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Archive for the ‘telefono’ Category

Nel settembre del 2016 misi online l’Introduzione e il Primo capitolo:

https://quarchedundepegi.wordpress.com/2016/09/25/livia-alle-prese-con-la-medicina-ufficiale-di-alessandro-depegi/

https://quarchedundepegi.wordpress.com/2016/09/29/primo-capitolo-livia-alle-prese-con-la-medicina-ufficiale-di-alessandro-depegi/

Mi fermai perché avevo pensato che poteva essere buona cosa cercare un editore disposto a stampare e divulgare. Non posso dire di aver cercato molto; c’è qualcosa che mi trattiene.

Recentissimamente l’amica Rosa di Genova ha riesumato il PRIMO CAPITOLO.

Ergo, ho pensato di mettere online il secondo capitolo… poi… poi vedremo. Rimango dell’idea che i gradini vanno fatti uno alla volta.

Questo il SECONDO CAPITOLO:

 

Il cardiologo

 

La cittadina dove Livia e Claudio rimangono per un po’ di giorni è molto bella e aiuta, col clima marino a ritemprarsi… fino a un certo punto però.

Ha infatti un’ampia passeggiata a mare che permette non solo di camminare senza fretta respirando a pieni polmoni l’aria pulita da cui ci si trova circondati, ma anche di ammirare un mare fonte di vita e captarne i colori che, a seconda del momento della giornata, cambiano in continuazione.

MARE

Livia con Claudio ne approfitta per tentare di riprendersi. Purtroppo l’extrasistolia la disturba molto per cui quando cammina deve rallentare molto il passo e deve sedersi frequentemente. Se poi deve fare anche pochi gradini, l’affanno fa capolino, quasi violentemente, e deve fermarsi.

Claudio non sa più cosa fare. Purtroppo Livia è sempre sofferente e questa bradicardia con extrasistolia continua ad infastidirla. Decide di telefonare alla dottoressa Canapa e chiedere il suo pensiero: “Scusa Giacinta se ti disturbo, ma non so più da che parte voltarmi. Qui la situazione è sempre la stessa; il polso sempre uguale, se non peggio. Avrei pensato di dare a Livia, tanto per cominciare, mezza compressa del betabloccante Concor 2.5; cosa ne dici?”

La dottoressa è sempre molto gentile e disponibile: “Mi sembra un’ottima idea.” risponde “L’indicazione è quella giusta.”

Nel ringraziarla, Claudio pensa: ”Questa donna è un po’ una mosca bianca. Si comporta in modo veramente collegiale… anche se è molto occupata accetta di rispondere e, fuori orario, acconsente di essere chiamata sul cellulare. È sempre peggio! Sempre meno medici sono rintracciabili “fuori orario” e, se in orario è impossibile avere un colloquio o bisogna sottostare agli interrogatori di acide e impersonali segretarie.”

Claudio si sente sollevato e dà la mezza pastiglia a Livia che sembra ne abbia subito un piacevole beneficio. Sembra solo. Il miglioramento dura poco perché sparisce l’extrasistolia, ma la frequenza diventa bassissima: 30 pulsazioni al minuto!

Claudio si spaventa e, mentre aspetta che la situazione ritorni almeno come prima: “Prima o dopo l’effetto sparirà!”, è sempre lì a tenere il polso di Livia.

Se c’era una cosa che sapeva fare Claudio, era quella di sentire il polso di una persona. 20 lunghi anni in sala operatoria quando i monitor non c’erano e si doveva controllare la situazione anestesiologica col polso, coll’apparecchio della pressione a mano e coll’osservazione della pupilla.

Onde far comprendere anche “agli addetti ai lavori” qual era la routine del medico anestesista negli anni 60, sarà bene descrivere per sommi capi cosa doveva fare un anestesista durante un intervento della durata, per esempio, di 2 ore. Può essere interessante anche per il profano che, non raramente, crede che il compito dell’anestesista si riduca a un’iniezione endovenosa di “dormia”.

Quante volte Claudio si è sentito dire: “Mi raccomando dottore, me ne dia tanta (di dormia); non voglio svegliarmi durante l’operazione.”

Oppure, e questo Claudio lo sentì nella Svizzera francese, quando un paziente si recò presso l’abitazione dell’anestesista che sostituiva per pagare l’onorario di un’anestesia; avrebbe detto testualmente: “Vengo a pagare l’iniezione.” E avrebbe aggiunto: “Però costa cara l’iniezione!”

Claudio aveva imparato i rudimenti dell’anestesiologia nelle cliniche universitarie di Zurigo. Aveva imparato che la precisione era importantissima.

Orbene, un buon anestesista, anche se aveva a disposizione un respiratore automatico, doveva, ogni 10 minuti, misurare la pressione arteriosa e il polso… e doveva scriverli; se poi qualcosa non seguiva la norma o aveva il sentore che si dovesse stare con le antenne ben tese, controllava quello che faceva il chirurgo e rimaneva con le dita incollate sul polso del paziente; doveva poi controllare le pupille ed eventualmente far sì che l’occhio rimanesse chiuso (per evitare la cornea perdesse la necessaria umidità). Ogni tanto passava la mano sulla fronte del paziente per controllare eventuali sudorazioni anomale. Se poi era necessario poteva anche dover trasfondere sangue o altri liquidi… endovena. Non sempre aveva un respiratore automatico a disposizione, per cui, oltre a tutto il resto, aveva il compito di ventilare il paziente a mano… con un pallone!

Il suo primario dovere era però quello di conservare uno stato ottimale di narcosi e rilassamento muscolare controllando la necessità di iniettare i giusti medicamenti nella giusta quantità per permettere, alla fine dell’intervento, un sereno risveglio con ottima respirazione autonoma.

Secondo Claudio, l’anestesia è un’arte, non è un mestiere. Un anestesista, che maneggia medicamenti molto potenti, deve saper capire un attimo prima cosa si deve fare; deve avere una quota piuttosto alta di sensibilità ed elasticità per cui, se per trenta minuti non deve fare quasi niente, di colpo deve riuscire, se necessario, a fare trenta cose nello spazio di pochi secondi o minuti… dopo averne intuito la necessità.

Claudio l’aveva imparato in tedesco… e poi s’era trovato altrove col bagaglio della precisione, ma soprattutto s’era trovato solo. Sì, perché l’anestesista è spesso solo… e deve decidere da solo… tutto solo.

 

Claudio sapeva che il polso ha da dire la sua, e dopo quella preoccupante “bradicardia” senza extrasistolia aspetta che tutto ritorni come prima… soprattutto senza eventuali altri danni.

Sì, perché i medicamenti possono produrre dei danni!

 

Per fortuna il comportamento del cuore torna ad essere come prima e i due, Livia e Claudio, fanno “armi e bagagli” e abbandonano l’aria di mare per l’abitazione abituale nel Canton Ticino in Svizzera; sanno però che bisogna fare qualcosa, tanto più che avevano prenotato una settimana in un albergo a Merano… per Livia molto utile per potersi un po’ veramente riposare, non dovendosi in continuazione occupare delle faccende domestiche.

