o inghiottitoi avevano nascosto migliaia di persone e la politica di Tito aveva confiscato e statalizzato tutto. Chi aveva vissuto da sempre a Pola, fu obbligato ad abbandonare tutto da un giorno all’altro. Cosa fece il nostro Governo quando firmò il Trattato di Osimo per tutelare i connazionali profughi che avevano perso tutto?
Analogamente, cosa fece nel momento in cui la Slovenia e successivamente la Croazia chiesero di entrare a far parte dell’Unione Europea? Non tutti sanno che, nell’Istria oggi croata, dopo l’indipendenza della Croazia, inglesi, tedeschi e austriaci potevano liberamente acquistare immobili; agli italiani era vietato.
Mi sto documentando, ma credo che fra le malvagità degli italiani in Slovenia e nella ex Iugoslavia e le atrocità degli slavi verso gli italiani, non solo non fascisti, ma addirittura comunisti, ci sia veramente l’ennesimo “abisso”.

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SE NON HAI TEMPO PER LEGGERE FINO IN FONDO… LASCIA PERDERE.

NON SCRIVERE “Mi piace” SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

Chiesero ad Alessandro Depegi di scrivere qualcosa su “IL DISPREZZO”.

Considerando il momento drammatico nel quale sembra si voglia pretendere di far precipitare l’Italia, anche se sarà inutile, mi piace esprimere agli italiani il pensiero di un italiano che è andato a vivere all’estero a causa dell’ignoranza (termine benevolo) di Burocrati e Legislatori.

Questo è quanto Alessandro Depegi riuscì a partorire:

La parola disprezzo sembra una parolaccia; quasi sinonimo di odio. Se si dice che non si dovrebbe mai odiare, perché l’odio mette in moto tossine difficilmente degradabili che danneggiano chi odia, analogamente non si dovrebbe mai disprezzare nulla e nessuno.

Leandro ha cercato di analizzare questo particolare problema, e si è reso conto che non è così.

Ha cercato sul dizionario il significato della parola, e ha trovato: Sentimento di chi, giustamente o ingiustamente, ritiene una persona o una cosa troppo inferiore a sé, o vile in sé stessa, o comunque indegna della propria stima e considerazione.

Leandro si è reso conto che, spesso e volentieri, si usa il termine disprezzo per sottolineare il suo opposto, come, per esempio: “Non disprezzerei l’idea di vincere alla lotteria” anche se, chi dice o pensa questo non compra mai il biglietto della lotteria.

Tornando al disprezzo vero e proprio, quello o quelli per cui Leandro sente un disprezzo quasi viscerale sono quegli individui che permettono o addirittura desiderano l’altrui sofferenza, definita “gratuita”.
Nella categoria di quelli che lo “permettono”, Leandro non può evitare di considerare certi vigliacchi politicanti da strapazzo che, pur di non perdere ciò che hanno acquisito, non prendono posizione e permettono appunto la sofferenza “gratuita”.
I campi nei quali agiscono questi ignobili personaggi sono un po’ dappertutto; per Leandro però, che ne ha vissuto una “buona fetta”, un campo che sta sotto gli occhi di tutti è quello della Sanità. Il riferimento non è verso quei clamorosi casi di malasanità fortunatamente isolati e frutto d’imperdonabili errori, ma sempre errori che non possono far parte della normalità, ma verso quell’osceno “andazzo” che permette di maltrattare chi soffre.
Non sono sofferenze volute, ma permesse quelle che “abbandonano” un malato su una barella in un rumoroso corridoio privo di servizi, quelle che “obbligano” a lunghe attese chi dovrebbe sottoporsi a importanti esami come colonscopie, TAC, Risonanze magnetiche o anche urgenti interventi chirurgici e quelle che consentono lunghe code per semplicemente ottenere un appuntamento presso un sanitario.
La dignità di chi già si trova a soffrire non può e non deve essere calpestata solo perché è necessario risparmiare.
Leandro non concepisce il trincerarsi dietro al: “Mancano i fondi.” I soldi ci sono, solo che vengono usati nel modo sbagliato o finiscono in tasche molto profonde.
Inoltre, sempre parlando di Sanità, non dovrebbe essere neppure concepibile una lunga sala d’attesa per chi si presenta al Pronto Soccorso; diventa concepibile solo di fronte a imprevedibili catastrofi.

Sempre con cognizione di causa, essendo il disprezzo un non apprezzamento, Leandro non può apprezzare quelle organizzazioni sindacali che producono scioperi più o meno generali solo ed esclusivamente per ragioni politiche. Secondo Leandro, queste organizzazioni vorrebbero sostituirsi ai governanti, quando la loro funzione dovrebbe essere quella di tutelare il mondo del lavoro aiutando il lavoratore a comprendere che ha sì dei diritti ma anche dei doveri.
I Governanti, almeno in Italia, sono eletti democraticamente e dovrebbero muoversi per il bene del popolo.

Da Adnkronos

Da Adnkronos

Sanno i sindacalisti che, con uno sciopero generale, provocano infinite sofferenze “gratuite”? È quello che vogliono? Credono in quel modo violento di salvaguardare la dignità dei lavoratori che rappresentano?
Se è quello che vogliono, pur di ottenere dei miglioramenti per il mondo del lavoro, non siamo più nel campo di chi permette sofferenze, ma di chi vuole produrre sofferenze quanto mai “gratuite”.
Secondo Leandro, che si trovò più volte a soffrire a causa di astensioni dal lavoro, il diritto di sciopero e la minaccia di sciopero dovrebbero essere presi in considerazione solo in situazioni estreme; in caso contrario non si dovrebbe poter neppure pensare all’esistenza di un contesto civile. Viene da sé che lo stesso ragionamento di inciviltà si applica anche ai Governanti incapaci di essere tali per il bene del Paese.

Il massimo del disprezzo va poi a chi vuole a tutti i costi l’altrui sofferenza, a chi priva della libertà e della vita anche un solo uomo o una sola donna, a chi appellandosi alla ragion di stato, a odio popolare o a pretese religiose, priva popolazioni intere della patria, di ogni avere o anche della vita.
Non è necessario andare indietro ai tempi del genocidio degli Armeni o ai tempi di Hitler. Oggi, o se si preferisce nei giorni che stiamo vivendo, alcune popolazioni vengono private di terre, libertà e vita.

Palazzo Ephrussi a Vienna

Palazzo Ephrussi a Vienna

Leandro rimane inorridito di fronte a quelle violenze accadute in passato tipo quella del banchiere Viktor Ephrussi che, da un giorno all’altro, a causa del famoso Anschluss voluto da Hitler, si trova in quel di Vienna, con tutta la famiglia ad essere privato di tutto.

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