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8 OTTOBRE 2004

 

Questo è per me un giorno d’importanza capitale.

Quel giorno era il 732230° dall’anno 0 ed era un venerdì. Tutto questo è sicuramente irrilevante per la maggior parte, o tutti i miei rari, ma affezionati lettori.

 

Ebbene, quel giorno fu per me importantissimo, per due cose… che, in un certo senso mi cambiarono la vita.

 

Pochi giorni prima mi diagnosticarono un cancro… e, con immensa « gioia » mi resi conto che avrei potuto « finalmente » sperimentare il tavolo operatorio… proprio quel tavolo operatorio sul quale per 20 lunghi anni anestetizzai, in vari ospedali d’Italia e Svizzera, tanti Umani di ogni età… di giorno e di notte.

La mia « gioia » fu tale per cui, ogni volta che ci pensavo, mi veniva il nodo alla gola. Si piange anche per la gioia ?… certamente.

Non ho mai pianto e non mi sono mai lasciato andare a disperazioni varie… semplicemente non seppi reagire a dovere di fronte al comportamento « grossolano » di quel mio collega che mi diagnosticò il disturbo visivamente… o in modo ineluttabile.

Per un anestesista incallito è abbastanza terribile doversi rendere conto che potrà dover cedere all’arma taglientissima del bisturi e alle droghe potenti e violente, ma indispensabili del collega anestesista.

Un bisturi

Oggi, proprio oggi, nel 2004, in un momento pomeridiano di quel giorno, mi hanno fatto raggiungere quella sala operatoria che ben conoscevo come operatore sanitario, mi hanno salutato con affetto, mi hanno spedito in quel mondo farmacologico particolare e… mi hanno permesso, dolorante, di ritornare al punto di partenza.

Non ero più quello di prima, con « un pezzo » in meno e un poco di speranza in più.

 

In poche parole, dopo molti anni col coltello dalla parte del manico, volente o nolente, cominciai a conoscere i miei colleghi stando dall’altra parte… e non fu poco.

 

Se però vogliamo essere un pochino precisi, un intervento chirurgico non è la fine del mondo, nello stesso modo come è abbastanza quasi normaleun cancro. Quanta gente l’ha avuto ! Quanta gente è morta a causa di un cancro !… e, quanta gente s’è ritrovata con la pelle d’oca dopo la sentenza diagnostica di un medico ?

Tanta gente ! A meno gente la recidiva… ma questa è un’altra storia.

 

La componente interessante che coinvolse in un modo non indifferente anche la psiche fu il fatto che quell’otto ottobre duemilaquattro, attorno alle 10 del mattino, in un angolo dell’ospedale da me ben conosciuto, poche ore prima del fatidico taglio, fumai la mia ultima sigaretta.

 

Ebbene sì. Proprio oggi, 15 anni fa, fumai la mia ultima sigaretta.

DUE SIGARETTE

Qualcuno potrebbe pensare che le sigarette fossero state la causa del mio cancro. Non è così. Fumare non mi danneggiava particolarmente… danneggiava la mia psiche perché per un vero fumatore il problema più grande è quello di poter rischiare di rimanere senza sigarette… potersi trovare ad infilare la mano in « quella » tasca e non trovare la sigaretta. L’intervento mi offrì l’occasione di mettere la parola fine a questa noiosa necessità.

Oggi mi considero un fumatore che non fuma.

Fumai le prime sigarette all’età di 14 anni… anche rubate al Nonno… che aveva la provvista di sigarette di contrabbando.

Le teneva sotto chiave nella scrivania. Noi, mio fratello ed io, avevamo trovato il modo di « scivolare » in quell’angolo della scrivania… senza colpo ferire e senza lasciare tracce. Quando mancava il tabacco fumavamo camomilla o corteccia di vigna con delle pipette da noi confezionate con le canne ; alle volte potevamo usare il tabacco che rimaneva nei mozziconi che si potevano trovare per terra… più facilmente all’altezza delle fermate del tram o sul tram stesso… la gente fumava anche se c’era scritto VIETATO FUMARE… le sigarette di allora erano senza filtro, quindi rimaneva sempre un po’ di tabacco… naturalmente ben carico di nicotina e catrame e… ben calpestato.

Quando qualche adulto ci vedeva fumare ci diceva che non saremmo cresciuti.

Smisi di fumare una sola volta… per 6 mesi.

Questa volta, dopo fumata l’ultima sigaretta, decisi che avrei smesso definitivamente… e così fu. Devo però dire che la mia decisione fu molto sofferta… per mesi e mesi, dopo le dimissioni dall’ospedale, la sofferenza del non fumare fu grande… veramente grande. Così avevo deciso !

Solo un vero fumatore può comprendere il logorio interno dei primi « molti » mesi.

1950 – QUANDO IL TABACCO FACEVA ANCORA BENE A TUTTI !!!

Il tabacco non fa male. Quando Cristoforo Colombo lo vide fumare per la prima volta, chi fumava lo faceva a scopo terapeutico… poi entrò in azione la « Civiltà » che pensò bene di guadagnarci… e anche tanto.

Il business del fumo fu tale e di tali proporzioni, per cui riuscirono a crearne un altro, quello del NON FUMO.

Furono necessari svariati secoli prima che « Qualcuno » sentenziasse che il fumo fa venire il cancro.

Un business dopo l’altro… e noi tutti, o quasi tutti, crediamo a quello che ci propinano. E a propinarcelo furono e sono le industrie delle sigarette che, non si sa cosa riescono a mettere nel tabacco per produrre assuefazione… e danno… e morte.

 

Comunque sia, oggi sono molto contento ; ricordo con grande piacere che da quindici anni non rifornisco più le industrie del tabacco. Con questa mia gioia punto il dito contro l’industria dei dolcificanti e del « senza zucchero »…

 

AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA

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IL DITTATORE

LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

Dopo aver letto quanto scritto da Almerighi, che non conosco, riportato da Poetella, che ben conosco, ho dovuto pensarci due volte prima di mettere in onda questo articolo. Non mi piace essere frainteso. Volevo metterlo come commento… ma troppo lungo

 

https://poetella.wordpress.com/2019/08/11/signor-ministro/

 

 

Ho sempre cercato, nella mia vita, di essere oggettivo… e cerco di esserlo anche in questo caso. Si fa presto a parlare di Piazzale Loreto, nello stesso modo come si fa troppo presto a osannare qualcuno che si pensa possa salvare l’Italia.

 

Che l’Italia sia messa male è un fatto. Che i Servizi non funzionino o funzionino male è lapalissiano.

Per risollevare una Nazione ci vuole onestà e che i Servizi funzionino… ma che funzionino davvero…, non per modo di dire.

Se un treno arriva con dieci minuti di ritardo, non si deve dire : « Sono solo dieci minuti »… per esempio.

 

Dopo decenni di promesse e disservizi, una parte degli italiani ha cominciato a sperare che « Qualcuno » potesse fare qualcosa… e, dopo due fantasmi, ha sperato, o spera che Quello lì sia quello buono. Forse non lo è, però, non credo proprio che si debba essere così catastrofici.

 

Io, dopo aver vissuto il fascismo e aver potuto guardare in faccia le Brigate Nere ; dopo aver visto di persona, anche se marginalmente, il Paradiso Comunista,  non credo che « Quello lì » possa essere considerato così male… So che, nella mia oggettività, potrei sbagliarmi. Sono però convinto che, se l’italiano, tutti gli italiani… ma tutti… proprio tutti non si danno una regolata e non la smettono di essere furbi o furbetti, prima o dopo potranno cominciare a piangere davvero perché un castigamatti potrà arrivare quando meno se l’aspettano.

 

Io non lo vedrò perché sono abbastanza vecchio… mi dispiacerà per quei nipoti che se lo dovranno sorbire.

 

Comunque :

Non tutti i Dittatori finiscono appesi a testa in giù.

Non è accaduto a Franco così gradito dal nostro Benito.

Non è accaduto a Tito… così gradito dal nostro Palmiro.

 

È un fatto però, che ogni dittatura, in un modo o nell’altro… finisce.

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PER FAVORE NON SCRIVERE “MI PIACE” SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

 

Sono tranquillo in casa… in casa mia… in quella casa che è semplicemente un appartamento riattato in una costruzione degli anni ’20. Ora sono in ferie, anche se, per essere sinceri, io sono sempre in ferie dato che non lavoro; non lavoro più perché ho avuto la fortuna di diventare vecchio.

Ora sono in ferie perché non abito più qui… in Riviera… nella Riviera dei Fiori dove il clima è meraviglioso e quelli che ci abitano da sempre non l’hanno ancora capito. Io ci sono arrivato per caso un po’ di anni fa, e, in un certo senso, l’essere arrivato qui ha cambiato la mia vita… in meglio naturalmente.