Del Centro Cardiologico non possono più fidarsi e hanno bisogno di sapere se devono disdire l’albergo in Alto Adige.

Claudio chiede aiuto al bravo cardiologo Dr. Bardelli. Non c’è ma telefonerà. Infatti telefona e, sembra un gioco di parole, fa telefonare per un appuntamento.

 

È già passato più di un mese da quando è iniziata questa storia!

Si pensi, magari solo per un attimo al fatto che questa donna ha cominciato ad essere disturbata da più di un mese e, pur essendosi recata subito nell’altisonante “centro”, ora deve rivolgersi a un cardiologo privato.

 

Livia, con Claudio, si trova ora nella sala d’aspetto del Dr. Bardelli, e ci restano per quasi un’ora, esattamente 55 minuti prima di essere chiamati.

“A parte il piccolo particolare che c’era un bel caldo torrido” si chiede oggi Claudio “per quale ragione un medico deve far aspettare così a lungo i pazienti che si rivolgono a lui? Se vien dato un appuntamento, si possono capire i cinque minuti, anche dieci, ma non un’ora. È una questione di organizzazione, di rispetto e di educazione; tutto questo indipendentemente dall’eventuale urgenza.”

 

Bisogna dire che il Dr. Bardelli è molto gentile e, oltre a fare molti esami a Livia, la visita pure con scrupolo e attenzione. Fra visite, esami, misurazioni della pressione arteriosa, elettrocardiogramma normale e sotto sforzo con camminata sul tapis roulant, Livia può risalire in macchina per tornare a casa con Claudio due ore dopo.

Il parere del Dr. Bardelli fu molto importante, perché Claudio e Livia avevano programmato di partire proprio il giorno dopo per una settimana di relax a Merano. Il parere del cardiologo fu positivo; disse infatti che non c’era nulla di grave e che non bisognava preoccuparsi. Disse solo che la pressione era un po’ alta, per cui prescrisse del Magnesio in bustine e un medicamento di nome Atacand.

Claudio è fiducioso; ha sempre avuto un buon rapporto coi cardiologi. Sì perché, facendo l’anestesista, più volte s’è trovato con situazioni difficili al limite dell’operabilità; proprio in quei casi la collaborazione col cardiologo fu importante.

Claudio non era così bravo come tanti altri anestesisti che sapevano tutto anche dal punto di vista cardiologico. Sì, l’anestesista lo sapeva fare, ma, quando usciva dal suo campo preferiva affidarsi agli specialisti… e questo lo tranquillizzava e, in un certo senso, gli dava maggiore sicurezza. L’anestesista, anche quando si trova a lavorare inquadrato in un organico con altri colleghi, nel momento in cui lavora, è solo, e, da solo deve risolvere il problema che si presenta… quando uno meno se l’aspetta.

 

Dopo la lunga visita, Livia è rimasta abbastanza soddisfatta, ma, potremmo definirla “prudente”. Ha preso atto della prescrizione, ma grazie a internet e al bugiardino è andata a verificare le controindicazioni del farmaco. Ha notato che, essendo lei stata “facile” a bronchiti e broncopolmoniti, quel medicamento avrebbe potuto scatenare o “aiutare” ulteriori problemi. Si rifiuta quindi di prendere quel medicamento e continua ad “accettare” le gocce che le dà Claudio dopo averla testata.

A certi livelli è possibile fare dei test perfettamente innocui che danno una certa sicurezza e tranquillità. In che modo? Con una “kinesiologia spicciola”… così l’ha definita Claudio.

Che gocce sono quelle che Claudio dà a Livia? Sono gocce omeopatizzate “ideate” dal Dr. Roberto Bruzzone che Claudio ben conosce.

 

 

 

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Campione d’Italia è un comune della Repubblica Italiana. Non è uno stato sovrano ed è nella provincia di Como.

LO STEMMA DEL COMUNE DI CAMPIONE D’ITALIA.

È in Italia, ma è come se non fosse in Italia. Ha delle particolarità tali per cui val la pena di prenderlo in considerazione separatamente dall’Italia.

La figura dimostra che il Comune è completamente circondato da territorio svizzero, per cui è impossibile raggiungerlo senza passare dalla Svizzera. Si può via terra dal paese di Bissone o via lago… sempre attraversando il territorio lacuale svizzero. Il Lago di Lugano ha, in Italia, la cittadina di Porto Ceresio fino a Lavena Ponte Tresa in provincia di Varese e, dall’altra parte Porlezza in provincia di Como, per non parlare della famosa Valsolda ben viva nel romanzo “Piccolo Mondo Antico” di Antonio Fogazzaro.

La Provincia di Como. Il Comune di Campione d’Italia è quel puntino rosso… sul lago di Lugano

Anni fa, abbastanza anni fa, fui a Campione come libero professionista. Abitando in Svizzera, solo in terra italiana potevo esercitare la mia professione medica; quel fazzoletto di terra circondato dalla Svizzera, mi permise di lavorare.

Questa volta da Lugano, mi portò a Campione d’Italia un bus gestito dalla “Società Navigazione Lago di Lugano” con sede a Lugano.

 

 

IL BUS PER CAMPIONE D’ITALIA

Da Lugano a Campione d’Italia s’arriva passando da Melide e Bissone. Il Confine fra la Svizzera e l’Italia è annunciato dall’arco di Piazza Indipendenza.

L’ARCO CONFINARIO FRA SVIZZERA E ITALIA – CAMPIONE D’ITALIA DA WIKIPEDIA

 

Si fa presto ad arrivare in centro.

Il bus fa qualche fermata dato che serve anche i frontalieri, e, non solo quelli, non sono molti, che vogliono andare a tentare la fortuna al Casinò. Oggi si viene accolti da questi tre archi che permettono la vista sul lago.

GLI ARCHI CON PICCOLE CADUTE D’ACQUA

Per chi può essere un po’ distratto e viene appunto dalla Svizzera, la bandiera italiana riporta alla realtà. Sembra di essere in Svizzera, ma si è, a tutti gli effetti in territorio italiano.

La giornata come quella in cui mi recai a Campione era un po’ tediosa; quando s’arriva s’incontra questo grande posteggio semivuoto.

CAMPIONE D’ITALIA: IL LAGO DI LUGANO O CERESIO

Voltando la schiena al lago si prende atto che c’è il Casinò.

LA MASTODONTICA SCRITTA.

A questo punto s’impone una piccola sottolineatura, e cioè cosa significa per la Repubblica Italiana la parola Casinò.

Pare che negli anni 20 ci fossero in Italia molti casinò. Ho fatto alcune ricerche e ho trovato che il primo Casinò in assoluto fu probabilmente a Ospedaletti, in provincia di Imperia (fra Sanremo e Bordighera), dal 1884 al 1914… anche se  a Bagni di Lucca, nella Repubblica di Lucca, nel lontano 1308 ci fu  il primo Casinò; e questo a livello mondiale! Altri Casinò a San Pellegrino Terme, Anzio, Arco e Gardone. Una menzione a parte meritano i casinò liguri di Rapallo e di Bordighera che, nel 1927, lasciarono il posto a quello di Sanremo. Oggi, assieme a Sanremo, hanno un Casinò Venezia, St. Vincent in Valle d’Aosta e Campione d’Italia. Questa la foto del vecchio Casinò di Campione d’Italia.

Il vecchio Casinò di Campione d’Italia in riva al lago (foto casinocampione.it).

Non trovo, per ora, nessuna cabina telefonica; forse sono state tutte eliminate. Questa la prima buca lettere vicino all’imbarcadero:

La prima buca… sul Lungolago.

 

 

Mi dirigo allora verso l’Ufficio Postale. Imbocco una stradina in salita alla destra di una antica costruzione che ha tutto l’aspetto di una cappella. Essendo di pomeriggio la strada è molto tranquilla e trovo l’Ufficio Postale che, lo si vede anche dalla scritta è gestito (o era gestito) dal Comune di Campione.

 

 

Ufficio Postale di Campione d’Italia

Nel particolare si vede molto chiaramente, alla sinistra di PT (Poste e Telegrafi) lo stemma del Comune di Campione d’Italia che gestisce l’Ufficio.

 

Ufficio Postale di Campione d’Italia (particolare)

Anche vicino all’Ufficio Postale c’è una buca. Le buche nel territorio del comune hanno la scritta obsoleta LETTERE STAMPE; quella vicino all’ufficio è più recente, è liscia e pulita e reca solo la scritta POSTE.

È importante prendere in considerazione una particolarità unica per un comune del territorio italiano, e cioè che, nel territorio di Campione d’Italia, si può imbucare oggetti di corrispondenza affrancati indifferentemente con francobolli italiani o svizzeri. Gli oggetti affrancati con francobolli svizzeri verranno timbrati a Lugano.

BUCA PRESSO L’UFFICIO POSTALE.

Un tempo, l’orario d’apertura dell’Ufficio Postale di Campione d’Italia osservava l’orario d’apertura degli uffici svizzeri, e, cioè mattino e pomeriggio; dal 1° febbraio 2016 ricalca gli orari italiani. Quindi l’apertura dell’ufficio è solo alla mattina, salvo il giovedì.

La corrispondenza, anche quella diretta in Italia, veniva inviata col vaporetto all’Ufficio Postale di Lugano in Svizzera, e, da lì, smistata verso tutte le destinazioni.

 

Anche il CAP (Codice di Avviamento postale) è particolare. Dalla Svizzera è 6911, mentre dall’Italia, essendo Campione d’Italia nella Provincia di Como, è 22060.

ORARIO D’APERTURA

A questo punto può diventare interessante prendere in considerazione la ragione per cui questo piccolo comune circondato da territorio elvetico fa parte della Repubblica Italiana.

Pare che si debba partire nell’anno 777 quando un certo aristocratico Totone da Campellione (Campione), di origine longobarda, costruì a Milano un ospedale che affidò all’Amministrazione della Chiesa di Sant’Ambrogio; in questo modo si mise sotto la protezione dell’Arcivescovo Tomaso.

L’ORATORIO DI SAN PIETRO A CAMPIONE D’ITALIA

Sempre nello stesso periodo, l’aristocratico Totone, lasciò ai monaci di S. Ambrogio di Milano la chiesa dei SS. Nazaro e Vittore, che, anche se rimaneggiata nei secoli, oggi in nome a San Pietro, è visibile (solo l’Abside) a chi s’avvia a lasciare in auto il Comune di Campione.

Come curiosità, pare che, fra alcune sepolture abbiano trovato uno scheletro di una donna ben conservato ma di dimensioni troppo grandi per quei tempi. La soluzione sarebbe stata che lo scheletro fosse appartenuto a una donna longobarda.

A quei tempi i Franchi erano i dominatori dell’Italia settentrionale e in ottimi rapporti con Milano. Totone voleva la tranquillità, ma era anche un “catitatevole” dato che aveva installato uno xenodochio (luogo per l’accoglienza e la cura dei pellegrini).

Fu così che il Comune di Campione rimase nei secoli collegato all’Abate del Monastero di S. Ambrogio Maggiore… e così continuò ad essere anche quando l’esercito svizzero sconfisse le truppe francesi di Luigi XII re di Francia e Duca di Milano. L’esercito svizzero, dopo la sconfitta della Battaglia di Marignano, perse il controllo sul Ducato di Milano, ma continuò a rimanere “padrone” dell’attuale Canton Ticino. Malgrado l’avvento di Napoleone e l’avvento del Regno d’Italia del 1805, Campione continuò ad essere strettamente “unita” a Milano; non passò mai sotto la giurisdizione del Cantone Ticino. È interessante notare come per questa ragione, ancora oggi vige a Campione, dal punto di vista ecclesiastico, il rito Ambrosiano.

È dal 1803 che il Canton Ticino fa parte della Confederazione Elvetica. Il Comune di Campione, diventato col tempo parte integrante del Regno d’Italia, fece parte della Provincia di Como. Oggi fa sempre parte della provincia di Como; se però andate nel territorio del comune e osservate le targhe delle automobili, vi accorgete che le targhe non sono italiane di Como, bensì svizzere TI (Canton Ticino). Questo perché la tassa di circolazione viene pagata alla Svizzera dato che, al di fuori del comune di residenza gli automobilisti utilizzano regolarmente le strade della Confederazione.

I collegamenti pubblici con Campione d’Italia sono il Bus e il vaporetto di proprietà della Società di Navigazione del Lago di Lugano.

Anche i telefoni dipendono dalla Svizzera, tant’è vero che se si telefona a Campione dall’Italia, bisogna fare il prefisso della Svizzera.

Se si arriva col vaporetto, si arriva sempre dalla Svizzera e, potrà sembrare strano trovare all’imbarcadero le nostre Fiamme Gialle, oppure, dopo essere scesi veder circolare l’auto dei carabinieri. Non è strano perché il Comune di Campione d’Italia è in tutto e per tutto territorio italiano. Sarà però veramente strano per chi potrà arrivare da lontano vedere gli italici carabinieri, quelli della Benemerita, fare la spesa al supermercato nella confinante Bissone in territorio svizzero. È un fatto però, che se l’auto coi Carabinieri deve raggiungere l’Italia, deve attraversare il territorio elvetico. In questo caso, pare che i Carabinieri debbano viaggiare senza il cappello d’ordinanza in testa… quasi come se fossero in borghese.

GLI ALBERI D’ULIVO. A sinistra il Lago di Lugano.

Passeggiare nel centro di Campione d’Italia permette d’incontrare, dov’era prima il Casinò questi tre alberi d’ulivo… che sembrano quasi dei bonsai.

Salendo alcune scalette che potrebbero portarci al nuovo e mastodontico Casinò, girando a sinistra, press’a poco dov’era l’entrata dell’antica casa da gioco, incontriamo, sembra abbandonata, un’altra buca delle lettere.

UNA VECCHIA E OBSOLETA BUCA.