Ora, come dicevo, sono in casa e sento una sirena… la sirena di un’ambulanza che passa proprio sotto casa; non è bello quel suono, anche se a me è piuttosto familiare. Quando sono per la strada e mi passa vicino un’ambulanza con la sirena a tutto volume, mi tappo le orecchie. È forte quel rumore, e, anche se, come dicevo mi è familiare, mi dà fastidio e, fra l’altro, mi obbliga a ricordare.

Sì, è proprio così, mi obbliga a ricordare… non posso farne a meno.

Ma è sempre necessario ricordare?” mi si potrebbe chiedere.

Io sono convinto che sia giusto lasciare spazio ai ricordi; quando uno dei nostri sensi, di solito 5, ci stimola al ricordo, è terribilmente sbagliato ostacolarne l’effetto. Ricordare è umano… disumano pretendere di dimenticare… anche perché non tutti i ricordi sono negativi.

La vita è fatta di bicchieri mezzi pieni e di bicchieri mezzi vuoti.

Certi ricordi possono essere altamente positivi… anche perché collegati al lavoro che s’è cercato di portare avanti con coscienza… oltre che con quella “scienza” che dovrebbe essere semprepresente.

Prima di arrivare in questa ridente cittadina della Riviera dei Fiori facevo l’anestesista all’Università… in quella Facoltà di Medicina e Chirurgia che si pensa sia sempre al top… l’importante crederlo.

Qui in Riviera trovai un ospedale desideroso di lavorare con coscienza per il bene della popolazione… almeno questa sembrava l’intenzione del corpo medico. Purtroppo, a far funzionare un ospedale, non c’è solo la Manovalanza fatta da medici, corpo infermieristico e tecnici; ci sono anche i “tecnici amministrativi” fiancheggiati dai politici che capiscono tutto se si parla di corpo elettorale, ma capiscono ben poco se si parla di medicina; per loro la medicina non è importante, nello stesso modo come non è importante il termine “sofferenza”… finché non la subiscono.

 

Non è qui il caso di polemizzare… anche se, stando alla mia decennale esperienza, non sarebbe sbagliato parlar male di chi amministra la Sanità.

 

Si parlava della sirena dell’ambulanza. Ora è quasi sempre bitonale, non so se l’hanno imparata dai tedeschi o dai francesi; un tempo era un sibilo quasi continuo… a me piaceva di più.

Quando si sente una sirena, si pensa a qualcuno che sta male. Un tempo, quando la sirena si faceva sentire e la gente doveva correre nei rifugi per non farsi colpire da qualche bomba, preannunciava la possibilità quasi garantita che qualcuno avrebbe potuto arrivare a star male o addirittura cessare di vivere.

Bisogna parlare dei bombardamenti… quei bombardamenti che sembrano oggi, qui da noi in disuso, ma che, mica poi tanti anni fa, hanno fatto piangere molto… anzi moltissimo.

L’ultima guerra mondiale… la Seconda Guerra Mondiale ha prodotto danni ingentissimi… e tanti morti. Sono morti in tanti, ma non per colpa proprio delle battaglie che ci sono in guerra, cioè non solo sul fronte dove gli opposti eserciti cercavano di superarsi, ma anche e soprattutto nelle città. È nelle città che risuonavano le sirene quando arrivavano gli aerei carichi di esplosivo… arrivavano di giorno e di notte. Oggi si possono sentire in qualche film, ma io le ho sentite davvero, e, se era di notte bisognava saltar fuori dal letto e precipitarsi nei rifugi. Per noi bimbi era normale, non conoscevamo altro; sapevamo che la guerra avrebbe fatto grande la nostra Patria. Lo sapevamo perché ce l’avevano detto… perché in Italia c’erano tanti Balilla e tanti Figli della Lupa, e anch’io avevo la mia bella divisa di Figlio della lupa con nel mezzo una bella M di Mussolini.

Per aiutare la Patria, mio Nonno donò il suo anello d’oro, quello del matrimonio… gli diedero un anello di vile metallo… sembrava latta. Non saprò mai se lo fece perché ci credeva o perché fu obbligato a farlo; so solo che aveva un anello che faceva ridere. Comunque sia, noi bimbi eravamo abituati alle sirene, ai bombardamenti e allo straziante rumore di tanti aerei che insieme trasportavano le bombe.

Che ne sapevamo noi della pace e della possibilità di arrivare a muoversi tranquillamente e liberamente e andare un po’ dappertutto a visitare Paesi nuovi? La nostra libertà era quella di imitare le sirene… le sirene degli allarmi… quelle che facevano mettere tutti in movimento.

Proprio così, assieme ai miei fratelli, eravamo in tre, prima di dormire, quando eravamo già a letto, imitammo le sirene dell’allarme, e le imitammo così bene che si mise in movimento tutto il condominio e tutti si misero a scendere le scale per raggiungere il rifugio della casa.

Per fortuna furono fermati dai nostri genitori, e la paura generale finì in risate per loro, ma non per noi che fummo sonoramente sgridati.

Che poi, le sirene dell’allarme bombardamento, avvertivano solo… non salvavano la vita.

Come dicevo, ai tempi era per noi normale, e sembrava pure che la guerra fosse qualcosa di normale; ma è e sarà sempre normale? Come si può infatti pensare che non si “picchino” fra Nazioni quando in una normale riunione condominiale s’azzuffano… magari solo a parole?

Quando ero bimbo, e pensavo, ovvero mi avevano abituato a pensare che Mussolini ci avrebbe dato la gloria, gli aerei, ma anche le navi, bombardavano le città… e morivano i civili.

La propaganda era importante. VINCEREMO era scritto dappertutto sui muri… e molti italiani, forse troppi, erano convinti che sarebbe accaduto.

Pure i francobolli che cominciavo ad apprezzare la raccontavano in quel modo… e parlavano di morte… perché per vincere bisogna ammazzare.

I FRANCOBOLLI CHE INNEGGIANO ALL’AMMAZZARE… per la gloria.

“Ma perché, malgrado le sirene, morivano i civili?” potrebbe chiedersi un cittadino qualunque.

Semplicissimamente perché il Genere cosiddetto Umano non ha alcun rispetto per la vita… degli altri.

Non posso prendere in considerazione tutti i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale. Sembrava un bel gioco o una lotteria prendere un po’ di aerei, caricarli di tritolo e spedirli tutti insieme su una qualche città ad alleggerirsi della morte che trasportavano. I bombardamenti che mi hanno particolarmente colpito sono quelli di Lubecca e di Dresda in Germania, quelli di Zara in Dalmazia e, naturalmente quelli di Voltri alla periferia di Genova.

UN PANORAMA DI LUBECCA

Lubecca fu bombardata nel 1942, esattamente il 28 marzo. Fu un “bel bombardamento” perché riuscì a distruggere quanto architettonicamente oggi ricostruito è “Patrimonio dell’Umanità”. Secondo i britannici, che programmarono ed eseguirono il bombardamento, anche con molte bombe incendiarie, era necessario agire contro il morale dei tedeschi… e quindi bisognava distruggere ed ammazzare. Sì perché Hitler aveva detto loro che sarebbero diventati i padroni del mondo… o magari solo dell’Europa.

L’Europa lo lasciò fare quando si prese quel pezzetto di Cecoslovacchia abitato per buona parte da umani di etnia tedesca… intendo il territorio dei Sudeti.

Detto per inciso mi sovviene il fatto che qualche anno fa, la Russia di Putin si prese la Crimea che faceva parte dell’Ucraina… e lo lasciarono fare.

E lui, Hitler, andò avanti, e i suoi sudditi, almeno una gran parte l’osannò. Sì, perché cominciarono a credere che la loro Nazione stava di nuovo diventando una Grande Nazione: avevano un capo prestigioso che ci sapeva fare. E allora, per cercare di abbassare il morale di una certa popolazione che ci credeva, fu necessario ammazzarne un po’… con un po’ di bombe?

A me sembra strano, però lo fecero… e sicuramente con soddisfazione.

UNA STRADA DI LUBECCA

Ci fu poi un altro bombardamento… che passò veramente alla storia: quello di Dresda. Assieme ai britannici ci pensarono anche gli americani degli Stati Uniti… tutti insieme a scaricar bombe tra il 13 e il 15 febbraio del 1945… quando la guerra era ormai agli sgoccioli. Non so se era proprio necessario dimostrare di essere forti o se c’era nei magazzini un surplus di tritolo da consumare.

2001 – Dresda Italienisches Dörfchen

È un fatto che quel bombardamento fu micidiale e, per giunta su una città che non aveva nulla di strategico al punto che proprio in quella bella città c’erano molti sfollati di altre zone della Germania a rischio bombardamenti.

2001 – Dresda Semperoper (Teatro dell’Opera di Sassonia)

Non si saprà mai quanti furono i morti di quei bombardamenti; si sa che le bombe che furono sganciate furono migliaia di tonnellate, che la città fu rasa al suolo e che il fenomeno terribile denominato “tempesta di fuoco” trascinò, a causa del forte vento conseguenza del caldo delle esplosioni, gli esseri umani dentro le fiamme. Fu una tragedia, malgrado la guerra, considerata criminale… proprio come un crimine di guerra… ma ai vincitori non lo si doveva e non lo si poteva dire.

Si parlò molto di questo bombardamento. Ora Dresda fu in parte ricostruita com’era prima… ma non abbastanza… e non sarà mai come prima.

S’è parlato, almeno secondo me, troppo poco dei bombardamenti di Zara… oggi Zadar (Croazia).

Dal 2 novembre 1943 fino alla fine di ottobre del 1944, la città di Zara subì da parte delle forze angloamericane ben 54 incursioni aeree con relativi bombardamenti.

Zara fu per moltissimi anni una delle città più importanti della Repubblica di Venezia. Dopo la Prima Guerra Mondiale, esattamente dopo il Trattato di Rapallo, divenne ufficialmente territorio del Regno d’Italia… era anche capoluogo di provincia e contava circa 25.000 abitanti.

Dopo l’armistizio del famoso o famigerato 8 settembre del 1943, la città fu occupata dalle truppe naziste. La città rimase però sotto la giurisdizione della Repubblica Sociale Italiana. Può essere interessante notare che i francobolli usati in quel periodo erano italiani soprastampati DEUTSCHE BESETZUNG ZARA.

Perché 54 bombardamenti e tanti morti fra i civili per una città strategicamente non importante? Pare che questo micidiale e, secondo me, criminale accanimento, fosse dettato, o richiesto, da TITO, futuro dittatore della Jugoslavia. Pare che fosse necessario uccidere la maggior quantità possibile di italiani, distruggere il più possibile della città per far fuggire gli italiani “non ancora ammazzati”. Solo in questo modo le slave truppe partigiane poterono entrare nella città e renderla parte integrante della futura Federazione Jugoslava.

Non riesco a comprendere questo accanimento degli Anglo Americani.

Neppure riesco a comprendere l’odio che sprigiona il poeta Vladimir Nazor:

Spazzeremo dal nostro territorio le pietre della torre nemica distrutta e le getteremo nel mare profondo dell’oblio. Al posto di Zara distrutta sorgerà una nuova Zara, che sarà la nostra vedetta sull’Adriatico.

Comprendo invece Enzo Bettiza, noto giornalista italiano, studente a Zara, che vide nell’accanimento che distrusse Zara, la stessa ferocia che portò la distruzione di Dresda.

 

Si parlò ancora meno dei bombardamenti di Voltri, alla periferia di Genova.

Perché scrivo dei bombardamenti di Voltri quando la città di Genova ne subì per così di incursioni aeree? Semplicemente perché le bombe caddero molto vicino a dove eravamo noi (io bimbo coi miei fratelli e coi miei genitori) e mio papà, malgrado tutto, ne uscì vivo.

Ne ho parlato in un capitolo del mio libro TUTTO VERO Istantanee di vita. In poche parole, fu un bombardamento che fece solo dei morti fra i civili ma non distrusse neppure un ponte… quando le incursioni erano per distruggere i ponti.

Non avevo ancora 10 anni, ma ricordo benissimo l’ansia di mia mamma che non sapeva se il suo uomo, il padre dei suoi tre bimbi era ancora vivo o se giaceva sotto delle macerie provocate da quelle inutili distruzioni. Non eravamo per niente lontani; avevamo visto gli aerei, li avevamo sentiti in picchiata, avevamo sentito le mitragliatrici e sapevamo che  quell’uomo era là… proprio là dove le bombe seminavano morte.

Mio papà ne uscì vivo… ma se fosse morto sarebbe stato solo un morto in più… nel numero dei resoconti di guerra. Un numero… ma quale dramma per chi rimaneva? Anche questa è guerra… quella che i Grandi si divertono a “giocare”. Noi lo facevamo coi “soldatini”, loro, dato che sono GRANDI lo fanno coi “soldati veri”.

Sarebbe utile parlare anche dei bombardamenti “moderni” con bombe intelligenti… alla ricerca di armi di distruzione di massa. Potrebbe anche essere utile, di fronte a certi crimini, non dimenticare che esiste il Tribunale dell’Aja contro i crimini di guerra.

 

Dobbiamo parlare di sirene. Non ci sono solo le sirene delle auto che passano davanti a tutti, ci sono anche quelle belle… con la coda di pesce… che non dovrebbero far male a nessuno… anzi è bello considerare la loro leggiadria.

Il personaggio che più avrebbe potuto essere danneggiato dal melodioso canto delle sirene fu Ulisse… che però fu previdente, si fece legare all’albero maestro della nave e fece tappare le orecchie dei suoi marinai.

Bella l’illustrazione di Herbert James Draper.

Noi abbiamo le sirene delle fontane. È famosa quella di Napoli, bella quella di Cattolica, spettacolare quella di Mondello e simpatica quella di Bordighera.

Non a tutti è accaduto di poter vedere La Fontana delle Sirene di Bordighera, ma tutti hanno avuto l’occasione di sentire la sirena di un’ambulanza.

La Fontana delle Sirene a Bordighera.

Mi soffermo un momento con piacere sulla Fontana di Bordighera, anche se non tutti sanno dov’è quella cittadina; non importa, dato che tutti sanno dov’è Sanremo e dato che tutti hanno, più o meno, subìto il tormentone del Festival, possono sapere che la Francia è vicina. Ebbene Bordighera è dopo Sanremo, se da quella città si vuole andare in Francia. La fontana che vi presento, anni fa fu restaurata e recentemente munita di una sovrastruttura di dubbio gusto. Ve la presento:

Fontana delle Sirene… oggi.

Fontana delle Sirene… oggi… particolare.

Tornando alle sirene delle auto che viaggiano sulle nostre strade con targa di Croce Rossa Italiana, Pubblica Assistenza con croci di vario colore, Polizia, Vigili del Fuoco e auto di personaggi importanti…che magari hanno fretta di andare a comprare il prosciutto per un buon panino imbottito, posso dire che a me personalmente accadde più volte di dovermi fare un viaggio in ambulanza targata CRI per accompagnare malati gravi, per lo più traumatizzati cranici, in un ospedale maggiormente attrezzato. Furono viaggi lunghi, il più delle volte notturni e spesso con autisti cosiddetti “volontari”… che certamente guidavano molto bene, ma che… quello non era il loro lavoro; erano “volontari”…

Nei viaggi di andata, quando col mio infermiere o infermiera dovevamo occuparci del paziente… sempre gravissimo, potevamo al massimo sentire l’apprensione quasi insopportabile; infatti con un occhio e mezzo ci occupavamo di quel povero disgraziato, più di là che di qua, che “sopportava” i nostri sforzi terapeutici, col mezzo occhio ancora libero osservavamo la strada e la tecnica di guida del “volontario”.

Se non ricordo male, era la prassi di quei tempi, affidare a “volontari” la guida notturna di ambulanze.

Fu appunto in una di quelle occasioni, attorno alle 3 di notte, che, per evitare il “nostro panico (mio e dell’infermiera che mi accompagnava)”, guidai l’ambulanza durante il viaggio di ritorno… dopo aver consegnato il paziente a chi di dovere.

Fui aspramente redarguito dai dirigenti locali della Croce Rossa… dato che non avevo il patentino che mi avrebbe autorizzato a guidare certi mezzi. Quel ricordo mi spinge però a fare una considerazione… amara.

“Perché, anche se corredati dei necessari burocratici papiri, si permette a “volontari”, non pagati o sottopagati, di mettere a repentaglio la vita di chi, e qui siamo nell’assurdo, lavora con professionalità per salvare la vita di qualcuno un po’ sfortunato o incosciente nel proprio comportamento?

Le sirene di queste ambulanze mi obbligano ad “uscire un poco dal seminato” e ricordare ancora una volta una frase scritta sul mio libro, secondo me, importantissima:

Una Nazione che non paga, o permette che non venga pagato chi lavora, non dovrebbe essere degna di rimanere al cospetto della civiltà.