È piuttosto vecchia, col colore sbiadito e consumato dalle intemperie e porta ancora la scritta STAMPE… che se non vado errando, per le poste non esistono più. Sicuramente molti non sanno che fino a un po’ di anni fa, se si doveva spedire degli oggetti stampati, se s’aveva l’avvertenza di non incollare la chiusura della busta, si usufruiva di una tariffa particolare, naturalmente inferiore alla tariffa delle lettere; era la tariffa STAMPE. Naturalmente bisognava scrivere sulla busta in modo ben visibile Stampe o Stampati. Non so se questa buca è ancora in funzione… vicino al bidone della spazzatura.

A questo punto se si desidera lasciare il Comune di Campione d’Italia ci sono due possibilità, o l’auto o il vaporetto. Questa volta opto per il vaporetto, ma devo passare davanti alla scalinata del nuovo Casinò,

LA SCALINATA DEL CASINÒ DI CAMPIONE D’ITALIA

È un edificio enorme e pesante opera del famoso Architetto Botta. Lo si potrà vedere meglio dal vaporetto… verso il quale mi dirigo camminando a ritroso. In fondo non c’è molto da vedere a Campione; per giunta se si va di mattina o nel primo pomeriggio ci sono in giro pochissime persone. L’Ufficio Turistico, fuori stagione, è aperto solo 2 giorni alla settimana e solo di mattina. Di sera tarda o in piena notte c’è molto più movimento. Ci sono anche pullman provenienti dal milanese che trasportano ottimisti o incalliti giocatori. Anche solo nel reparto slot, non è come in una squallida tabaccheria; no, qui l’ambiente è quasi sfarzoso. Si pensi che un tempo, non era possibile entrare nelle sale da gioco senza giacca e cravatta; chi non l’aveva la riceveva in prestito dal personale della casa da gioco.

IL VAPORETTO STA ARRIVANDO.

Il vaporetto che porterà a Lugano arriva normalmente da Melide passando sotto il ponte diga del lago. I vaporetti del lago di Lugano sono normalmente in funzione da marzo a ottobre.

UNO SCORCIO MOLTO PITTORESCO DI CAMPIONE DALL’IMBARCADERO…

Nei mesi invernali c’è solo il bus da Lugano o da Bissone e Melide per chi arriva da Chiasso.

Il vaporetto che porterà a Lugano permette di vedere panoramicamente l’enclave di Campione d’Italia.

Ci fu, negli anni passati un tentativo di collegare il comune italiano con la Madrepatria tramite una funivia.I lavori iniziarono ma non vennero mai terminati. Si preferì rimanere “isolati” ma circondati bene. È risaputo infatti che, per fare un esempio interessante, i cittadini di Campione si servono della Sanità svizzera esattamente come i cittadini del Canton Ticino.

CAMPIONE D’ITALIA DAL VAPORETTO

Mentre il vaporetto naviga tranquillamente verso Lugano è possibile vedere in tutta la sua interezza la mastodontica costruzione della Casa da Gioco che stona chiaramente con le abitazioni che la circondano.

Prima di prendere in considerazione la dipartita in auto da Campione, tragitto che ci permetterà di fare una sosta al Santuario della Madonna dei Ghirli, è necessario ricordare quanto accadde a Campione d’Italia negli anni 40 quando nell’Italia del nord comandavano le truppe d’occupazione tedesche in una quasi fasulla Repubblica Sociale Italiana.

In quel terribile periodo nel quale accadde che l’Armistizio del Maresciallo Badoglio mise in terribile crisi il Regio Esercito Italiano, molta gioventù fu costretta ad indossare la divisa della Repubblica di Salò e “fu permesso” alle truppe Naziste di piazzarsi come invasori e padroni in tutti quei territori italiani dove ancora non erano arrivate le Truppe Anglo-Americane, il Comune di Campione, pur facendo parte della Provincia di Como, aderì all’ancora esistente Regno d’Italia, e tramite la Legazione italiana di Berna, poté avere propri francobolli in franchi svizzeri.

DUE FRANCOBOLLI DELLA PRIMA SERIE DI CAMPIONE

In questi francobolli è ben visibile lo stemma del Comune e, possono saltare all’occhio le due R.R. davanti a POSTE ITALIANE che stanno per Regie. Nell’Italia occupata dai tedeschi non c’era più il Re Vittorio Emanuele III che era solo al sud.

Questi francobolli erano validi solo per la corrispondenza da Campione alla Svizzera e al Principato del Liechtenstein; per tutte le altre destinazioni la corrispondenza doveva essere affrancata con francobolli svizzeri che venivano obliterati in transito a Lugano. La seconda serie è pittorica, sempre stampata in Svizzera e sempre con valori in franchi svizzeri.

DUE FRANCOBOLLI DELLA SERIE PITTORICA.

Nel francobollo marrone da 10 centesimi è raffigurato il Santuario della Madonna dei Ghirli. Per chi desiderasse conoscere il significato di ghirli, pare possa significare vortice o mulinello del confinante lago oppure “luogo frequentato dalle rondini”. In ogni caso non è chiaro.

La componente interessante è che si trova all’entrata del comune ed è anche luogo di pellegrinaggio.

Fu dal mese di maggio del 1944 che Campione d’Italia ebbe propri francobolli. L’accordo con la Svizzera terminò il 31 maggio 1952, nel senso che a partire dal 1° giugno 1952 si potavano usare solo francobolli svizzeri. Sembra strano, ma i francobolli italiani entrarono in uso solo il 10 marzo 1957.

Era però sempre consentito affrancare con francobolli svizzeri. Interessante il fatto che le tariffe da Campione d’Italia erano interne anche per la Svizzera.

I telefoni erano e sono tutt’ora telefoni col prefisso internazionale svizzero e locale con la Svizzera. Per questa ragione, quando le Poste Italiane emisero un francobollo per commemorare il completamento della rete telefonica italiana, in un certo senso fecero un francobollo sbagliato dato che non era ancora possibile chiamare il Comune di Campione con la teleselezione… dato che Campione era telefonicamente all’estero.

UNO DEI FRANCOBOLLI APPARENTEMENTE SBAGLIATO

Per quanto riguarda le emissioni turistiche della Repubblica Italiana, anche Campione ebbe il suo francobollo nel 1984. Raffigura la scalinata della Madonna dei Ghirli con qualche albero in più.

È folcloristico il fatto che, a quei tempi, mi recai appositamente nel comune per spedirmi una lettera con la quartina. La somma dei 4 francobolli era perfetta per la spedizione raccomandata per l’interno.

QUARTINA SERIE TURISTICA DA CAMPIONE CON TIMBRO SPECIALE.

Ricordo che presentai la busta affrancata all’impiegato postale che per l’occasione era venuto… forse addirittura da Roma, e, non era pratico delle speciali tariffe per la Svizzera. Rammento sorridendo che mi fu detto essere l’importo insufficiente perché la Svizzera è all’estero; reagii dicendo che la tariffa da Campione d’Italia andava bene per l’Italia e per la Svizzera; anche lui reagì con sufficienza dicendomi che non avrebbe potuto spedirmi la lettera. Per fortuna, quando stavo giustamente per perdere la pazienza, la testarda ignoranza dell’impiegato gli permise però di chiedere lumi a un dipendente dell’ufficio postale del luogo che confermò quanto avevo detto… e mi fu possibile ricevere a casa in Svizzera la quartina Raccomandata.