 

Questa frase che suona anche come una denuncia di furto (sì perché chi non paga ruba) verso certi datori di lavoro, era scaturita in me dalla necessità di espatriare appena laureato. Infatti non è che cercai in Svizzera la scienza e la precisione di alto livello, ma qualcuno disposto a corrispondere la “giusta mercede” ai miei sforzi lavorativi.

 

Questa digressione vuol dire chiaramente anche che ogni autista di ogni mezzo pubblico deve essere “di qualità” e deve essere pagato nel modo giusto… e, a maggior ragione, se il datore di lavoro è un Ente come la Croce Rossa Italiana che, se può avere dei mezzi con una targa così particolare, dovrebbe poter avere anche i mezzi per remunerare chi lavora per lei.

 

C’è un’altra sirena molto importante… almeno per i danesi, ed è “La Sirenetta”, simbolo di Copenhagen. Quando la vidi per la prima volta, devo dire la verità, rimasi un po’ deluso. Credevo fosse più grande.

È bella però, e anche un po’ sfortunata. Fu decapitata due volte, fu maldestramente verniciata e le fu pure amputato un braccio… ma esiste ancora e, ha addirittura compiuto cento anni, ed è stata festeggiata con un francobollo.

IL FRANCOBOLLO DANESE

 

Qui in Svizzera, ogni tanto, con preavviso, si possono sentire delle prove di sirene che eccheggiano di casa in casa. Sono potenti e noiose, ma, potrebbero essere utili in caso d’emergenza… anche se una diga di un qualche lago artificiale dovesse ritrovarsi danneggiata.

 

Dopo tutte queste sirene, c’è qualcosa che potremmo augurarci?

 

La risposta è: “Sì, che il Genere Umano si renda conto che potremmo vivere tutti bene senza la necessità di prevaricazioni e di ammazzamenti in modo più o meno dichiarato… Potremmo anche augurarci di dover sentire sempre meno le sirene delle ambulanze… segno che chi guida lo fa in modo sempre più responsabile.

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LO SO CHE AVER SCRITTO QUELLO CHE POTRETE QUI DI SEGUITO LEGGERE NON SERVE A NIENTE… LO SO. DEVO SFOGARMI DI FRONTE A TANTI ATROCI E DELINQUENZIALI IMMOBILISMI.

Ho pianto e, in un certo senso continuo a piangere, ma, sono anche un poco arrabbiato.
In questi giorni, non ho potuto farne a meno, ho sentito tante, tante parole. Tutti sono dispiaciuti; tutti dicono che Genova è stata tagliata in due e che bisogna fare presto a trovare un colpevole e a ridare a Genova la giusta viabilità.
Sono proprio tutti “bravi” a dar consigli, ecc. ecc.

Poi ci sono stati i Funerali di Stato con Mattarella che ha abbracciato tanti cittadini “feriti” da questa tragedia.

Da web: Mattarella a Genova.

Il nostro Presidente della Repubblica è stato pure applaudito. Forse, quelli che l’hanno applaudito non l’hanno sentito quando, dopo il terremoto di Amatrice, ebbe a dire, mi sembra testualmente: “NON VI ABBANDONEREMO”.

Comunque sia, lui è solo il Presidente della Repubblica (!!!), ma le sofferenze di tanti italiani rimangono.

Forse in molti hanno percorso l’Autostrada dei Fiori, quella che da Savona va a Ventimiglia e s’innesta all’autostrada francese… e tutti di questi molti si saranno accorti di come l’arteria sia “intasata” da autotreni (oggi li chiamano TIR); e si saranno anche accorti che questi TIR, che un tempo erano spagnoli, portoghesi, francesi ed italiani, sono oggi “affiancati” da mezzi rumeni, ungheresi, sloveni, croati, polacchi, slovacchi, cechi, estoni lettoni, lituani… e qualche italiano. I Paesi dell’Est, prima della caduta del Muro di Berlino erano rarissimi, ora quasi preponderanti.

Si saranno anche accorti che, anno dopo anno, la percorrenza dell’autostrada da Genova al confine francese è sempre più pericoloso.

Si saranno pure accorti che i gestori di quella che è l’Autostrada più cara d’Italia, per ovviare all’aumento del traffico hanno fortemente limitato la velocità di tutti i veicoli… in alcuni casi ai 90 all’ora: tempi di percorrenza sempre maggiori e costi sempre altissimi.

Certo che le merci potrebbero essere trasportate anche su rotaia… e questo sarebbe anche più ecologico. Ma, com’è possibile pensare questo in Liguria?

Mi trovai a scrivere in più di un articolo che la Liguria dorme.

Questo è quello del 2014… di quattro anni fa:

 

https://quarchedundepegi.wordpress.com/2014/01/18/povera-liguria-continua-a-dormire/

Il treno che deragliò mise abbastanza in ginocchio la Riviera di Ponente… ma, ancora oggi, da Genova a Ventimiglia si viaggia male, per non parlare dei viaggiatori che vengono da Milano e vogliono proseguire per la Riviera.

e, nel settembre dello stesso anno:

https://quarchedundepegi.wordpress.com/2014/09/08/povera-liguria-continua-a-dormire-3/

Ma, ancora prima, nel 2012 scrissi:

https://quarchedundepegi.wordpress.com/2012/01/09/il-terzo-valico/

Poco tempo fa, prima della tragedia del ponte dell’autostrada, non so se corrispose a verità, lessi che il Governo bloccò i lavori del Terzo Valico… per approfondimenti, o qualcosa del genere.

La Domenica del Corriere del 1° marzo 1964

Siamo arrivati al 2018 e nel bel mezzo dell’Estate quel ponte così declamato nel 1964 precipita e muoiono più di 40 persone… per non parlare degli sfollati… E NON SI PARLA DI FAR FUNZIONARE UNA BUONA VOLTA, COME SI DEVE, LA FERROVIA… NON SOLO PER GLI UMANI… MA ANCHE PER LE MERCI.

Ecco perché sono un poco arrabbiato… perché neppure una catastrofe come questa muove il cerebro dei Governanti… o gli interessi e l’ingordigia  del dio soldo paralizzano ogni attività neuronale più o meno intelligente?

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 Registrazione del 31 maggio 2018

 

Personaggi:
L’Albero, Panchina Ingenua e Alessandro.

 

L’Albero: “Buon giorno Alessandro, finalmente vieni anche da noi.”

Panchina Ingenua: “Sapessi quanto mi manca il calore delle tue chiappe! Ciao Alessandro… che bello sentirti… dico fisicamente.”

PANCHINA INGENUA

Alessandro: “Buon Giorno amici. Ci sono… e mi fa piacere esserci.”

L’Albero: “Sai com’è caro Alessandro? È che ho ascoltato “in differita” tutto quello che vi siete detti un po’ di giorni fa circa quanto accadde ai poveri Umani di Trieste. So che, con la dipartita dalla città dei titini, le sofferenze dei triestini non finirono lì, non foss’altro che per il fatto che non potevano sentirsi italiani.”

L’Albero

Alessandro: “Appunto. È questo uno dei tanti argomenti Umani che dobbiamo ancora affrontare.”

L’Albero: “E potremo farlo oggi. Sto infatti contattando il mio collega Tasso, nonché l’Ulivo che da qui vedo con facilità. Di tutto quello che vi siete detti l’altra volta, c’è un particolare che non son riuscito a comprendere, e cioè, in che modo l’Umano Palmiro Togliatti poté governare in Italia se aveva la cittadinanza dell’Unione Sovietica dopo che “sputò” sulla cittadinanza italiana e sui cittadini italiani. Fu, se non ricordo male nel 1930, ma ricordo benissimo quello che disse, e cioè: È motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere diecimila volte più del migliore cittadino italiano. Quando presi atto che quell’Umano poté governare in Italia dopo aver offeso il popolo italiano, nonché i mandolinisti, credo anche di poter capire con quale facilità possano esistere degli Umani attuali Presidenti della Repubblica che, di fronte a una situazione grave come l’attuale, pasticciano la crisi in un modo a dir poco grottesco. Mio caro Alessandro, so perfettamente che un tempo i cittadini italiani, se ricevevano la cittadinanza di un’altra Nazione, perdevano la cittadinanza italiana. Anche se poté sembrare un’offesa nei riguardi dell’italianità, anni dopo questi cittadini poterono “riavere” la cittadinanza dello stivale. Già mi sembra poco serio, ridare la cittadinanza a chi l’aveva perduta volontariamente perché aveva voluto seguire altre strade, quella però dell’Umano Togliatti mi sembra sia stato piuttosto grottesco o puerile o disonesto verso tutti gli altri Umani d’Italia permettere posizioni di prestigio a chi aveva volutamente e in modo altisonante disprezzato l’italiano. Ma è proprio vero? Può darsi che non sia vero che l’Umano Togliatti avesse la cittadinanza dell’Unione Sovietica, ma, se è vero, trovo gravissimo quanto accadde… tanto più che la presenza di quel perfido Umano provocò molti morti e molti pianti.

 Ingenua: “Sarò ingenua, ma, da quello che dici, capisco tante cose… e anche perché le italiche genti continuano ad accettare che “Altri d’Europa” dettino legge dove non dovrebbero.”

 Alessandro: “Ho l’impressione che tu, caro Albero amico mio abbia messo l’accento su un tasto molto delicato. Pensa che il Ministro della Giustizia Orlando avrebbe detto: “Io sono uno degli ultimi togliattiani”… ripeto:”Della Giustizia”. È da piangere o da ridere?”

L’Albero: “Per oggi, fermiamoci qui… e speriamo che “Chi di dovere” in Italia capisca qual è il bene dell’Italia, ma che soprattutto sappia amare la Patria.”

Alessandro: “Sì, sì… ci vediamo presto e contatteremo di nuovo Tasso e i suoi fratelli e finiremo il discorso di Trieste. Ciao a tutti.

Ingenua: “Mi dispiace che tu vada via… ma ti aspetto. Ciao.”

 

 

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L’Albero: “Ho sentito dire che a Genova c’è una statua… ovvero un monumento a Cristoforo Colombo. È vero… tu che sei genovese?

Alessandro: “Certamente, come puoi pensare che Genova non abbia dedicato un monumento a un suo figlio? Se si vuol saperne di più basta andare a leggere questo bell’articolo:

https://dearmissfletcher.wordpress.com/2017/10/12/a-cristoforo-colombo-genovese-e-navigatore/

Panchina Petulante: “Ciao Alessandro, tu sei genovase vero? Non ti senti un po’ orgoglioso pensando di aver avuto un concittadino così importante?”

Alessandro: “Direi di sì, però non posso fare a meno di considerare che la mia mente mi ha obbligato a ricordare. Sono andato indietro di qualche anno, quando, a cavallo fra il 2000 e il 2001 mi trovai con mia moglie e un piccolo gruppo di svizzeri a Reykjavik in Islanda a visitare la Cattedrale della città. La nostra guida, dopo la visita al luogo di culto ci fece vedere la statua di Leifur Eriksson. Quando gli dissi che: “Sono genovese.”, mi chiese: “Cosa ne dicono a Genova del fatto che non fu Cristoforo Colombo a scoprire l’America?”

Una cartolina dell’epoca con la Cattedrale.

Panchina Ingenua: “Povero Alessandro. Ti sei trovato in difficoltà?”

Alessandro: “No no.”

Petulante: “E cosa gli hai risposto?”

Alessandro: “Gli risposi che la maggior parte dei genovesi non sanno neppure dove sia esattamente l’Islanda, immaginiamoci se conoscono la storia di Leif Eriksson.

Quadro di Christian Krohg: L’AVVISTAMENTO DELL’AMERICA.

L’Albero: “Trovo molto strano che i genovesi, non ho detto voi genovesi, non s’interessino particolarmente a questo straordinario avvenimento, e cioè che circa 500 anni prima di Cristoforo Colombo un europeo mise piede sul suolo americano. Bisogna dire la verità, fu questo navigatore, attorno all’anno 1000, a scoprire il Canada, e cioè l’America del Nord, e, pare che vi abbia costruito anche un piccolo insediamento. Esattamente all’altezza della Baia delle Meduse che si trova nella parte più settentrionale dell’isola di Terranova in Canada.”

Alessandro: “Non bisogna stupirsi. Purtroppo i genovesi sono sempre stati un po’ chiusi, e, anche se Genova dovrebbe far parte del “Triangolo Industriale d’Italia”, ha, negli ultimi decenni, perso molti colpi. Basti prendere in considerazione i trasporti da e per Genova verso nord e da Genova verso la Riviera dei Fiori fino a Ventimiglia. Il famoso TERZO VALICO forse prima o dopo arriverà e ci potrà essere un buon collegamento con Milano e con la Svizzera; Ventimiglia è collegata a Genova da una trafficatissima Autostrada dei Fiori, la più cara d’Italia, e una ferrovia, che dovrebbe essere internazionale, con alcuni tratti ancora a binario unico… per non parlare della ferrovia Ventimiglia Cuneo ripristinata nel 1979 ora quasi in disuso. Si può dire giustamente che Genova e la Liguria dormono… anche se recentemente sembra, dico sembra, che stiano uscendo dal loro torpore.”

Ingenua: “Mi metti tristezza caro Alessandro. La Liguria è così indietro?”

L’Albero: “Forse Alessandro sta esagerando. Torniamo a Eriksson che, scendendo dalla Groenlandia costruì un insediamento a Terranova.

INSEDIAMENTO VIKINGO PATRIMONIO DELL’UNESCO

Alessandro: “Tranquilla Ingenua, non sto esagerando.

IL FRANCOBOLLO USA.

Per quanto riguarda Eriksson, possiamo dire che gli Stati Uniti d’America gli hanno dedicato un francobollo… molto semplice, che non è altro che una copia pari pari della statua di Reykjavik in Islanda.

Il francobollo dell’USA, non è l’unico a commemorare la “scoperta” del vikingo.

Anche le Poste delle Isole Faroe ci hanno pensato, e in un modo particolarmente interessante perché hanno messo a confronto il viaggio di Leif Eriksson e quello di Cristoforo Colombo… il tutto con la menzione dell’anno in cui si verificò l’evento. Sui francobolli si vedono anche le differenti imbarcazioni utilizzate per le traversate.

Ingenua: “Lo so che può sembrare strano quello che dico, ma, secondo voi, la Groenlandia è in Europa o in America?”

I FRANCOBOLLI DELLE FAROE

L’Albero: “È in America.”

Ingenua: “Quindi, se l’Eriksson, per raggiungere Terranova, è partito dalla Groenlandia, era già in America.”

L’Albero: “Hai perfettamente ragione. Tu, Alessandro, quando sei stato in Groenlandia, ti sei sentito in America?

Alessandro: “Non ci ho neppure pensato… so solo che ho sentito molto il freddo… anche se ero ben coperto.”

L’Albero: “Volevo chiederti, cos’è quella storia della ferrovia Ventimiglia Cuneo che tu hai accennato dicendo “quasi in disuso”? So, naturalmente per sentito dire, che quelli sono posti bellissimi.”

Alessandro: “È una delle tante dimostrazioni che possono farci dire che la Liguria Dorme”. Dovete sapere che alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la ferrovia Ventimiglia Cuneo, allora tutta in territorio italiano fu resa inuttilizzabile dalle truppe tedesche in ritirata. Furono fatte saltare tutte le infrastrutture fra cui molti ponti. Era l’anno 1945 e, dato che l’Italia perse la guerra, una parte del territorio sul quale correva la ferrovia fu ceduto alla Francia. Grazie alla bontà dei politici Adenauer, Schuman e De Gasperi fu fondato un inizio di Europa Unita, e  finalmente, molti anni dopo la distruzione della nostra povera Europa, la Svizzera neutrale, la ferrovia fu ricostruita. I ponti furono ricostruiti e le gallerie rimesse in sicurezza; la ferrovia poté entrare nuovamente in funzione con grande gioia da parte di chi dall’estremo ponente ligure doveva recarsi a Torino. Erano tutti contenti a Ventimiglia quel giorno in cui ci fu addirittura un annullo filatelico speciale.

IL FRANCOBOLLO DELL’EUROPA e IL TIMBRO COMMEMORATIVO DEL NUOVO COLLEGAMENTO FERROVIARIO. NEL TIMBRO SONO LE SPOGLIE DEL PONTE DISTRUTTO E IL PONTE NUOVO DI ZECCA.

Questa ferrovia fu utile anche per chi voleva, da Genova e dal ponente ligure, andare a sciare a Limone Piemonte.

L’Albero: “Com’è l’attuale situazione di quella bella ferrovia?”

Alessandro: “Semplicemente catastrofica. Stando agli orari, da Ventimiglia a Cuneo ci sono solo due collegamenti giornalieri… e, udite udite… da Ventimiglia a Limone Piemonte si va in Bus.”

Da TRENITALIA.

Petulante: “ Ho sentito e visto giusto? Come fanno “gli addetti ai lavori” ad essere così irrispettosi verso i viaggiatori, i turisti e gli amanti di cose ferroviarie? Se non sbaglio, dopo l’inaugurazione di quel tratto ferroviario avevano addirittura ripristinato un treno che da Berna arrivava a Ventimiglia o Sanremo.”