Nel francobollo è raffigurato il Santuario della Madonna dei Ghirli come nel francobollo della serie pittorica del 1944.

Questa volta potrò lasciare Campione con l’auto, andando però a visitare il Santuario. Prima però vorrei analizzare i 3 timbri del comune.

 

TIMBRO MECCANICO DEL 1983

 

TIMBRO MECCANICO DEL 1998

Mi piace poter mettere l’accento su questo francobollo del 1992 relativo alle Celebrazioni colombiane di Genova. Quella effigiata dovrebbe essere la casa di Cristoforo Colombo a Genova. È interessante poter considerare che gli spagnoli pretenderebbero che Colombo non fosse genovese, ma ancor più interessante che a scoprire l’America non sia stato lui ma Leitur Eriksson, il Vikingo ben effigiato davanti alla Cattedrale di Reykjavik.

La statua di Leifur Eriksson. La Hallgrimskirkja a Reykjavik capitale dell’Islanda.

Eriksson sarebbe stato il primo europeo a metter piede sul suolo americano intorno all’anno 1000.

Tornando ai timbri, dato che chiunque può spedire una raccomandata dall’Ufficio dell’Enclave, è necessario un timbro manuale. È il terzo timbro di Campione d’Italia, che, come tutti gli altri ha la scritte fra parentesi CO riferito alla provincia di Como.

TIMBRO A MANO DEL 1999

Prima di lasciare il territorio di Campione vado a cercare il Santuario Madonna dei Ghirli che si trova poco prima del confine. È un santuario, meta di pellegrinaggi fra la strada e il Ceresio circondato da tanta tranquillità e bellissimi alberi.

MADONNA DEI GHIRLI

Quando andai a visitare il Santuario, di pomeriggio in un giorno qualunque, non c’era quasi nessuno. Mi fu possibile scendere fino all’altezza del lago e fotografarla quasi come sui 2 francobolli che ho presentato prima.

È veramente piacevole poter prendere atto che la scalinata che accede al Santuario parte direttamente dall’acqua del lago.

MADONNA DEI GHIRLI DAL LAGO

Guardando l’azzurro del cielo è possibile comprendere come fu piacevole, quasi invidiabile la tranquillità di questa visita.

L’interno del Santuario, praticamente deserto, salvo una frettolosa visitatrice, offre molti affreschi e la necessità di restaurarne alcuni… se possibile.

Ho gradito gli affreschi di Isidoro Bianchi, e in modo particolare due affreschi sulla parete destra della chiesa.

Il primo è “Lo sposalizio di Maria Vergine” e, il secondo “Il seppellimento della testa di San Giovanni.

LO SPOSALIZIO DI MARIA VERGINE

 

SEPPELLIMENTO DELLA TESTA DI SAN GIOVANNI

 Prima di lasciare definitivamente questo angolo di mondo che respira serenità e calma, è veramente godibile il morbido sciacquio delle acque del lago che accarezzano i piedi delle rampe che raggiungono il Santuario e, con una fotografia, permettono di eternare la posizione esatta di quella città che si chiama Lugano… da molti italiani benedetta perché ha custodito tesori pecuniari di rilievo, da altri maledetta per la stessa ragione.

I primi, almeno nei tempi d’oro dei conti cifrati, si facevano sberleffi dei Secondi incapaci di fare un Buongoverno.

SULLO SFONDO LA CITTÀ DI LUGANO.

Torno a casa, proprio a Lugano, la città che mi accolse e mi permise, assieme alla burocrazia del Canton Ticino, di lavorare e di portare avanti un buon lavoro e le mie idee… cosa che sarebbe stato impossibile in Italia a causa della delinquenziale burocrazia che, con la scusa di voler fare applicare le leggi, impedisce, a chi vuol farlo veramente, di lavorare.

OLTRE L’ARCO IL TERRITORIO SVIZZERO; AL DI QUA IL TRICOLORE.

Lascio il fazzoletto d’Italia e imbocco la strada di casa… di quella che è diventata la mia casa. Ogni volta che un italiano lascia l’Italia si rattrista… non tanto perché lascia l’Italia, ma perché sa di lasciare un territorio bellissimo dove un crescente malgoverno sta distruggendo un Paese Meraviglioso.

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(terza parte)

Forse non tutti sanno, ed io non lo sapevo, che il Parlamento del Canada diventò del tutto indipendente da quello inglese solo nel 1982 (prima aveva solo “la facoltà” di non accogliere le leggi promulgate dal parlamento inglese). La componente però interessante è che il sovrano d’Inghilterra, tuttavia, ha continuato ad essere il capo di Stato. Ho voluto fare una piccola ricerca, e, ho visto che, nel 1953, esattamente il 4 giugno, in occasione dell’Incoronazione di Elisabetta II, oltre ai tanti, proprio tanti francobolli stampati per tutte le Colonie Inglesi, fu stampato anche un semplice francobollo per il Canada con l’effige della Regina.

Incoronazione di Elisabetta II.

Incoronazione di Elisabetta II.

NEL FRANCOBOLLO DELL’INCORONAZIONE È SCRITTO POSTES (in francese) e POSTAGE (in inglese).

In Canada, come detto, si parla in alcune zone come a Montreal e nel Quebec la lingua francese. Questo, perché in passato, quelle zone dipesero direttamente, come colonie, dalla corona francese.

Può essere interessante prendere in considerazione il fatto che nella zona francofona del Canada, il francese è un po’ diverso, tant’è vero che il mio francese a Montreal era compreso molto male. Ricordo a me stesso che negli anni 60 ho vissuto ben 5 mesi in una zona della Svizzera dove si parla un buon francese. Fu un’estate molto bella ; ho dovuto lavorare veramente molto, però ero gratificato da un lavoro che mi dava soddisfazione e da una popolazione che era grata per quello che facevo… e parlavamo francese… il francese quello vero.

Furono solo 5 mesi molto interessanti anche dal punto di vista economico, senza parlare del fatto che, appunto considerando la lingua che avevo un poco imparato a scuola, fu da me appresa praticamente, nel senso che se prima, prima di parlare dovevo « tradurre », dopo quei cinque mesi, la mia parlata divenne sciolta ; in poche parole ero arrivato a pensare in francese.

Mi fa sorridere il rammentare che a Montreal, i locali che non capivano il mio francese o io non capivo il loro francese, allora ripiegavano sull’inglese. Ma io l’inglese non lo so, non l’ho mai voluto imparare dopo un periodo scolastico, scuole medie, in cui avrebbero dovuto insegnarmelo. Forse oggi con la riforma scolastica voluta da Matteo Renzi, tutti imparano bene l’inglese così diventa più facile espatriare alla ricerca di un buon lavoro… dopo una « buona scuola ».