Alessandro: “Avete capito? Non si va più in treno da Ventimiglia a Limone Piemonte. Pensate un po’, se ci riuscite, a tutti i soldi buttati solo per la costruzione dei ponti. La malvagità di chi perse la guerra, quando avrebbe voluto dominare l’Europa, distrusse opere importanti; il mentecattismo di chi dovrebbe conservare e valorizzare gli sforzi dei padri lascia “preziosi manufatti” in stato di abbandono.

L’Albero: “Se potessi riderei a crepapelle.”

Petulante: “Perché? Cosa ti fa ridere? Bisognerebbe piangere.”

L’Albero: “Lo so che bisognerebbe piangere… ma io rido pensando alla stupidità di certi Umani che non sono capaci di conservare ciò che è stato fatto in modo egregio… ma rido ancora di più se penso che per andare in treno da Milano a Roma ci vogliono meno di 3 ore e, per andare da Ventimiglia a Cuneo… che è “girato l’angolo”, ci vogliono quasi 3 ore. Perché voi Umani d’Italia maltrattate in questo modo le vostre periferie? Perché i treni buoni sono solo per Roma? Perché a Roma si “mangia” bene o perché solo a Roma ci sono “le buone forchette?”

Alessandro: “Dimentichi che il “treno buono” che si chiama Freccia Rossa va fino a Napoli.”

L’Albero: “Ma certo… a Napoli bisognava dare un contentino; far sì che potesse sentirsi importante. Era una fiorente capitale… all’avanguardia. Coll’avvento del Regno d’Italia diventò una città come le altre.

Ma che strano, abbiamo cominciato a parlare dell’America e siamo arrivati a parlare di treni… di treni italiani che maltrattano i cittadini italiani.”

Ingenua: “Io mi rattristo molto quando sento parlare di certe disonestà. Sarebbe così bello se i Governanti considerassero prioritario il benessere dei cittadini!”

Alessandro: “Hai ragione cara mia. Ora devo andare… ti lascio e vi lascio.”

L’Albero, Pertulante e Ingenua: “Torna presto.”

 

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INVIATO PER POSTA ORDINARIA IL 16 OTTOBRE 2017

 

Gentile Signora Rossella Pace,

 

Spazio Filatelia Roma

Piazza San Silvestro 20

00187 Roma

 

Scrivo a lei con regolare affrancatura dalla Svizzera dove abito, ma invio la presente anche ad alcune associazioni filateliche di cui sono riuscito a trovare l’indirizzo internet… il tutto dal mio blog.

Mi piacerebbe scriverle tramite internet, ma non c’è nessun indirizzo.

Questa mia è per denunciare, piangendo, il folle disinteresse delle Poste Italiane verso la filatelia… ma quella spicciola, quella che fa collezionare i francobolli, quella che potrebbe interessare i bambini e i giovinetti… che cresceranno e diventeranno adulti.

Desidero raccontarle quanto mi accadde l’estate scorsa a Merano. Sono vecchio, ho sempre amato i francobolli, anche quelli italiani, e, in vacanza a Merano, desiderando spedire un paio di cartoline ad amici e parenti, vado alla posta Centrale a cercare il francobollo della 500. Trovo l’addetto all’Ufficio Filatelico assente per ferie e nessuna sostituzione. Per fortuna il carattere molto gentile ed ospitale degli altoatesini mi permette, tramite il direttore dell’Ufficio, di acquistare alcuni pezzi del francobollo.

Una parte delle mie cartoline erano però dirette in Svizzera, per cui l’affrancatura di € 0.95 è insufficiente. Bisogna aggiungere un francobollo da € 0.05. Semplicissimo… così dovrebbe essere in un normale ufficio postale… ma così non fu.

NUMERINO MERANO

Mi viene consegnato il cartellino col numero che mi dirà quando potrò essere servito, cioè quando sarà il mio turno e, al momento giusto, chiedo all’impiegato alcuni francobolli da € 0.05. Con mia grande sorpresa mi sento dire che non hanno francobolli… che posso consegnare direttamente l’oggetto da spedire e verrà stampigliato direttamente sulla corrispondenza l’importo necessario. Obbietto se verrà stampigliato sul francobollo ; la risposta è sì.

Gli dico : « In questo modo lei mi « sporca » il francobollo… che ha bisogno di un annullo postale, non di qualcosa che lo deturpi. »

Mi risponde : «Non posso fare diversamente. »

A questo punto, dal momento che una cartolina è indirizzata a un giovane fanciullo che comincia ad interessarsi alla filatelia, e, desideroso che non riceva un francobollo deturpato da parte dell’irraginevolezza (verso la filatelia) delle Poste Italiane, decido di imbucare direttamente con un’affrancatura difettosa. Lo faccio anche perché sono consapevole che non verrà fatto alcun controllo.

Questo, gentile Signora, lo scrivo perché l’esperienza mi ha dimostrato il massimo menefreghismo degli « obliteratori » delle Poste Italiane. Più volte mi sono spedito lettere imbucate in Italia e, ho potuto prendere atto che la corrispondenza non viene controllata.

La cartolina imbucata con affrancatura insufficiente, anche se dopo troppi giorni, è regolarmente arrivata… obliterata a Verona.

Non voglio tediarla troppo, però, trovo che sia un controsenso avere un ufficio postale di quelli principali che non vende francobolli ma permette all’utente di leggere un manifesto come questo :

Nell’Ufficio Principale di Merano.

Mi permetto di chiederle : « Ma che cosa raccontano dell’Italia se non ci sono?… o pretendono a tutti i costi delle sane risate ? Inoltre lo sa lei, ovvero lo sanno i suoi superiori che a Merano ci sono molti turisti, che molti sono tedeschi e che ci sono ancora in giro dei collezionisti ?

Gentile Signora, io scrivo a lei perché ho trovato di Roma il suo indirizzo e il suo nome ; spedisco questa per conoscenza ad alcune associazioni di filatelisti… perché ? potrebbe chiedermi lei.

« Perché voi di Poste Italiane state facendo morire la filatelia? Se non vendete francobolli negli uffici postali, dove volete che la gente li vada a comperare ? dal macellaio ? Certo, i tabacchini vendono francobolli, ma solo alcuni tagli. E poi, come potete voi di Poste Italiane pretendere di continuare a « vendere » (sarebbe più giusto rubare) quei pezzettini di carta se non aiutate ad usare i francobolli veri e i giovani possano vederne sulle buste ? I vecchi, sono vecchio anch’io, che ancora comprano i francobolli poco alla volta spariscono come le cabine telefoniche… e allora ? voi vi accorgerete di aver distrutto qualcosa di bello e sano.

Potrei continuare all’infinito e lei potrebbe dirmi che ogni Ufficio Postale piuttosto importante vende i francobolli. Ha ragione, ma, anche agli sportelli filatelici molti tagli di posta ordinaria non ci sono… e poi, mi dica lei, com’è possibile che da un po’ di tempo a questa parte le emissioni di Poste Italiane siano con un facciale quasi sempre di € 0.95 ?

Nel 2017, se ho contato giusto, avete emesso 39 francobolli da € 0.95 e 1 da € 1.00. Un tempo c’era una certa varietà, ora la monotonia è veramente sfiancante.

Lo so, anche per le Poste Italiane la cosa più importante è guadagnare tanti soldi senza guardare in faccia a nessuno, ma, se pensate che valga la pena continuare a far sì che esista ancora la filatelia, non solo fra i vecchietti, ma anche fra i giovani, forse bisognerà fare qualcosa… e la prima cosa da fare è munire di francobolli ogni ufficio postale e far sì che l’impiegato che si trova dietro lo sportello possa obliterare la corrispondenza (anche le raccomandata)… e sarebbe anche utile che la corrispondenza venga recapitata abbastanza presto.

Ho imbucato una lettera in provincia di Varese… dal 22 settembre è arrivata dopo 14 giorni. Ma perché dovete maltrattare così i vostri utenti ?

 

DA ZURIGO A PEGLI (Genova).

Guardi un po’ come funzionavano le cose nel 1939: Una cartolina spedita da Zurigo (Svizzera) a Pegli (Periferia di Genova) impiegò un giorno… solo un giorno… e c’era il timbro d’arrivo… perché c’era l’onestà e il desiderio di fare le cose bene.

DA LUGANO A PEGLI (Genova)

Ma non era un caso perché 3 mesi dopo, sempre una cartolina, questa volta da Lugano arrivò a Pegli in un giorno.

IL FRANCOBOLLO TIMBRATO BENE.