UNA CABINA TELEFONICA CANADESE

UNA CABINA TELEFONICA CANADESE

Non trovai cabine telefoniche, ma, grazie a internet, ne ho trovato una molto bella e altrettanto simpatica. Non so se è della stessa compagnia telefonica ; è però indubbiamente canadese.

Se si va in crociera, è possibile, ad ogni scalo, prenotare delle escursioni più o meno lontane. In quell’occasione non andammo da nessuna parte, ma, altri crocieristi andarono in una località rinomata che si chiama Peggys Cove. Qui è un paesello dove abitano circa 50 persone ; e a pochi chilometri da qui nell’Atlantico, il 2 settembre 1998 si schiantò il volo 111 della Swissair diretto a Ginevra. Prima dello schianto ci furono per i pilota e i passeggeri ben 17 minuti veramente drammatici ; infatti il personale di bordo si accorse dell’inizio di un incendio e, malgrado ogni sforzo, gli fu impossibile portare l’aereo in salvo. Dev’essere stato allucinante per quelle 229 persone… che persero la vita.

Due simpatici croceristi di nazionalità tedesca da noi conosciuti a bordo andarono a Peggys Cove in escursione, e avendo conosciuto il mio pallino « postale », fotografarono per me la buca che trovarono in quell’angolo di mondo. Di Peggys Cove è anche rinomato il faro proteso nell’Atlantico.

IL BELLISSIMO FARO DI PEGGYS COVE.

IL BELLISSIMO FARO DI PEGGYS COVE.

 

LAPIDE RICORDO DEL NAUFRAGIO IN DUE LINGUE.

LAPIDE RICORDO DEL NAUFRAGIO IN DUE LINGUE.

 

 

 

Oltre al faro, è possibile vedere una grande lapide in ricordo del naufragio dell’aereo della Swissair. È stata scritta in lingua inglese e in lingua francese. Ho riportato di seguito la parte in francese facilmente leggibile e ben comprensibile.

PARTICOLARE DELLA LAPIDE IN LINGUA FRANCESE.

PARTICOLARE DELLA LAPIDE IN LINGUA FRANCESE.

Naturalmente, la buca che si trova a Peggys Cove è uguale a tutte le altre buche del Canada, ma questa fotografata è sicuramente di quella località. Fa un po’ parte del gioco l’aver buche o altro di varie località ; naturalmente sapendo qual’è la provenienza e, possibilmente chi è il fotografo.

BUCA DI PEGGY’S COVE FOTOGRAFATA GENTILMENTE DALL’AMICO MATTHIAS.

BUCA DI PEGGY’S COVE FOTOGRAFATA GENTILMENTE DALL’AMICO MATTHIAS.

Questa buca mi fu particolarmente gradita come alcune altre buche speditemi da una gentilissima conoscente.

La mia passeggiata ad Halifax non durò moltissimo. Mi permise, assieme a mia moglie, di acquistare alcuni regali per i vari parenti grandi e specialmente piccini. Infatti, nella zona in cui attraccò la nave c’era la possibilità di comperare di tutto. Accettavano tranquillamente i dollari USA o le carte di credito. Oggi, bisogna dire la verità, se si vuol spendere non ci sono problemi. Purtroppo non mi fu possibile spedirmi una cartolina, col francobollo, perché era tutto chiuso ; e poi, oggi, le cartoline non sono più di moda come un tempo.

Trovai però un’altra buca… come tutte le altre, ma per la strada… domenicale senza anima viva.

L’ULTIMA BUCA CANADESE DA ME FOTOGRAFATA AD HALIFAX.

L’ULTIMA BUCA CANADESE DA ME FOTOGRAFATA AD HALIFAX.

(continua)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

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Il tarlo delle buche delle lettere è in me da… relativamente poco tempo.

Fui in Germania per la prima volta, se non vado errando, nel 1948. In quell’anno ero da mia nonna, in Svizzera, e, con una cugina di mia mamma, andai da Romanshorn a Friedrichshafen (col vaporetto… naturalmente!).

 

Lago di Costanza

Lago di Costanza

La cugina andò a trovare un’amica, mentre per me affittò una barca e remai tranquillamente sottocosta in acque tedesche. Ricordo poco di quella visita. Mi rimase impresso lo squallore di una Germania appena uscita da una guerra catastrofica.

Andai molte altre volte in Germania, prima e dopo la caduta del muro di Berlino. In due situazioni particolari ho potuto verificare l’efficienza dei sudditi della Merkel, in una terza occasione mi fu possibile dare spazio all’acquisizione di un’istantanea a favore delle mie famose buche.

Anche la Germania, almeno quella dell’ovest, aveva il proprio miracolo e lo dimostrava in modo abbastanza palese, ogni volta che qualcuno la raggiungeva come turista. Già c’ero andato da studente pernottando negli Ostelli della Gioventù. Non ero andato oltre il lago di Costanza, ma avevo notato il desiderio tedesco indirizzato all’efficienza e alla gentilezza.

Lo constatai quando per studio, andai in un paesello della Foresta Nera o, da quelle parti.

Fu un avvenimento incredibile che val la pena di essere raccontato. Ripeto, dovevo andare in un paesello di poca importanza strategica a nord di Friburgo in Breisgau.

Presi tranquillamente il treno sapendo che a Basilea avrei dovuto cambiare. Dopo essere salito sul treno tedesco, dopo la partenza arrivò gentilissimo e puntuale il controllore. In Germania non chiedono al viaggiatore se ha il biglietto come si fa in Italia o in Svizzera, no, là chiedono la “carta di viaggio” che è la traduzione letterale di Fahrkarte. Mostro tranquillamente il mio biglietto e chiedo al controllore se questo treno si sarebbe fermato al “Paesello”. Il controllore, guarda l’orario e risponde: “Sì, si ferma.”

Sono tranquillo.

Dopo Friburgo e, dopo la partenza del treno arriva un altro controllore al quale chiedo: “A che ora arriviamo al Paesello?”

“Ma questo treno non ferma al Paesello. Lei deve scendere alla fermata prima o a quella dopo.”

Friesenheim - La stazioncina della località che chiamo Paesello.

Friesenheim – La stazioncina della località che chiamo Paesello.

“Perbacco. Per fortuna che gliel’ho chiesto. Peccato! Il suo collega in partenza da Basilea mi disse che si sarebbe fermato.”

Di rimando il controllore: “Mi dispiace molto. Aspetti un momento. Ora c’è la fermata e devo scendere. Torno fra poco.”

Il treno si ferma, e poco dopo riparte.

Il controllore torna da me e: “Il mio collega si è sbagliato. Avrebbe dovuto stare un po’ più attento. Dato che a lei è stata data un’informazione sbagliata e lei si è organizzato in modo conseguente, durante la fermata ho fatto un paio di telefonate e ho fatto in modo che il treno fermi al Paesello.”

Si prenda atto che non era ancora l’era dei telefonini. Quel controllore usò il telefono “fisso” della stazione durante la fermata.

E il treno si fermò in quella stazioncina sperduta in mezzo alla campagna semplicemente per far scendere me. Un’informazione sbagliata? Non importa, bisogna essere gentili e, nel limite del possibile riparare. Era questa l’efficienza, la gentilezza e l’educazione delle ferrovie tedesche? Sembrava di sì.

Dopo essere sceso dal treno, nel buio della sera invernale, trovai fortunatamente un impiegato, l’unico della stazione. che mi chiamò un taxi. Mi fu possibile raggiungere l’albergo, darmi una sistematina, andare a cena e, dopo aver passato una notte nel letto d’albergo, essere pronto, l’indomani per il corso di specializzazione.

Quel Paesello si trova proprio sulla linea che, qualche anno dopo mi permetterà un’altra interessante situazione… degna della gentilezza di un personale efficiente.

Ero ad Amburgo… su un ICE che parte in perfetto orario verso sud. In meno di 8 ore avrei dovuto essere a Berna.

Avevo programmato, intorno a mezzogiorno, di andare a mangiare nel vagone ristorante. Non era un self service e sufficientemente buono con servizio gentile e prezzi abbordabili. D’altra parte ero in vacanza e pensai fosse giusto e necessario prendersi qualche piccola soddisfazione.

Il viaggio procede spedito e senza intoppi finché l’altoparlante del treno chiede l’intervento di un medico. Non conosco troppo bene la lingua tedesca, però non posso star fermo. L’Avrei fatto volentieri dato che non avevo alcuna attrezzatura medica o medicamenti di sorta e non potevo immaginare cosa avrei potuto trovare.

 

Raggiungo il vagone dove qualcuno sta male e ha bisogno di un medico. Trovo un uomo anziano coricato nel punto dove finisce il vagone, vicino alla porta d’uscita. È dolorante. 

Era caduto e si era fratturato, probabilmente il collo del femore. A causa del mio tedesco imperfetto, non l’avevo capito. Credevo che avesse male da qualche parte, e per questa ragione l’avessero coricato perché fosse il più comodo possibile. Per fortuna, pochissimo dopo, arrivò un medico “vero” che parlava il loro buon tedesco e l’enigma fu risolto.

Quando il treno arrivò alla prima fermata, sul marciapiede era ad attenderlo un’ambulanza e, con le dovute moderne cautele (analgesici, cuscini d’aria, ecc.) e coll’ausilio di un medico, l’anziano fu “issato” sull’ambulanza e il treno poté ripartire.

Ripartì con un’ora circa di ritardo.

A questo punto iniziò l’efficienza delle ferrovie tedesche. La consapevolezza del ritardo causato da una situazione particolare nella quale non c’era, da parte delle ferrovie, colpa alcuna, spinse il personale a minimizzare il disagio ai viaggiatori che avrebbero perso le previste coincidenze.

Per questa ragione, l’altoparlante del treno cominciò a consigliare le fermate per la varie destinazioni e le eventuali variazioni di percorso.

Per me il viaggio continuò in parte nel vagone ristorante. Ricordo ancora cosa mangiai: Spezzatino con contorno di patatine. E, da bere, naturalmente una birra tedesca.

 

Quanto accadde in quel vagone ristorante ha dell’inverosimile se vogliamo fare un paragone col modo di considerare la clientela da parte dei Dirigenti o “Addetti ai Lavori” di Trenitalia.

Presi posto nel vagone ristorante e, dopo aver dato un’occhiata al menu, ordinai lo spezzatino; la signorina che prese l’ordinazione mi disse: “Lei ha diritto a una bevanda gratuita non alcoolica.” Pensai di non aver capito bene e chiesi: “Per quale ragione?”.

La risposta: “Dato che lei si è offerto di aiutare quell’uomo infortunato, le Ferrovie Tedesche le offrono una bevanda per ringraziarla.”

Risposi: “Ma io non ho fatto nulla di speciale, anzi, a causa del mio tedesco imperfetto non sono stato di alcun aiuto.”

“Non ha alcuna importanza” rispose la signorina “Lei si è scomodato dal suo posto e le Ferrovie vogliono dirle grazie.”

“Bene, grazie. Dato che la birra è alcoolica, alla fine prenderò volentieri un caffè.”

Questi sono i tedeschi degli anni 2000? Ma questi sono gli stessi tedeschi che hanno votato l’Angela Merkel?

La prima volta che fotografai una buca delle lettere tedesca, fu nel 2008 a Kiel, nel nord.

3 buche a Kiel

3 buche a Kiel

Sempre a Kiel, ma durante un’altra occasione, cercai un ufficio postale per spedire una cartolina ai miei nipotini. Trovai una specie di cartoleria che fungeva da ufficio postale e aveva solo francobolli brutti, o per lo meno, non commemorativi.

Francobollo da Kiel

Francobollo da Kiel

È interessante notare come in Germania non si sa dove viene timbrato il francobollo. Semplicemente BRIEFZENTRUM (Centro delle lettere).

Ora sul francobollo c’è scritto Deutschland (Germania). Un tempo però, prima della guerra, c’era scritto Deutsches Reich.

Non ho mai collezionato i francobolli tedeschi. Semplicemente li ho tenuti quando me li regalavano.

Alcuni francobolli del Reich tedesco

Alcuni francobolli del Reich tedesco

Quando finì la Seconda Guerra Mondiale, la Germania fu fatta “a fettine” più o meno grandi. La stessa sorte toccò alla città di Berlino.

Postalmente parlando ci fu una certa rivoluzione che ricalcò la situazione delle “fettine”.

FINE SECONDA PARTE

 

 

 

 

 

 

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Poco alla volta vediamo sparire le cabine telefoniche:

https://campionaridiparoleeumori.wordpress.com/2015/03/31/pieta-per-le-cabine/

Un tempo, non molto tempo fa, se si andava in viaggio ci si armava di gettoni telefonici. Poi, un po’ di tempo dopo, ma non moltissimo, i gettoni hanno lasciato spazio alle schede telefoniche.

Schede: svizzera e italiana

Schede: svizzera e italiana

Appena si arrivava a destinazione o, se nel viaggio si creava qualche intoppo, si andava alla ricerca di una cabina telefonica libera per comunicare coi familiari o coll’amato bene. Ogni tanto, nei parcheggi dell’autostrada, s’incontrava qualcuno che comunicava con uno dei primi telefonini (considerata la mole erano telefononi). e ne faceva volentieri sfoggio.

Ma molto prima ancora, se si voleva comunicare a distanza, prima che inventassero la teleselezione, bisognava chiamare il centralino, comunicare il numero telefonico della località che si voleva chiamare, e… aspettare… aspettare tranquillamente anche delle mezz’ore.

Ma questo non accadeva nel Medio Evo o ai tempi di Mazzini e Garibaldi, accadeva quando io ero già adulto e laureato… e già facevo parte del mondo lavorativo.

Analogamente… nello stesso modo come vediamo eliminare la cabine telefoniche, vediamo diminuire le buche delle lettere, perché, anche se la gente “scrive” ancora, lo fa sempre di più con le E-Mail e le SMS. Non scrive più delle lunghe lettere… da affidare alle poste… che, in un certo senso, custodivano per qualche giorno il nostro segreto.