Lo stesso francobollo col timbro ben visibile di VERONA

IL FRANCOBOLLO DETURPATO COLL’Euro 000.05

Lo stesso con le rigacce allargate alla cartolina.

Non credo che le Poste Italiane abbiano il diritto di deturpare un francobollo. Il francobollo, non bisogna dimenticarlo è di chi l’ha comprato ; le poste hanno la possibilità di obliterarlo con un normale timbro, ma non di imbrattarlo. Una volta su un oggetto di corrispondenza, se affidato alle Poste, diventa di proprietà del destinatario. Le Poste hanno il dovere di recapitarlo. Se non sono state capaci di obliterarlo nel modo giusto, non hanno il diritto di sporcarlo… perché non è più di loro proprietà.

FRANCOBOLLO DETURPATO CON UN TRATTO DI PENNA

Un francobollo « annullato » con un tratto di penna come questo è l’equivalente di un furto. Per quanto un francobollo così possa, timbrato, valere poco o pochissimo, ha sempre un certo valore, magari anche solo affettivo, ma, con quel tratto « maleducato » di penna non vale più nulla.

Gentile Signora, potrei continuare per ore a mostrarle movimenti delle poste dove sembra proprio che manchi l’educazione e l’onestà.

Mi fermo qui, sperando che lei possa mettere in movimento CHI DI DOVERE… ma sappia che la presente, molto triste, è perché dispiace vedere un’Amministrazione postale di una Nazione che ha una bellissima storia filatelica distruggere l’operato dei predecessori.

Coi migliori saluti.

 

Alessandro Depegi

quarchedundepegi@gmail.com

 

 

Copia a :

Unione Filatelica Lombarda – Via Leopardi 3 – 20123 Milano

info@ufl1829.it

 

Unione Filatelica Subalpina – Via Asinari di Bernezzo 34 – 10146 Torino

Ketty.subalpina@gmail.com

 

CIRCOLO FILATELICO “TRES TABERNÆ ” – Piazza A. di Savoia 17, 04012 Cisterna di Latina

pmaurizio@email.it.

 

Associazione Filatelica Numismatica Scaligera – Corso Cavour 2 – 37121 Verona

veronafil@veronafil.it

 

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LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

Il 4 dicembre del 2016 fu per il popolo italiano un momento particolare… quasi epocale. Fu una delle prime volte in cui, in modo perfettamente legale, la maggioranza degli italiani disse NO a chi lo governava. Sono passati nove mesi, il tempo di un’umana gravidanza, e sembra non sia successo nulla.

Rileggendo quello che si raccontarono i nostri amati personaggi, si direbbe che quel Referendum possa essere servito solo a stampare un po’ di schede. Il “Fratellino dell’Albero” sembrava veramente triste di fronte alla “malvagità” degli italiani che bocciarono il buon Renzi… ma non sapeva come sono i politici… e glielo disse bene Panchina 1 (oggi Petulante). Anche lei sapeva che a molti Umani cresce abbondantemente il pelo sullo stomaco.

 

Registrazione del 5 dicembre 2016

Personaggi:
La sorella (Panchina Ingenua), Panchina 1 (Panchina Petulante)  e Il Fratellino dell’Albero.

La sorella: “È passata la buriana?”

Panchina 1: “Di cosa stai parlando? Se si son decisi a togliere le foglie?”

LA SORELLA QUASI COMPLETAMENTE PULITA.

 Sorella: “Ma no! Non me ne frega niente delle foglie. Quelle su di noi le hanno tolte praticamente tutte; quelle per terra le toglieranno. Però sono belle!… hanno un bel colore! Per buriana intendevo la storia del Referendum in Italia.”

Panchina 1: “Ho capito. Ma sì, la buriana è finita. Non hai sentito… ah già tu sei lontana dalla strada; io sento la gente che passa. Hanno spedito Renzi.”

Sorella: “Cosa vuol dire? Che gli hanno messo un francobollo addosso?”

Panchina 1: “Più o meno è così. Gli italiani, tanti italiani, hanno detto NO. Hanno votato così, e questo significa che Renzi è stato bocciato e… tanti dicono anche la Sua Bella.”

Sorella: “La moglie?”

Panchina 1: “Ma nooo. Quell’umano femmina di nome Boschi; tutta bella e… piacente. Qualcuno dice che se l’intendevano…”

Sorella: “Ma cosa dici! Come puoi pensare che un umano al Governo di uno stato così importante come l’Italia abbia una tresca di quel genere.”

Panchina 1: “Sei proprio tanto carina sorella mia.”

Il Fratellino albero: “Ancora una volta il vostro ciacolare mi ha svegliato; va ben che non dormivo molto profondamente. Speriamo che non si svegli mio fratello. Stavo ancora sognando.”

Panchina 1: “Cosa stavi sognando?”

Il Fratellino: “Un paio d’ore fa è passata una moto, che ha fatto un rumore assordante e mi ha, solo per un attimo, svegliato, e ho sentito che l’umano Renzi avrebbe detto “Non credevo che mi odiassero così tanto!”, e poi mi sono riaddormentato. Ora stavo sognando che era seduto sul bordo del letto, stava per mettersi il pigiama, e, gli cadevano dagli occhi calde lacrime… che andavano a bagnare il tappetino. Mentre piangeva e sembrava inconsolabile pensava a tutto quello che aveva fatto, a tutti gli 80 Euro che aveva dato al popolo, a tutti gli Euro che avrebbe voluto ancora distribuire… ma non aveva servito a niente. Mentre singhiozzava pensava che per lui fosse tutto finito.”

Panchina 1: “Questo hai sognato? Ma tu pensi davvero che lui sia triste?”

Sorella: “Mi hai fatto venire il magone. Povero Renzi!”

Panchina 1: “Ma tu non conosci i politici. E poi quelli italiani! Ti è accaduto qualche volta di sentir dire: “Quello ha il pelo sullo stomaco.”

Sorella: “Mai. O forse sì; non so cosa vuol dire.”

Panchina 1: “Informati! Comunque, grosso modo vuol dire che chi ha il pelo sullo stomaco non ha scrupoli.”

Sorella: “Grazie sorellina.”

Fratellino: ” E adesso cosa succederà in Italia? Parlate piano per favore; non vorrei vedere mio fratello svegliarsi. Vedete? ha quell’edera sul tronco che ogni tanto gli dà fastidio. L’edera non dorme mai… e lui dovrebbe avere qualcuno che lo gratta.”

Panchina 1: “Adesso ci penserà il Presidente della Repubblica. Vedremo.”

 

 

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LA RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO È VIETATA

Mi fu possibile entrare nella lunghezza d’onda di Petulante e Ingenua… poco alla volta però mi è stato concesso di poter registrare e divulgare i loro colloqui e le loro saggezze. Loro che ci guardano, ci stimano e ci criticano. La loro però è sempre una critica benevola frutto di stupore; lo stupore, anche rassegnato, verso il comportamento di noi Umani.

Registrazione del 24 novembre 2016

Personaggi:
Panchina Petulante, Panchina Ingenua e Passante Alessandro.

Panchina Petulante: “Ecco che è arrivato l’Autunno. Piango e nessuno si accorge di me. Le foglie dell’albero si uniscono alle mie lacrime… e anche il cielo con le sue lacrime.
Guardo mia sorella, un po’ più in là, la vedi?. Mi ha raccontato tutto e, in parte ho sentito tutto. Quell’umano che l’estate scorsa ha trovato serena tranquillità su mia sorella e ha usato il telefono. Uno di quegli aggeggini che si usano per parlarsi a distanza. Ho sentito tante onde attraversare l’aria vicino a me. Parlavano di amore e di promesse… anche di baci e… di stare vicini… molto vicini. Quando è andato via era molto contento.
Non è successo niente… solo speranze… speranze.”

Panchina Pèetulante

Panchina Ingenua: “Già… la vita degli umani è solo speranze?”

Passante Alessandro: “Già… purtroppo si permette di sperare quando già si sa che la speranza sarà vana. È ipocrisia?”

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PER FAVORE NON SCRIVERE MI PIACE SE NON L’HAI LETTO TUTTO.

Registrazione del 25 aprile 2017

Personaggi:
Panchina Ingenua. Passante Alessandro. L’Albero, Panchina Petulante, Albero Tasso.

Panchina Ingenua: “Ciao Alessandro, ti siedi un po’?”

INGENUA BAGNATA E SPORCA

Alessandro: “Non posso, i tuoi legni sono bagnati e un po’ sporchetti.”

Ingenua: “Speriamo che qualcuno li pulisca… quando avrà smesso di piovere. Come stai?”

Alessandro: “Oggi sono un po’ triste.”

Ingenua: “Perché sei triste? Peccato che sono bagnata… ti coccolerei volentieri.”