Quando si scriveva, nell’affidare la missiva alle poste, si appiccicava sulla busta un francobollo onde dimostrare l’avvenuto pagamento della tassa necessaria al trasporto. Se oggi ricevete una lettera, raramente ci sarà sulla busta un francobollo. Anche questi pezzettini di carta cominciano ad essere quasi rari. Non vengono usati quasi più. Non scompariranno mai?

Ho sempre avuto un debole per tutto ciò che ha a che fare col servizio postale. Per questa ragione, andando in giro, ho cominciato a immortalare le buche delle lettere. Dato che anche quelle, come le cabine telefoniche, sono destinate a scomparire, potrò, in questo modo lasciare ai posteri qualcosa della “civiltà” non ancora tutta tecnologica.

Ogni buca fotografata ha una piccola storia o trattiene un piccolo ricordo o fa ricordare il parente o l’amico che mi ha permesso di collezionarla.

Tutto cominciò nel 2008 quando, a spasso per Stoccolma, incontrai due simpatiche buche di due colori diversi… e le fotografai. Da quel giorno si mise in moto in me quella specie di apparente collezionismo che, sempre apparentemente, non serve a nulla.

In poche parole ho cominciato un gioco nuovo… e anche molto simpatico.

Qualcuno potrebbe dire che sarebbe meglio evitare di giocare e, invece, occuparsi di qualcosa di un po’ più intelligente e costruttivo. Può darsi. Guardate un po’ cosa ne pensava un saggio Presidente degli Stati Uniti:

https://quarchedundepegi.wordpress.com/2010/11/28/considerazioni-6/

Credo che avesse ragione.

Malgrado i miei acciacchi, se qualcuno mi vede per la strada o ha a che fare con me, ha l’impressione di interagire con una persona normale. Proprio così: SEMBRO NORMALE.

Mentre collezionavo fotografie di buche delle lettere, finii di scrivere un libro e lo feci anche pubblicare. Qualcuno l’ha “maltrattato”, qualcun altro l’ha amato, qualcuno l’ha pubblicizzato e qualcuno, e questo è importante, dopo averlo letto ha ricominciato ad amare la vita… e ha ricominciato a vivere.

Con questa piccola ma non finita collezione, sto giocando e riesco, in un certo modo, a contrastare le “sofferenze gratuite” che la vita moderna e la malvagità dei nostri simili ci propina. Sorrido un po’ di più… quando sorridere è importantissimo.

Mentre le cabine telefoniche spariscono e le buche si diradano, vi faccio partecipi della mia prima… siglata.

 

Svezia - Stoccolma

Svezia – Stoccolma

Se ce la farò… ne seguiranno altre… e potranno diventare piacevoli rarità.

 

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Abbiamo fatto una carrellata nel passato del telefono.
Abbiamo constatato che le cabine telefoniche finiranno con lo scomparire.
Guardate un po’ cosa succederà fra “qualche” anno.

DA "LA SETTIMANA ENIGMISTICA"

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Mi piace scrivere qualcosa in favore del francobollo.

Il francobollo è un piccolo pezzetto colorato che, più di un secolo fa, è stato inventato per far spedire le lettere, cioè per dimostrare l’avvenuto pagamento della tassa necessaria per quel servizio. Col tempo, quel “pezzettino di carta”, è diventato sempre più bello e ha cominciato a raccontarci delle storie.

Questo è il primo francobollo. Il famoso PENNY BLACK.

Il PENNY BLACK emesso nel 1840

Dall’uscita del primo francobollo ogni Regnante si è trovato a figurare sui francobolli del proprio stato o della propria Colonia.

Oggi se dovete telefonare, non dovete neppure ricordare il numero. Basta richiamare una memoria e, clic, alcuni istanti dopo arriverà il segnale giusto. Un tempo il segnale era solo di libero o di occupato. Ora ve ne dicono di tutti i colori e qualche volta risponde la persona alla quale avete telefonato.

Teleselezione in Italia

Guardate questo francobollo da 25 lire (4 francobolli uguali – una quartina). Fu emesso nel 1970 per commemorare il completamento della rete teleselettiva nazionale. Fino a quel momento per telefonare a qualcuno che risiedeva in un comune diverso da quello di partenza, bisognava chiamare un operatore, comunicare il numero e il comune desiderato e attendere pazientemente di essere richiamati. L’attesa poteva durare anche qualche mezz’ora e, quando finalmente potevate parlare col numero desiderato, dopo tre minuti, l’operatore vi chiedeva se volevate continuare la conversazione oppure no.

Il francobollo vi mostra un mezzo dischetto telefonico stilizzato.

Normale telefono da tavolo

Il dischetto telefonico coi numeri è facilmente visibile in questa fotografia. Quando arrivò la teleselezione nazionale bisognava selezionare il numero della “zona” prima del numero di nostro interesse. Fino a quel momento l’Italia era divisa in zone di appartenenza, ovvero esistevano società che gestivano regioni ben precise. Da Nord a Sud le cinque società telefoniche erano: STIPEL, TELVE, TETI, TIMO e STET. Solo nel 1965 furono unificate dalla SIP (Società Idroelettrica Piemontese) che, per l’occasione, diventò Società Italiana Per l’esercizio telefonico.

Quando si doveva telefonare si immetteva il ditino nel numero, lo si faceva girare fino al fermo, si faceva poi il numero seguente, il seguente ancora e finalmente si sentiva la linea libera o occupata. Si ripeteva il numero sempre nello stesso modo quasi a far arrossare il dito. Se poi la “linea” era occupata si rischiava di impazzire.

Telefono Sirio

Arrivarono poi i telefoni SIRIO coi tasti. Telefonare divenne più facile; tanto più che si poteva ripetere il numero con un unico tasto.

Non si dimentichi che i telefonini assolutamente ancora non esistevano. Se qualcuno era fuori casa e doveva telefonare, solo per le telefonate urbane poteva usare il telefono a gettone. Si doveva fare il numero e, solo dopo la risposta si doveva schiacciare quel piccolo tasto in alto che faceva scendere il gettone e allora ci si poteva parlare. Non ricordo se c’era un limite di tempo oppure no.

Telefono a gettone

Sempre col dischetto erano apparsi anche dei comodissimi e bellissimi telefoni da “comodino”. Erano anche molto simpatici e occupavano poco posto. Ce n’erano proprio di tutti i colori. Si chiamavano ERICOPHON.

ERICOPHONE

Naturalmente dall’apparecchio a gettone, si passò velocemente all’apparecchio a gettoni e alle cabine telefoniche con le porte basculanti tipo Saloon. Dopodichè arrivarono le schede telefoniche che stimolarono i collezionisti.

Recentissimamente ho trovato questo articolo:

http://pinoscaccia.wordpress.com/2011/05/29/addio-vecchia-cabina/

che dimostra un’era in declino.

ADDIO!

OGGI SI VIAGGIA SOLO COL TELEFONINO E CI SI INTOSSICA DI ONDE INVISIBILI

Siamo partiti con un francobollo. Quante cose può farci ricordare un semplice francobollo.

Anche lui scomparirà. Nessuno più scriverà e nessuno più aspetterà l’agognata lettera.

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