L’Albero: “Hai visto che bel vestito ho messo su? Non bisogna essere tristi. Oggi in Italia fanno festa… È la festa della Liberazione dal fascismo e la ritirata dell’esercito tedesco.”

L’ALBERO COL VESTITO NUOVO.

Alessandro: “Stavo appunto per dire a Ingenua che la mia tristezza, in una giornata come questa, scaturisce dalla conoscenza che, mentre l’Italia esultava perché la terribile guerra era finita, nell’Italia orientale stava per cominciare un dramma terribile che portò molti italiani, anche “veri” antifascisti, a sofferenze inenarrabili e inconcepibili.

Panchina Petulante: “Ma tu Alessandro c’eri già? Nel senso, te lo ricordi?”

Alessandro: “Sì, c’ero già; ero un bimbo abituato alla guerra; sì, perché non sapevo cosa fosse la pace: la possibilità di muoversi come si vuole, la possibilità di dire quello che si pensa e la possibilità di aver da mangiare senza dover ricorrere alla borsa nera.”

Ingenua: “Cos’è la borsa nera?”

Alessandro: “In tempo di guerra non era come ora che, se avevi bisogno di un pollo o di un chilo di pasta andavi semplicemente al Supermercato e ti compravi il pollo e la pasta che preferivi. Non era così, e se non ne trovavi nei normali negozi e avevi fame, dovevi andare a cercare nei meandri clandestini. Potevi trovare qualcosa, non proprio quello che volevi, ma, a prezzi maggiorati o anche molto maggiorati; infatti quello che cercavi e non trovavi al prezzo giusto era razionato dal regime imperante.”

Ingenua: “Io immaginavo una borsa per la spesa tutta nera.”

L’Albero: “Quindi è semplicemente ciò che non si dovrebbe fare ma si fa in situazioni di regimi “particolari.”

Petulante: “Quindi se tu c’eri, ti ricordi qualcosa?”

Alessandro: “Avevo quasi 9 anni. Ricordo alcuni momenti “pericolosi” quando l’esercito del Reich, nell’imminenza della disfatta voleva bombardare su Pegli e, con grande respiro degli adulti, l’esercito incolonnato che si muoveva verso nord. Ricordo anche l’euforia di certi strati della popolazione genovese che cantava ad ogni pié sospinto “Bandiera Rossa” e certi miei coetanei che, senza conoscerne assolutamente il significato, modificavano in “Bandiera Rossa la s’innalzerà nei cessi pubblici della città”. Ricordo anche i giochi pericolosi dei giovincelli che si dilettavano con esplosivi abbandonati. Li chiamavano “balestite”… lo ricordo benissimo. Era un periodo piuttosto caotico, ma noi quasi ragazzi non ce ne rendevamo conto.”

L’Albero: “Hai paura quando pensi a quel periodo.”

Alessandro: “Io no. Oggi so che i miei Genitori avevano paura. Mio papà non era mai stato fascista e neppure comunista. Anche da quelle parti ci furono “rese dei conti”… ma non come a Trieste.”

Petulante: “Perché parli di Trieste?”

Alessandro: “Perché, da qualche anno, dopo essermi ben documentato, ogni volta che arriva il 25 aprile, non posso fare a meno di pensare alle inaudite sofferenze che hanno dovuto sopportare gli italiani di quelle zone. Ho menzionato Trieste perché, a partire dal 1° maggio 1945, per 40 giorni, i triestini, non solo hanno sofferto, ma, pare che almeno 2000 triestini siano spariti… quasi nel nulla.”

Ingenua: “Cosa vuol dire: spariti quasi nel nulla?”

Alessandro: “Vuol dire che sono stati eliminati… per sempre.”

Petulante: “Chi fece questo?”

Alessandro: “I seguaci di Josip Broz Tito, quello che diventò il dittatore comunista della Jugoslavia. Molti di quegli italiani venivano prelevati di notte in casa, portati via… e basta; nel senso che da quel momento i familiari non ne seppero più nulla.”

Petulante: “Ma cos’avevano fatto di male?”

Alessandro: “La colpa era quella di essere stato fascista o di essere stato un dipendente dell’Apparato burocratico del passato regime o, e questo è fonte di raccapriccio, molti altri avevano avuto solo il difetto di essere italiani o addirittura antifascisti. Era l’italiano che dava fastidio… dato che Tito, col sostegno di Stalin, pretendeva di integrare nella futura Jugoslavia anche la città di Trieste.”

Petulante: “Quello che dici è terribile. Non l’avevo mai sentito.”

Alessandro: “Ti capisco… tieni presente che neppure la maggior parte degli italiani lo sa o lo sapeva. Figuriamoci i giovani d’oggi. Vediamo se L’Albero riesce a contattare Tasso; lui è anziano e, probabilmente sa qualcosa di più”

L’Albero: “Eccolo. È ben felice di scambiare quattro chiacchiere con noi.”

Tasso: “Amici miei sono contento d’intrattenermi con voi, anche se il tempo è apparentemente brutto… per gli Umani. A me fa piacerissimo sentirmi scivolare sui rami le goccioline di pioggia.”

Alessandro: “L’acqua è importante anche per noi umani, però, appena scende una goccia d’acqua, subito diciamo che è brutto tempo.”

Tasso: “Parlavate di Trieste alla fine dell’ultima guerra? Ma sì, ha ragione Alessandro quando dice di rattristarsi. Quelli furono tempi terribili, e dimostrarono anche agli animali, che gli Umani non conoscono limiti alla malvagità. Non solo a Trieste ci furono delle scellerattezze del tutto impunite, ma anche in tutta la Venezia Giulia, a Fiume e in Dalmazia. La cosa peggiore è che, a quei tempi, nessun Umano ne poteva parlare. Era proibito… o più che proibito.”

L’Albero: “Perché era proibito?”

Tasso: “Verosimilmente, sempre col giusto dubbio, perché il Partito Comunista Italiano, allora molto potente, che riceveva ordini direttamente da Mosca, doveva far credere che il Comunismo del proletariato fosse molto simile al Paradiso, e quindi bisognava inneggiare al futuro della Federazione Jugoslava che lavorava per il popolo… ma con tecniche piuttosto dubbie. Ricordo di aver ricevuto molti messaggi dai miei colleghi in Istria… già nel 1943, quando ci fu il famigerato Armistizio dell’Umano Badoglio. Mi raccontavano di tanti Umani gettati nelle foibe in modo raccapricciante: li legavano a due a due con un po’ di fil di ferro, tiravano un colpo alla nuca ad uno dei due che precipitava nella voragine trascinandosi dietro quello vivo. Ricordo che mi raccontavano queste “gesta” e piangevano… quasi quasi speravano in una bora così forte da poter cadere sulla testa di quegli esaltati così malvagi per farli fermare.”

Ingenua: “Ma no caro Tasso, ti stai inventando tutto per farci star male. Non posso credere che la mente degli Umani possa arrivare a fare certe cose.”

Tasso: “Pensa, cara Ingenua, che questa è una piccolissima parte delle atrocità commesse in quegli anni dagli Umani, altrimenti non sarebbero scappati, abbandonando ogni cosa, ben 350.000 Umani d’Italia… la maggior parte da Pola.
Accadde anche una quasi assurdità, e cioè che, dopo l’Armistizio, queste atrocità ebbero un periodo di pausa perché arrivarono le truppe del Grande Reich. In poche parole, le truppe tedesche, che tutti sappiamo non scherzose e abbastanza crudeli, furono quasi acclamate come salvatrici; infatti la loro presenza agì come calmieratrice e gli slavi, non solo i partigiani, furono costretti a rallentare le loro malvagità.”

FRANCOBOLLO TEDESCO DEL 1944

 

Alessandro: “Come curiosità, vi mostro un francobollo del Grande Reich del 1944. Mentre lavoravano a pieno ritmo i campi di sterminio, le poste vollero mostrarci un’”umanità” dolce e sconcertante. L’aiuto dello Stato alle mamme e ai bimbi.

Petulante: “Che francobollo! Ai miei legni vengono i brividi. Caro Tasso, devi proprio raccontarci tutto. La verità però… quella documentabile.”

L’Albero: “Sono d’accordo con Petulante.”

Tasso: “Ci vorrà molto tempo… proprio molto.

L’Albero: “Non importa; vogliamo sapere.”

Tasso: “La prossima volta… ci sarò. Ora vi saluto e, senza veleno, vi abbraccio tutti.”

Alessandro: “Ciao a tutti anche da parte mia.”

Ingenua: “Ciao Alessandro; spero, la prossima volta, di non essere bagnata… e di poterti coccolare.”

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